Torna lo spot Cei sul sostegno alla missione dei preti diocesani. Al via a novembre la campagna 2021 declinata su tv, web e stampa. 
Una partecipazione, quella delle offerte deducibili, che ci rende “Uniti nel dono”: questo il messaggio al centro della nuova campagna #DONAREVALEQUANTOFARE della CEI, che intende sensibilizzare i fedeli alla corresponsabilità economica verso la missione dei sacerdoti e si sofferma sul valore della donazione, un gesto concreto nei confronti della propria comunità.

Le storie raccontate nella campagna pubblicitaria sono un giro per l’Italia delle città metropolitane, ma anche in quella dei piccoli centri. L’opera di Don Davide Milanesi in un quartiere nella periferia meridionale di Milano, ma anche quella di altri come Don Massimo Cabua, che in Sardegna, a San Gavino Monreale, è in prima linea nell’organizzazione di iniziative tra cui la “Spesa Sospesa” a sostegno di una collettività stremata dall’emergenza Coronavirus, quella Don Fabio Fasciani, guida della parrocchia dei Santi Fabiano e Venanzio, nel quartiere Tuscolano a Roma, che dall’inizio della pandemia ha fatto un vero e proprio salto di qualità nell’assistenza alle povertà, prendendosi cura delle persone in difficoltà o anche quella di Don Luigi Lodesani, parroco, tra le altre comunità, anche di Borzano di Albinea, in provincia di Reggio Emilia, dove un paese intero collabora ad un progetto educativo per le nuove generazioni.

Nella nostra Diocesi abbiamo intervistato il parroco don Marco Gentilucci che ci ha raccontato la sua storia.

don Marco Gentilucci

Dove ti trovavi quando è avvenuta la scossa del 30 ottobre 2016?
Mi trovavo a casa di una famiglia di amici che mi ospitavano dopo le scosse del 26 ottobre. La mia casa era già inagibile e la loro casa da qual giorno è divenuta un “posto sicuro” dove vivere.
Quando ti sono arrivate le prime notizie? E quali sono stati i tuoi primi pensieri?
Immediatamente mi sono reso conto della gravità della situazione, non avevo mai sentito un terremoto così forte e, sapendo la situazione critica di tante case, ho iniziato a temere il peggio. Dal paese, da più punti, salivano colonne di fumo denso segno della devastazione. Il primo pensiero è stato per le persone care della mia famiglia, le urla della gente e le sirene dei soccorsi facevano crescere l’angoscia. Tutti e stavano bene, poi di corsa sono andato a vedere la chiesa, fuori si mostrava ferita ma non crollata: un piccolo conforto davanti a tanta paura.
A distanza di 5 anni com’è la situazione ora? Di cosa si sente di più la mancanza?
Oggi la situazione a Camerino è certamente differente da quei primi momenti, la ricostruzione mostra i primi visibili passi anche se moltissimo bisogna ancora fare: troppe case rimangono inagibili e purtroppo oggi la nostra città appare ancora deserta, guardandola di notte solo le luci ci ricordano la vita di un tempo.
Resta il bisogno di luoghi di incontro e di aggregazione, le distanze, accentuate dall’emergenza pandemica, rischiano di disgregare in modo permanente la comunità.
Perdere la casa e perdere la chiesa è come non avere più un riferimento. Il pensiero forte è stato per i nostri giovani che a più riprese chiedevano “Dove ci incontriamo? o “che cosa facciamo adesso?”, l’impegno di questi anni è stato quello quello di farli stare insieme, di creare occasioni per “uscire” da una quotidianità pesante, cercare ogni giorno di riprendersi un pezzettino di normalità.
In che modo Dio entra in questa esperienza?
Dare speranza significa stare accanto a chi soffre e a chi ha perso tutto. Il terremoto in questo è stato assolutamente democratico, non ha fatto distinzione tra il ricco e il povero, tra il laureato e la persona più umile, tra chi amministra e chi serve, siamo tutti sulla stessa barca: proprio questa uguaglianza ci permette di condividere la vita. Da prete ricordo a tutti continuamente che Dio non ci ha abbandonato, che Dio condivide la nostra sofferenza e che ci è accanto oggi come nei momenti belli. È accogliendo la sua presenza che possiamo trovare la forza per guardare oltre.
Chi vi ha aiutato e vi sta ancora aiutando?
Quella che non è mancata è stata la solidarietà e la vicinanza di tanti. Nei campi di accoglienza e anche nelle strutture della costa, nei primissimi momenti dell’emergenza, tantissimi volontari della Caritas, della Protezione Civile, della CRI e degli Scout ci sono stati accanto. La Chiesa con importanti donazioni ci ha permesso di realizzare opere che altrimenti non avremmo potuto fare. Tante donazioni e tanti benefattori, su tutti la Fondazione Arvedi-Buschini di Cremona che ha permesso la realizzazione della nuova scuola dell’infanzia parrocchiale e soprattutto la riapertura della basilica di San Venanzio. Abbiamo toccato con mano il gran cuore della gente del nostro paese, in questo realmente non ci siamo mai sentiti soli.

