Le Clarisse di San Severino: “Un momento di fatica e sofferenza ma anche di crescita e condivisione”

Martedì, 07 Aprile 2020 13:33 | Letto 1835 volte   Clicca per ascolare il testo Le Clarisse di San Severino: “Un momento di fatica e sofferenza ma anche di crescita e condivisione” È vero, sono abituate al silenzio, alla vita contemplativa e magari la maggior parte di noi potrebbe pensare che in realtà per loro le difficoltà di questo momento non siano poi così tante. Ma la verità è che anche loro, le suore di Santa Chiara di San Severino, vivono questi giorni di isolamento forzato con sofferenza. Una sofferenza che però viene compensata anche dalla crescita nella fede e da tanti nuovi modi di condividere e vivere le relazioni. Insomma, si può guadagnare in profondità. Il loro è un messaggio forte per questa settimana di Pasqua particolare. “La quarantena - raccontano - è difficile anche per noi. Vivendo in monastero, siamo certamente abituate a non spostarci, a rimanere e lavorare in casa. È vero che ciò che il mondo vive come costrizione noi lo abbiamo scelto in nome di una vocazione specifica all’interno del corpo ecclesiale,  ma è anche vero che vivere in clausura non coincide con un simile isolamento. Ogni monastero è crocevia di tanti incontri e relazioni. L’isolamento, il campanello che non suona, il fatto di non incontrare nessuno è un enorme impoverimento”. Un aspetto fondamentale della vita delle clarisse è infatti l’accoglienza: le Sorelle di Santa Chiara di San Severino erano solite incontrare tante persone, gruppi di giovani e non, alla ricerca di una testimonianza forte, ma anche per partecipare alle loro preghiere e celebrazioni o catechesi.  “L’accoglienza è sempre stata un tassello importante della nostra vita comunitaria e della nostra testimonianza evangelica. È una ricchezza preziosa che in questo tempo ci è tolta e ne sentiamo tutta la mancanza”. Per le clarisse si è impoverita anche la vita liturgica e comunitaria, “siamo abituate a tanti sacerdoti e frati che vengono a celebrare con la ricchezza delle loro omelie, a donarci momenti di formazione e confronto. Anche tutto ciò in questo tempo ci è stato tolto e stiamo per vivere il Triduo pasquale con il cuore gonfio di tristezza, sia per la sofferenza in cui è immerso il nostro Paese, sia per il non poter celebrare insieme a tanti amici, sia per il non poter gustare la bellezza dei riti in tutto il loro splendore a causa delle limitazioni a cui anche la liturgia è sottoposta”. Ma c’è anche qualcosa di prezioso, qualcosa da cogliere e coltivare. Lo definiscono “un tesoro”. “Certamente quello che noi stiamo vivendo (e crediamo lo vivano anche tante famiglie e comunità) è un ‘di più’ di intimità e di profondità nelle relazioni. Con noi stessi, innanzitutto: siamo stati costretti a fermarci, abbiamo più tempo per pensare, per riflettere, per assaporare il silenzio. Con i nostri familiari: stiamo più insieme, in famiglia e in comunità; noi sperimentiamo certamente un ‘di più’ di vita fraterna, di confronto e dialogo. Con il Signore: c’è un ‘di più’ di preghiera, per i tempi più dilatati e gli impegni diminuiti, certamente, ma anche per un desiderio di invocazione, di pace e di speranza che ognuno ritrova dentro di sé”. E poi c’è un altro aspetto che le clarisse stanno scoprendo e vivendo. Ma per la verità non solo loro. E cioè è la creatività nel tessere nuove relazioni e saldare quelle già esistenti. Non mancano le possibilità per sentirsi comunque uniti e per seguire le liturgie: “basti pensare al moltiplicarsi delle iniziative sui social. Per noi, ad esempio, una cosa bella in tal senso - raccontano - è la nostra iniziativa di trasmettere la