Continuiamo a ripercorrere alcune tappe del programma “Ricostruire la Speranza. Un viaggio nel cuore del sisma”.
A Pieve Torina la famiglia Lucarini è un po’ un’istituzione. Vive nella frazione di Pie’ Casavecchia. Prima del terremoto abitava nella parte alta. Le loro case insieme a poche altre dell’agglomerato, sono ancora lì a Casavecchia Alta, tra le macerie. Alloggiano dal luglio del 2017 nei Mapre, Moduli Abitativi prefabbricati Rurali di Emergenza, dopo essere stati per quasi 10 mesi tra camper e roulotte. Nei Mapre, uno per famiglia, sono in 12 tra mariti e figli. In quel posto dove prima c’era solo erba, hanno fatto una comunità. “Oggi non si vede un futuro” mi dice Cristina, la figlia più grande impegnata in azienda, mentre Milena e Nicoletta gestiscono i punti vendita. Con tanti sacrifici sono già alla terza generazione di allevatori e agricoltori ma per il futuro non sanno come potrà proseguire la realtà aziendale. Il problema più grande infatti è l’incertezza. “Bisogna resistere, questi posti sono la nostra vita. Facendo questa attività proteggiamo questi luoghi. Non possiamo andarcene, significherebbe annullare tutto”. 

A Caldarola le Canonichesse Regolari Lateranensi
, vivono in una struttura monastica di emergenza. Le loro SAE sono unite da un corridoio. Sono monache di clausura, dedite alla vita meditativa e alla preghiera.  Sono in 11, arrivano dalle Filippine. Suor Maria Paola è l’unica italiana presente e la più avanti con l‘età. Sono molto accoglienti e il loro sorriso è dolce e contagioso. Le incontro tutte insieme nella cappellina che funge da parlatorio. “Tutta la nostra vita è scandita dalla preghiera. Preghiamo sempre. Ognuna ha il suo ufficio e ci si aiuta reciprocamente” dice la badessa Suor Maria Teresa. Fanno una vita dove tutto è in comune e dove anche “l’ufficio dell’orto” è una preghiera. Ad aprile 2018 sono entrate nelle SAE. Stanno bene nelle casette, gli spazi sono molto più ristretti rispetto al grande monastero fatto edificare agli inizi del XVI secolo dal cardinale Evangelista Pallotta. Anche le spese sono molto più contenute e più alla loro portata. Vivono di offerte e quando chiedi cosa gradiscono non lo dicono, accettano tutto “Con cuore lieto”. 


Le Monache nella stanza adibita anche allaccoglienza

Pietro Scipioni lo incontro a Pievebovigliana, comune di Valfornace, nella nuova zona commerciale, dove sono stati delocalizzati negozi e servizi e dove ci sono diverse strutture sportive, realizzate anche grazie a delle donazioni. Pietro mi illustra la situazione che si è creata in paese dopo il sisma con lo spopolamento e le difficoltà economiche che sono una costante in questi territori di montagna. Quello di cui si rammarica è che il terremoto si è portato via tanti anziani, loro sono stati i più colpiti dai cambiamenti causati dal post sisma e non hanno retto. Lo raggiungo nel suo villaggio Sae dove vive insieme alla moglie, due figli e una sorella con disabilità. “Abbiamo sentito molto la mancanza della casa, forse è per questo che stiamo tutti più dentro”. Gli abitanti delle Sae non escono se non per necessità. “Mancano le chiacchierate al bar, un bicchiere di birra con gli amici. Quello che era prima Pievebovigliana i nostri ragazzi rischiano di dimenticarselo per i tempi lunghi che ci saranno per la ricostruzione”, dice Pietro con lucidità ma con la speranza che ciò non avvenga.

Pietro Scipioni

Valeria Lucernoni vive con il compagno e il cane in una Sae a Castelsantangelo sul Nera. Non ha mai avuto paura del terremoto, sono state più forti in lei la rabbia e disperazione nel vedere tanta parte della vita svanita sotto le macerie, insieme ai ricordi. “Il lavoro è stato una salvezza” mi dice con l’orgoglio di dipendente SVILA, l’azienda che produce pizze surgelate a Visso che anche nelle fasi più critiche non si è mai fermata, se non per un breve periodo per sistemare i danni delle scosse, riparati con fondi aziendali. Secondo Valeria, paesi che hanno centri storici come Castello o Visso, non potranno essere ricostruiti come erano. Pensa ad una ricostruzione delocalizzata fuori dal paese, come si vive ora, delocalizzati nei villaggi Sae. Le chiedo come sta vivendo questo periodo con la preoccupazione del contagio da coronavirus e mi risponde che il virus preoccupa peggio del terremoto. Prima dei saluti le chiedo cosa le piace tanto di questo posto “La mia vita è come vorrei che fosse. Io adoro stare qui, sono felice.”