Quelli che la domenica
Uno dei protagonisti della video-maratona che recentemente Tv2000 ha dedicato alle offerte per i sacerdoti, è stato Giovanni Scifoni, attore, scrittore e regista ma soprattutto volto noto e molto amato del panorama televisivo italiano. In una breve testimonianza (https://www.unitineldono.it/le-storie/giovanni-scifoni-quel-prete-che-ha-salvato-il-mio-matrimonio/?utm_source=fisc&utm_medium=publiredazionale&utm_campaign=novembre&utm_term=&utm_content=quellicheladomenica) girata per l’occasione, Scifoni ha raccontato da par suo per quale motivo ritiene giusto sostenere in ogni modo i sacerdoti e il loro ministero.
 
Foto opinion leader Scifoni

“Ho conosciuto tantissimi sacerdoti – ha detto – e quello che io sono oggi lo devo sicuramente anche a loro. Un sacerdote, ad esempio, ha salvato il mio matrimonio. Un altro ha salvato mia moglie in un momento disperato della sua vita. Un altro sacerdote mi ha preso per i capelli e mi ha fatto tornare nella chiesa, in un momento in cui avevo deciso di abbandonarla e andare via. E poi ce ne sono alcuni che mi hanno reso un artista migliore, perché io copio dal loro modo di esprimersi e comunicare, anche delle cose che faccio sul palco”.
“C’è un dono, però – ha concluso l’attore – per cui mi sento particolarmente grato nei confronti dei sacerdoti, ed è quello della domenica. Posso avere una settimana orribile, ma io so sempre che la domenica c’è qualcosa per me. So che mi siederò su quella panca, su quella sedia o su quello sgabello, non importa dove, e comunque riceverò una parola, un’omelia, l’Eucarestia. Gratis. Questo è impagabile”.
“Allora... – l’appello finale lanciato da Scifoni – facciamo tutto quello che serve perché il maggior numero possibile di persone possa avere ciò che desidera e cerca più profondamente. Sosteniamo i sacerdoti. https://www.unitineldono.it/sostienici/?utm_source=fisc&utm_medium=publiredazionale&utm_campaign=novembre&utm_term=&utm_content=quellicheladomenica


“Ci sono posti che non appartengono a nessuno perché sono di tutti”: ancora i valori dell’unione e della condivisione, quelli al centro dei messaggi della campagna.
L’opera dei sacerdoti è infatti resa possibile anche grazie alle Offerte per i sacerdoti, diverse da tutte le altre forme di contributo a favore della Chiesa cattolica, perché espressamente destinate al sostentamento dei preti diocesani. Dal proprio parroco al più lontano. Ogni fedele è chiamato a parteciparvi. L’Offerta è nata come strumento per dare alle comunità più piccole gli stessi mezzi di quelle più popolose, nel quadro della ‘Chiesa-comunione’ delineata dal Concilio Vaticano II.
Le donazioni vanno ad integrare la quota destinata alla remunerazione del parroco proveniente dalla raccolta dell’obolo in chiesa. Ogni curato infatti può trattenere dalla cassa parrocchiale una piccola cifra (quota capitaria) per il suo sostentamento, pari a circa 7 centesimi al mese per abitante. In questo modo, nella maggior parte delle parrocchie italiane, che contano meno di 5 mila abitanti, ai parroci mancherebbe il necessario. Le offerte raggiungono circa 33.000 sacerdoti al servizio delle 227 diocesi italiane e, tra questi, anche 300 sacerdoti diocesani impegnati in missioni nei Paesi del Terzo Mondo e 3.000 sacerdoti, ormai anziani o malati, dopo una vita spesa al servizio agli altri e del Vangelo.
L’importo complessivo delle offerte nel 2020 si è attestato sopra gli 8,7 milioni di euro rispetto ai 7,8 milioni del 2019. È una cifra ancora lontana dal fabbisogno complessivo annuo necessario a garantire a tutti i sacerdoti una remunerazione pari a circa mille euro mensili per 12 mesi.