preghiera dei vespri in diretta sulla nostra pagina facebook. Non ci saremmo mai aspettate la grande risposta che abbiamo avuto: tanta gente si collega, prega con noi, ci ringrazia di questa opportunità, ci chiede di continuare. È anche per noi è bello sperimentare che, alla preghiera della sera, nel nostro coro non siamo sole, ma tanti fratelli stanno pregando con noi e cercano con noi il volto e la parola del Signore. È un momento di grande fatica e sofferenza, ma è anche un’occasione di crescita nella fede e nella condivisione”. A loro abbiamo chiesto una parola anche per tutte quelle persone che soffrono maggiormente la condizione di isolamento forzato. È innegabile che questo periodo, per le persone psicologicamente più deboli, sia ancora più complicato e duro da sopportare: “L’aspetto di fatica psicologica è normale e lo soffriamo un po’ tutti. La quarantena ha un costo psicologico enorme, sia per la costrizione della libertà personale, sia per relazioni più strette e assidue che ci troviamo a vivere senza vie di fuga e che spesso fanno emergere fatiche e conflitti. Sappiamo bene cosa significa, ci confrontiamo ogni giorno con queste sfide. Anche la situazione di emergenza che viviamo ci sottopone a una tensione e a uno stress molto forti che ci ricorda un po’ il periodo del terremoto quando le continue scosse ci mettevano a dura prova, si dormiva poco e male e si era in allarme continuo. Come si affronta tutto ciò? Non abbiamo ricette o soluzioni - continuano . possiamo solo condividere con voi ciò che fa bene a noi”. Le Sorelle riflettono, nello specifico, su alcune parole di Papa Francesco, pronunciate il 27 marzo. “Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca ci siamo tutti… ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo insieme”. Per loro, in queste righe, si celano tre perle preziose: “Per prima cosa, proviamo a far pace con la propria fragilità, con la nostra vulnerabilità fisica e psicologica, proviamo ad accogliere le nostre paure come parte di noi e della nostra umanità, che non possiamo eliminare. Proviamo poi - aggiungono - a non chiuderci nella paura e nello sconforto, ma ad aprirci a relazioni belle, in cui possiamo confrontarci e dialogare, non smettiamo di condividere e di cercarci gli uni gli altri, di ricevere e dare aiuto e consolazione. Essere e remare INSIEME in questa prova è la nostra forza. La solidarietà, che vediamo in tutta Italia e sperimentiamo da più parti, è la nostra forza. In ultimo, proviamo a crescere nella fiducia. In noi stessi: una fiducia che ci spinge a fare la nostra parte, importante e necessaria, ad offrire la nostra parola di speranza, a dare il nostro contributo. Nel futuro: non chiudiamoci solo in un presente difficile, in quest’ora dolorosa, teniamo lo sguardo aperto a un futuro di speranza, a una Pasqua che verrà. Negli altri, che ora più che mai scopriamo fratelli. E insieme a tutto ciò, cresca e diventi sempre più vera la nostra fede in un Dio che non è indifferente, che non sta a guardarci da lontano - concludono - ma in Cristo crocifisso e risorto ci è vicino e compagno, ci immerge nella sua morte per illuminarci con la sua risurrezione”. Gaia Gennaretti
È vero, sono abituate al silenzio, alla vita contemplativa e magari la maggior parte di noi potrebbe pensare che in realtà per loro le difficoltà di questo momento non siano poi così tante. Ma la verità è che anche loro, le suore di Santa Chiara di San Severino, vivono questi giorni di isolamento forzato con sofferenza. Una sofferenza che però viene compensata anche dalla crescita nella fede e da tanti nuovi modi di condividere e vivere le relazioni. Insomma, si può guadagnare in profondità.