Valeria Lucernoni


Queste puntate del programma sono state registrate prima del DPCM sul coronavirus. Ora i nostri amici continuiamo a sentirli e ad ascoltarli al telefono, cercando di offrire quel minimo di vicinanza che si può in questi tempi di segregazione.

Barbara Olmai


La puntata sarà trasmessa sulle frequenze di Radio C1 e in diretta streaming sul sito www.appenninocamerte.info mercoledì alle ore 10:10 e in replica alle ore 22:10. L'articolo sarà approfondito sul settimanale l'Appennino Camerte, in uscita giovedì in edicola e nelle case degli abbonati.

LINK allo STREAMING: http://play5.newradio.it/player/index/1005

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“Non auguro a nessuno di vivere un anno e mezzo in albergo come è capitato a noi”. Tra i ricordi di Pietro Scipioni è ancora forte quello dei tempi appena trascorsi. Pietro oggi vive in una Sae a Pievebovigliana, comune di Valfornace, nato dopo la fusione con Fiordimonte. La sua casa la condivide con la moglie, due figli e una sorella disabile. E’ un commerciante, vende abbigliamento a Muccia in un locale in cui, dopo il terremoto, ha spostato la sua attività lavorativa. A Muccia c’è più movimento, più passaggio di auto, anche se le realtà economiche ubicate in queste zone hanno tanti problemi con cui confrontarsi ogni giorno. Mancano i residenti, i proprietari delle seconde case, mancano anche i turisti. Per Pietro si sarebbero dovute realizzare alcune Sae anche per i possessori di seconde case che avrebbero fatto circolare un po’ di economia, una scelta sicuramente complicata ma per lui opportuna. Tra le mancanze che avverte di più c’è quella di poter tornare a frequentare la piazza.

I luoghi di ritrovo ora sono spostati fuori dal cuore del paese e purtroppo distanti dai villaggi dove sono state costruite le soluzioni abitative di emergenza. Alcune stanno creando più di qualche problema a causa dei pavimenti da sostituire per le infiltrazioni d’acqua. In questo periodo diversi residenti di Pievebovigliana stanno uscendo dalle loro casette per consentire al consorzio che le ha realizzate, di sistemare il pavimento. Ennesimo trasloco per chi ne ha già fatti tanti ed ennesimo disagio soprattutto per gli anziani che popolano queste zone di montagna. Camminiamo tra i tre villaggi costruiti e collegati tra loro da una buona viabilità pedonale. Un ponte ti congiunge con le altre strutture residenziali.

chiesa pievetorina

Da lì la vista è davvero bella: la chiesa di Santa Maria Assunta, anche se inagibile, campeggia nel cuore del centro storico, dove da qualche mese è stata tolta la zona rossa. Ora si può passeggiare tra quelle viuzze del centro del paese, un posto suggestivo ma vuoto. Pietro mi racconta con entusiasmo che tra poco in centro aprirà una nuova attività ristorativa, un bel segno di speranza per i residenti. Ci si deve arrangiare in questo periodo pieno di emergenze. Il terremoto e la lunga gestione post sisma non bastavano. Ora la popolazione della montagna si deve confrontare con una nuova paura che accomuna tutta l’Italia e il mondo intero, come il coronavirus. La scelta di utilizzare l’ospedale di Camerino per accogliere i malati da covid-19 della provincia di Macerata, non è andata giù a tanti cittadini che oltre a sentirsi abbandonati dalle istituzioni, ora si sentono sfruttati e privati delle poche eccellenze che hanno. Con la mancanza di certezze questa popolazione si è abituata a vivere, quasi non si chiedono più quando potranno rientrare nelle loro case, aspettano, aspettano che qualcosa succeda. La preoccupazione è anche quella che i ragazzi non avranno lo stesso attaccamento di chi lì ci è nato e cresciuto e che quindi sarà portato ad andare altrove per vivere il proprio futuro. Anche questi sono i pensieri dei residenti a cui non può bastare amare il proprio paese.

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Servono risposte, occorrono servizi. Alcune attività si sono organizzate per portare la spesa a casa di chi ha difficoltà a spostarsi. I negozi infatti sono abbastanza distanti dai villaggi delle casette dove più di una purtroppo è vuota, alcuni anziani non ce l’hanno fatta a resistere a tutti questi grandi cambiamenti. Pietro è molto dispiaciuto della perdita degli anziani ma continua a darsi da fare come cittadino, impegnato anche nel mondo dell’associazionismo. Si va avanti con la speranza che le cose migliorino. Bisogna crederci.

Barbara Olmai


L’intervista a Pietro Scipioni, andrà in onda nella Rubrica radiofonica “Ricostruire la speranza. Un viaggio nel cuore del sisma”, mercoledì alle ore 10,10 e alle ore 22,10 e in replica domenica alle 9:10 e lunedì alle 21:00, sulle frequenze di Radio C1 in Blu. 

Per la rubrica radiofonica si ringrazia:  
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