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Quello del ‘servizio al prossimo’ fa parte di uno dei quattro punti stabiliti dal fondatore Robert Baden Powell e, in un momento come quello che il mondo intero si trova ad affrontare, non hanno certo deciso di tirarsi indietro.
Sono gli educatori del Gruppo Agesci Tolentino 1 che hanno deciso di mettere in campo la solidarietà innata degli Scout per aiutare i più bisognosi.
È per questo che è nata l’idea di mettere a disposizione i loro beni alimentari per donarli a chi si trova in difficoltà.
“La nostra iniziativa – spiegano gli educatori - è solo un piccolo contributo. Un aiuto che per il momento possiamo dare alla comunità. Non abbiamo enormi quantità di beni alimentari, ma una piccola scorta che conserviamo per le nostre attività con i ragazzi. Noi non possiamo essere attivi sul territorio per ovvie ragioni e le nostre attività in presenza sono sospese.
Continuiamo a fare attività sia con i ragazzi che fra noi educatori telematicamente”.

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Gli educatori in videoconferenza

Proprio con loro, nel settimanale L’Appennino Camerte, avevamo affrontato il tema dell’inserimento della tecnologia nella filosofia ‘essenziale’ degli Scout e ora, quella stessa tecnologia, li aiuta a proseguire l’attività.
“Fortunatamente – spiegano – in questo modo abbiamo la possibilità di rimanere in stretto contatto con i nostri ragazzi”.
L’impegno per i bisognosi, invece, coinvolge la parrocchia dello Spirito Santo di Tolentino: “Per chi avesse bisogno di un aiuto in termini di alimentari – dicono – è possibile contattare privatamente il nostro vice parroco, Don Vito. Non abbiamo tantissimo – concludono - ma quello che abbiamo lo vogliamo dare a chi ne ha bisogno”.

Giulia Sancricca

Ieri ricorreva il suo 50esimo anniversario di sacerdozio. Ma è per domani la grande festa per celebrare l'importante traguardo raggiunto da don Aldo Romagnoli. Alle 18 è prevista la messa a San Domenico a cui seguirà una cena nell'omonimo chiostro organizzata dal gruppo scout San Severino 1. Don Aldo è da sempre per moltissimi settempedani un punto di riferimento, con il suo sorriso e le sue parole rassicuranti e piene di forza. Oggi ricopre il ruolo di vicario e di parrocco, tra le mille difficoltà in una Chiesa che ha tanto bisogno di giovani per un ricambio generazionale. Romagnoli è anche e soprattutto un faro per centinaia di giovani e di persone che ha contribuito ad educare grazie al gruppo scout che lui stesso ha fondato insieme a Marta Bellomarì e a Delio Stortini. Tutti con loro sono cresciuti con valori indissolubili, nel rispetto di se stessi e del prossimo, della bellezza della natura e della vita. Don Aldo è uomo di poche parole ma con un colpetto in volto o sulle spalle ha sempre comunicato più di mille parole. Non si può poi dimenticare l'impegno per la Caritas che svolge un servizio di vicinanza alle categorie più deboli e bisognose. 

g.g.

Una rosa, fiorita all’ombra di un albero. Ma fiorita anche di fronte ad una casa distrutta dal terremoto. Un sisma, quello delle Marche, che ha portato distruzione ma anche un senso di rabbia perché quando ci sono la voglia, i progetti e anche i soldi per ricostruire, la burocrazia frena. Ma in questo panorama, il libro di Giammario Borri, professore universitario di San Severino, dal titolo "La rosa del mio giardino" , parte dal terremoto del 2016 per raccontare come lui, la moglie e i loro tre figli hanno reagito, investendo sul futuro, avendo avuto la casa semidistrutta. Racconta di come è possibile uscire dal tunnel della disperazione. Fiducia, lavoro, capacità di progettare e di saper trasmettere ai giovani questi valori. E tutto ciò è quanto Borri ha saputo trasferire a Venezia, nel patronato della chiesa di Santa Maria Gloriosa dei Frari, al corso formativo di tre giorni per capi scout dell’Agesci, sul tema della Protezione civile. Hanno partecipato 50 capi da Veneto, Lombardia, Abruzzo, Campania, Friuli Venezia Giulia e Marche. Proprio il settore Protezione civile dell'Agesci Veneto, tra l'altro, guidato dall’incaricato regionale Enrico Bonato, due anni fa portò aiuti, insieme a volontari e professionisti, a San Severino e a Montemonaco. Da queste spedizioni ne è nato un profondo legame, una forte amicizia e un indissolubile legame con le persone. 

