Fortezze romane in Albania. L'apporto dell'equipe geofisica di Unicam

Mercoledì, 08 Agosto 2018 16:33 | Letto 1430 volte   Clicca per ascolare il testo Fortezze romane in Albania. L'apporto dell'equipe geofisica di Unicam Si è conclusa con significative scoperte la campagna di scavo 2018 condotta dallUniversità di Macerata, in collaborazione con lIstituto Archeologico di Tirana, in Albania meridionale. Ha riguardato le fortezze di Paleokaster e di Melan,  con  ricognizioni e rilievi topografici e indagini di insediamenti ellenistici nella valle del Drino. A Paleokastro gli scavi si sono concentrati nella porta ovest, ingresso principale alla fortezza romana, risalente agli inizi del IV secolo d.C., e nella chiesa interna alla fortezza edificata probabilmente nel V-VI secolo d.C.  Di grande valore scientifico la scoperta di un laterizio iscritto con la dedica delledificio di culto. Rilevanti, anche ai fini della programmazione di campagne di scavo future, le informazioni geofisiche, registrate all’interno della fortezza romana, dall’equipe dell’università di Camerino, composta dal prof. Pietro Paolo Pierantoni  e dalla dottoranda in Archaeological Geophysics Annalisa Ghezzi, sotto la guida del prof Antonio Schettino.  I dati di tipo magnetico e radar che abbiamo raccolto -spiega il prof. Antonio Schettino-  hanno consentito di ricostruire la struttura urbanistica dellinsediamento e la disposizione delle strutture romane sepolte, nonchè di far luce sulla possibilità che lo stanziamento fosse stato costruito su un insediamento ellenistico più antico, anche se su questo punto, riteniamo si debba ancora ragionare meglio. La struttura- continua Schettino - è quella tipica dei Castra Romani cioè delle fortezze romane fisse, a differenza delle altre mobili che erano invece costruite in legno per poi essere smontate.  Si tratta pertanto di un vero e proprio forte con delle mura di cinta, allinterno delle quali  si riconoscono tutte le strutture tipiche che vanno dallabitazione del Capo militare, alle baracche dei soldati, alle officine e tutto questo labbiamo potuto riscontrare utilizzando sia dati magnetici che radar e  integrando i due tipi di dati.  L’obiettivo del nostro contributo è sempre quello di riuscire a fornire agli archeologi delle informazioni utili a capire cosa sia possibile trovare nel sottosuolo e dove è interessante scavare, in modo da evitare quello che è stato un po lapproccio tradizionale dellArcheologia del passato, basato su dati ipotetici di letteratura che invitavano ad andare a scavare in un certo punto,non sempre con risultati soddisfacenti.  Oggi  la Geofisica  ci permette di andare a colpo sicuro,  permettendo   nella maggior parte dei casi di vedere quello che cè sotto i terreni. Quello che ci auguriamo- prosegue il professore-  è che questo tipo di importanti ricerche  possano continuare e che la campagna possa ricevere finanziamenti anche per il futuro. La valle del Drino e in generale  lAlbania meridionale a confine con la Grecia,  è  ricca di tesori archeologici; non dimentichiamo che era la via principale di accesso alla Grecia utilizzata dagli eserciti romani ed ha avuto delle città importanti quali Adrianopolis e la stessa città di Antigonéa,  fondata da Pirro e dedicata alla moglie Antigone che noi delluniversità di Camerino, abbiamo già investigato nel 2015. Si tratta dunque di insediamenti  che, da un punto di vista archeologico, sono molto significativi, per cui ci piacerebbe si possa riuscire a reperire fondi, affinchè questo tipo di ricerche possa continuare.

Si è conclusa con significative scoperte la campagna di scavo 2018 condotta dall'Università di Macerata, in collaborazione con l'Istituto Archeologico di Tirana, in Albania meridionale. Ha riguardato le fortezze di Paleokaster e di Melan,  con  ricognizioni e rilievi topografici e indagini di insediamenti ellenistici nella valle del Drino. A Paleokastro gli scavi si sono concentrati nella porta ovest, ingresso principale alla fortezza romana, risalente agli inizi del IV secolo d.C., e nella chiesa interna alla fortezza edificata probabilmente nel V-VI secolo d.C.  Di grande valore scientifico la scoperta di un laterizio iscritto con la dedica dell'edificio di culto.

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Rilevanti, anche ai fini della programmazione di campagne di scavo future, le informazioni geofisiche, registrate all’interno della fortezza romana, dall’equipe dell’università di Camerino, composta dal prof. Pietro Paolo Pierantoni  e dalla dottoranda in Archaeological Geophysics Annalisa Ghezzi, sotto la guida del prof Antonio Schettino. 

"I dati di tipo magnetico e radar che abbiamo raccolto -spiega il prof. Antonio Schettino-  hanno consentito di ricostruire la struttura urbanistica dell'insediamento e la disposizione delle strutture romane sepolte, nonchè di far luce sulla possibilità che lo stanziamento fosse stato costruito su un insediamento ellenistico più antico, anche se su questo punto, riteniamo si debba ancora ragionare meglio. La struttura- continua Schettino - è quella tipica dei Castra Romani cioè delle fortezze romane fisse, a differenza delle altre mobili che erano invece costruite in legno per poi essere smontate.  Si tratta pertanto di un vero e proprio forte con delle mura di cinta, all'interno delle quali  si riconoscono tutte le strutture tipiche che vanno dall'abitazione del Capo militare, alle baracche dei soldati, alle officine e tutto questo l'abbiamo potuto riscontrare utilizzando sia dati magnetici che radar e  integrando i due tipi di dati.  L’obiettivo del nostro contributo è sempre quello di riuscire a fornire agli archeologi delle informazioni utili a capire cosa sia possibile trovare nel sottosuolo e dove è interessante scavare, in modo da evitare quello che è stato un po' l'approccio tradizionale dell'Archeologia del passato, basato su dati ipotetici di letteratura che invitavano ad andare a scavare in un certo punto,non sempre con risultati soddisfacenti.  Oggi  la Geofisica  ci permette di andare a colpo sicuro,  permettendo   nella maggior parte dei casi di vedere quello che c'è sotto i terreni. Quello che ci auguriamo- prosegue il professore-  è che questo tipo di importanti ricerche  possano continuare e che la campagna possa ricevere finanziamenti anche per il futuro. La valle del Drino e in generale  l'Albania meridionale a confine con la Grecia,  è  ricca di tesori archeologici; non dimentichiamo che era la via principale di accesso alla Grecia utilizzata dagli eserciti romani ed ha avuto delle città importanti quali Adrianopolis e la stessa città di Antigonéa,  fondata da Pirro e dedicata alla moglie Antigone che noi dell'università di Camerino, abbiamo già investigato nel 2015. Si tratta dunque di insediamenti  che, da un punto di vista archeologico, sono molto significativi, per cui ci piacerebbe si possa riuscire a reperire fondi, affinchè questo tipo di ricerche possa continuare".

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