Il loro è un messaggio forte per questa settimana di Pasqua particolare.

“La quarantena - raccontano - è difficile anche per noi. Vivendo in monastero, siamo certamente abituate a non spostarci, a rimanere e lavorare in casa. È vero che ciò che il mondo vive come costrizione noi lo abbiamo scelto in nome di una vocazione specifica all’interno del corpo ecclesiale,  ma è anche vero che vivere in clausura non coincide con un simile isolamento. Ogni monastero è crocevia di tanti incontri e relazioni. L’isolamento, il campanello che non suona, il fatto di non incontrare nessuno è un enorme impoverimento”. Un aspetto fondamentale della vita delle clarisse è infatti l’accoglienza: le Sorelle di Santa Chiara di San Severino erano solite incontrare tante persone, gruppi di giovani e non, alla ricerca di una testimonianza forte, ma anche per partecipare alle loro preghiere e celebrazioni o catechesi. 

“L’accoglienza è sempre stata un tassello importante della nostra vita comunitaria e della nostra testimonianza evangelica. È una ricchezza preziosa che in questo tempo ci è tolta e ne sentiamo tutta la mancanza”. Per le clarisse si è impoverita anche la vita liturgica e comunitaria, “siamo abituate a tanti sacerdoti e frati che vengono a celebrare con la ricchezza delle loro omelie, a donarci momenti di formazione e confronto. Anche tutto ciò in questo tempo ci è stato tolto e stiamo per vivere il Triduo pasquale con il cuore gonfio di tristezza, sia per la sofferenza in cui è immerso il nostro Paese, sia per il non poter celebrare insieme a tanti amici, sia per il non poter gustare la bellezza dei riti in tutto il loro splendore a causa delle limitazioni a cui anche la liturgia è sottoposta”. Ma c’è anche qualcosa di prezioso, qualcosa da cogliere e coltivare. Lo definiscono “un tesoro”. “Certamente quello che noi stiamo vivendo (e crediamo lo vivano anche tante famiglie e comunità) è un ‘di più’ di intimità e di profondità nelle relazioni. Con noi stessi, innanzitutto: siamo stati costretti a fermarci, abbiamo più tempo per pensare, per riflettere, per assaporare il silenzio. Con i nostri familiari: stiamo più insieme, in famiglia e in comunità; noi sperimentiamo certamente un ‘di più’ di vita fraterna, di confronto e dialogo. Con il Signore: c’è un ‘di più’ di preghiera, per i tempi più dilatati e gli impegni diminuiti, certamente, ma anche per un desiderio di invocazione, di pace e di speranza che ognuno ritrova dentro di sé”. E poi c’è un altro aspetto che le clarisse stanno scoprendo e vivendo. Ma per la verità non solo loro. E cioè è la creatività nel tessere nuove relazioni e saldare quelle già esistenti. Non mancano le possibilità per sentirsi comunque uniti e per seguire le liturgie: “basti pensare al moltiplicarsi delle iniziative sui social. Per noi, ad esempio, una cosa bella in tal senso - raccontano - è la nostra iniziativa di trasmettere la preghiera dei vespri in diretta sulla nostra pagina facebook. Non ci saremmo mai aspettate la grande risposta che abbiamo avuto: tanta gente si collega, prega con noi, ci ringrazia di questa opportunità, ci chiede di continuare. È anche per noi è bello sperimentare che, alla preghiera della sera, nel nostro coro non siamo sole, ma tanti fratelli stanno pregando con noi e cercano con noi il volto e la parola del Signore. È un momento di grande fatica e sofferenza, ma è anche un’occasione di crescita nella fede e nella condivisione”.

A loro abbiamo chiesto una parola anche per tutte quelle persone che soffrono maggiormente la condizione di isolamento forzato. È innegabile che questo periodo, per le persone psicologicamente più deboli, sia ancora più complicato e duro da sopportare: “L’aspetto di fatica psicologica è normale e lo soffriamo un po’ tutti. La quarantena ha un costo psicologico enorme, sia per la costrizione della libertà personale, sia per relazioni più strette e assidue che ci troviamo a vivere senza vie di fuga e che spesso fanno emergere fatiche e conflitti. Sappiamo bene cosa significa, ci confrontiamo ogni giorno con queste sfide. Anche la situazione di emergenza che viviamo ci sottopone a una tensione e a uno stress molto forti che ci ricorda un po’ il periodo del terremoto quando le continue scosse ci mettevano a dura prova, si dormiva poco e male e si era in allarme continuo. Come si affronta tutto ciò? Non abbiamo ricette o soluzioni - continuano . possiamo solo condividere con voi ciò che fa bene a noi”. Le Sorelle riflettono, nello specifico, su alcune parole di Papa Francesco, pronunciate il 27 marzo. “Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca ci siamo tutti… ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo insieme”.

Per loro, in queste righe, si celano tre perle preziose: “Per prima cosa, proviamo a far pace con la propria fragilità, con la nostra vulnerabilità fisica e psicologica, proviamo ad accogliere le nostre paure come parte di noi e della nostra umanità, che non possiamo eliminare. Proviamo poi - aggiungono - a non chiuderci nella paura e nello sconforto, ma ad aprirci a relazioni belle, in cui possiamo confrontarci e dialogare, non smettiamo di condividere e di cercarci gli uni gli altri, di ricevere e dare aiuto e consolazione. Essere e remare INSIEME in questa prova è la nostra forza. La solidarietà, che vediamo in tutta Italia e sperimentiamo da più parti, è la nostra forza. In ultimo, proviamo a crescere nella fiducia. In noi stessi: una fiducia che ci spinge a fare la nostra parte, importante e necessaria, ad offrire la nostra parola di speranza, a dare il nostro contributo. Nel futuro: non chiudiamoci solo in un presente difficile, in quest’ora dolorosa, teniamo lo sguardo aperto a un futuro di speranza, a una Pasqua che verrà. Negli altri, che ora più che mai scopriamo fratelli.

E insieme a tutto ciò, cresca e diventi sempre più vera la nostra fede in un Dio che non è indifferente, che non sta a guardarci da lontano - concludono - ma in Cristo crocifisso e risorto ci è vicino e compagno, ci immerge nella sua morte per illuminarci con la sua risurrezione”.

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