E Borri, in una sessione del corso incentrato appunto sulle persone, dal titolo “Donne e Uomini…non solo gente! I volti umani”, ha saputo trasmettere la sua visione del post-sisma, con un pensiero anzitutto alle vittime e uno rivolto a chi è rimasto, per cercare di risalire la china della disperazione. "Ognuno di noi  - ha detto Borri - nella vita ha avuto un terremoto, anche esistenziale, ma la vita ci riserva e ci riserverà in futuro tanto di bello. Basta credere nella capacità di ripartire, certo anche aiutati da altre persone, come hanno fatto gli scout nelle Marche”. I ricavi della vendita del suo libro andranno ad un centro per disabili di San Severino, per l’acquisto di un nuovo pulmino.

Alla serata di formazione a Venezia ha preso parte anche il giornalista de L’Arena, Enrico Giardini, con oltre vent'anni di scautismo alle spalle nell'Agesci, che ha presentato il suo libro "Gli scout nell'emergenza. Verona e la nascita della Protezione civile in Italia", edito dal Centro studi sul metodo scout Luigi Brentegani, presieduto da Luca Antonioli, anche lui presente e attivo nella Protezione civile Agesci Veneto. È la declinazione veronese di una storia di solidarietà italiana forse poco conosciuta, appunto la Protezione civile, che nacque nella metà degli anni '60 da un'intesa tra il ministero dell'Interno, con le prefetture e i Vigili del Fuoco, sul territorio, e le associazioni scout. Si formarono volontari ausiliari, tra gli scout e altri giovani, pronti e intervenire nelle emergenze. Gli scout, però, con altre mansioni, sia operative sia di assistenza alle persone, sono ancora in prima linea. Lo ha testimoniato, intervenendo al telefono durante la serata, il sindaco di Montemonaco, Onorato Corbelli, ricordando con grande affetto il lavoro degli scout veneti, intervenuti dopo il sisma da novembre 2016 a febbraio 2017, ma sottolineando anche la difficoltà della ricostruzione, in larga parte per problemi legati alla burocrazia. "Ma Montemonaco non dimenticherà mai gli scout Veneti giunti da noi per stare vicino alle nostre famiglie, ai nostri bambini, per trascorre momenti di felicità dopo un grande tragedia".

g.g.

“Ricorda che indossare un fazzolettone non significa essere persone responsabili solo nel momento in cui si porta, significa essere una persona di grandi ideali di fraternità, amicizia e solidarietà. Una persona pronta a sacrificare talvolta la propria vita provata per una giusta e nobile causa. Essere  scout significa avere coerenza, essere capaci di sognare, di avere visione fantasiosa ma ricca di valori della realtà e capace col proprio impegno di realizzare i propri desideri”. Questo era solo uno dei tanti pensieri che Marta Bellomarì ha lasciato in uno dei suoi diari. Perché oltre ad essere stata una grande mamma (non solo per i propri figli, Andrea e Michele Stortini, ma anche per tanti giovani di San Severino) e nonna, prima ragioniera, poi insegnante e poi medico, nonché fondatrice del gruppo scout San Severino 1 insieme a suo marito Delio e a don Aldo Romagnoli, Marta scriveva. Scriveva tanto, pensieri, poesie, lettere (persino prima di ogni operazione, lasciava una lettera). Bellomarì se n’è andata pochi mesi fa, ma ha lasciato una grande eredità e un immenso vuoto incolmabile. 

(Marta Bellomarì nella ricorrenza del 40°anniversario del gruppo scout San Severino 1)

40esimo ok

 

Ieri sera il teatro Italia ha ospitato una serata in sua memoria, “L’azione del volontariato per una società giusta”, con il professore di Unimc Roberto Mancini, organizzata dal Comune in collaborazione con il gruppo scout, Coop Alleanza, Caritas e l’Avis. Presenti il sindaco Rosa Piermattei, gli assessori Tarcisio Antognozzi e Paolo Paoloni e il presidente del consiglio comunale Sandro Granata, ma anche alcuni consiglieri di minoranza, nonché la Croce Rossa e la Protezione Civile locale. 

Un incontro in cui Mancini ha parlato di come il volontariato possa essere azione politica e possa incoraggiare la democrazia per il bene comune. 

“Marta ha cresciuto generazioni di giovani - queste le parole di uno dei figli, Andrea - che per lei sono stati linfa e forza vitale. Mi dicono che devo essere orgoglioso, perché mia madre ha lasciato un segno indelebile, un solco che difficilmente si potrà colmare. Speriamo di poter continuare a mantenere viva la sua memoria”. A tal proposito, c’è l’idea, ben accolta anche dal primo cittadino, di istituire un premio annuale in memoria di Marta Bellomarì.

Poi la parola è passata a don Aldo Romagnoli: “Questo convegno è un omaggio pieno di gratitudine ma vuole anche essere stimolo per un volontariato consapevole. Mi vengono in mente due ricordi su tutti. Il primo - ha raccontato - mi riporta indietro di oltre 40 anni fa. Da pochi mesi ero qui e lei mi propose di portare lo scoutismo a San Severino perché il figlio aveva avuto una positiva esperienza, e voleva regalare ad altri la stessa possibilità. Né lei né io avevamo esperienza. Che fare? Ci siamo detti che avremmo imparato lungo il cammino, ci saremmo fatti aiutare, e così abbiamo fatto. Non bisogna aspettare di essere pronti per fare qualcosa - ha aggiunto - che ci sembra bello e giusto”. Il secondo ricordo di don Aldo è più recente: “Ricordo molto bene la sua gioia, poco tempo prima di andarsene, nel constatare come la comunità capi del gruppo scout portasse avanti bene le attività. Diceva gioiosamente che quei ragazzi sapevano fare meglio di noi”. Perché scopo del volontario, ha sottolineato il sacerdote, è suscitare forze nelle persone sicché nn ci sia più bisogno di lui. “Lei - ha concluso - viveva pensando a come poter essere d’aiuto, ponendo l’attenzione alla persona, alla sua totalità. Ecco lo stimolo, il volontario non fa il volontario, ma lo è dentro”.

(Il sindaco Rosa Piermattei, don Aldo Romagnoli e Roberto Mancini)

convegno Marta 3

 

Commosso anche il ricordo del sindaco Rosa Piermattei, che ha raccontato di non poter dimenticare il sorriso onnipresente di Marta: “Lei è stata una persona splendida, che ci ha insegnato tanto, anche a regalare un sorriso nei momenti di dolore. L’avevo conosciuta quando insegnava a mia nipote - ha raccontato - poi l’ho rivista durante il terremoto. Una volta la incontrai e mi sventolò un sacchetto di pesce da cucinare per pranzo. Io in quel momento mi feci una grossa risata, e lei mi disse ‘proprio questo volevo, farti sorridere, perché è da tempo che non ti vedo farlo’. Vi ha insegnato a dare, vi ha insegnato la felicità. Nn facciamo spegnere questa bellissima candela. Creeremo qualcosa per ricordarla ogni anno? Proponetelo voi che la conoscete meglio di tutti, e noi lo approveremo”. 

(Il sindaco Rosa Piermattei e il marito di Bellomarì, Delio Stortini)

Convegno Marta 2

 

Poi il brillante evento di Mancini su come il volontariato possa essere motore del bene comune, di democrazia e lavoro: “La logica del volontariato è la giustizia. Dobbiamo pensare che ciascuno di noi è partecipe di un tessuto in cui ti siamo legati. Istintivamente costruiamo la vita pensando di dover prendere, trattenere per noi le cose. La nostra civiltà è orientata dall’idea di dover accumulare. In realtà nella vita la concretezza è tutt’altro”. Si diventa adulti, ha sottolineato il professore, non quando si impara a prendere ma a ricevere. Quando si impara a perdere, anche, momento in cui ci si apre il mondo della relazione con gli altri. “La spia di quando il volontariato non è autentico - ha detto - è quando diventa un sacrificio, uno sforzo, e il fatto che si giudica chi si sta aiutando. Il volontariato è esperienza di accoglienza e dignità, è azione di giustizia. Questa economia di oggi ci distrugge, dobbiamo inventare forme nuove, e poi stiamo trasferendo la nostra soggettività ai mezzi tecnologici. La realtà ci viene rappresentata dall’informazione, la burocrazia è un sistema che passa sopra alle nostre teste”. Il risultato di ciò che la modernità sta creando sono comunità sempre più chiuse, sempre meno aperte al mondo. In Italia, in alcune zone più disagiate e difficili, “hanno capito che il volontariato è azione della comunità, non solo scelta personale. È il risveglio di una comunità che decide di prendersi cura del bene comune. Allora diventa un’azione politica, quella vera di politica, non quella che si contende un voto in più. La politica bella è quando si riesce a dare una risposta di bene in un posto di male. Volontariato è azione democratica delle comunità a cui si è risvegliata la coscienza, che attiva percorsi formativi, genera comunità democratiche, sente che il bene comune la riguarda, genera lavoro e smette di subire l’economia”.
g.g.

(La platea gremita)

Convegno Marta 4

 

Convegno Marta 5

 

(Il marito Delio Stortini)

convegno Marta

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