"Per me lo sport è vita". Esce allo scoperto il vice sindaco di Caldarola, Giovanni Ciarlantini, che domenica scorsa è andato a correre in montagna, dimenticandosi di disattivare l'applicazione 'Strada', che segna il percorso fatto.
Una volta terminata la corsa, il tragitto è stato condiviso con gli altri utenti. Un errore che è costato al vice sindaco una multa da parte dei carabinieri.
A qualcuno, infatti, non è passato inosservato il percorso condiviso, tanto da avvertire le forze dell'ordine che, nonostante non lo avessero fermato durante la corsa, hanno stilato il verbale.

"Domenica 29 marzo - spiega il vice sindaco -  il giorno del cambio orario, ho fatto una corsa fuori comune verso la montagna dalle 05.30 del mattino alle 8 del vecchio orario. Non ho incontrato nessuno - precisa -, nessuno mi ha visto, ma ho sbagliato - ammette - e per questo sono stato multato giustamente dalle autorità.
Chiedo scusa ai miei concittadini,  ma penso di non aver arrecato problemi a nessuno. Per me lo sport è vita - dice - mi sento bene e solo con il sano sport, in passato, ho risolto i miei problemi di natura fisica".

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Una nuova ordinanza, quella del Governo che prevede le passeggiate genitore-figlio, che ha diviso l'opinione pubblica. Se, infatti, da un lato c'è chi tira un sospiro di sollievo, confermando che anche quel momento è da considerare diritto alla salute psicofisica soprattutto per i più giovani, dall'altro c'è chi teme che i cittadini non sappiano porsi delle regole e, se il buon senso dovesse venire a mancare, potrebbero esserci delle ricadute.
Un dibattito nato anche sui social, dove già erano state portate all'esasperazione le passeggiate concesse con i cani e le diverse scuse per uscire più volte a fare la spesa. Quasi un modo per aggirare un ostacolo che il Governo non ha certamente imposto per indispettire i cittadini, bensì per proteggerli dai picchi del contagio.
Ora la possibilità di uscire con il figlio minore, con un disabile o un anziano. "Una misura che - ci tengono a precisare dal Governo - non può intendersi come un allentamento delle misure che anzi bisogna tenere così come sono, soprattutto con la piccola discesa nella curva dei contagi registrata nel nostro Paese".
Discesa che potrebbe, invece, tranquillizzare i più 'leggeri' sul tema e far ritornare il problema da capo a piedi.
Sulla scia dei contrari anche il primo cittadino di Caldarola, Luca Maria Giuseppetti, che nelle ultime settimane aveva dimostrato il suo disappunto, anche in maniera molto forte, nei confronti dei pochi concittadini che non rispettano ancora le regole: "Comprendo che non sia facile trascorrere settimane a casa e uscire solo per le emergenze - dice - . Si tratta di una situazione difficile, ma solo a livello psicologico perchè credo che, pensando a cosa hanno passato i nostri nonni durante la guerra, restare a casa non sia un grosso sacrificio. Posso dire che il 90% della popolazione ha ascoltato le direttive, ora questo allentamento non mi rende certo tranquillo. Significa che stiamo andando avanti e bene, ma non mi sembra il momento di aprire le porte e vanificare tutti i sacrifici fatti finora. Credo sia ancora presto - aggiunge - . Che poi si voglia dare un segnale di fiducia va bene, ma bisognava ancora resistere. A nessuno era comunque vietata una boccata d'aria, ma che ora si permetta di fare due passi con i figli o con un disabile credo sia eccessivo. Non è il momento di dire che siamo fuori dal problema. Ho paura anche per quando saranno riaperti i locali pubblici come ristoranti e bar, perchè prima o poi si dovrà fare. Almeno fino a Pasqua - conclude - dovevamo restare con le direttive iniziali".
Intanto comunque dal Viminale fanno sapere che "Le regole sugli spostamenti per contenere la diffusione del coronavirus non cambiano. Si può uscire dalla propria abitazione esclusivamente nelle ipotesi già previste dai decreti del presidente del Consiglio dei ministri: per lavoro, per motivi di assoluta urgenza o di necessità e per motivi di salute. Lo comunica il ministero dell'Interno. La circolare del ministero dell'Interno di eri si è limitata a chiarire alcuni aspetti interpretativi sulla base di richieste pervenute al Viminale". 

GS
Era nato per ripensare alla Caldarola del futuro, ma ora è sceso in campo per l'emergenza del virus. E' il comitato Ri-viviamo Caldarola che ha donato al Comune 500 mascherine protettive da destinare agli abitanti delle SAE, ai commercianti che sono attualmente aperti ed ai servizi sociali locali, perché le utilizzino nei casi di particolare necessità.

Un gesto a tutela e protezione di quei cittadini che, purtroppo, sono ancora costretti dopo il sisma a convivere in spazi estremamente ristretti, come quelli imposti dalle Soluzioni Abitative di Emergenza, nonché i commercianti che anche in questa situazione di estrema criticità stanno assicurando al paese i servizi essenziali di cui necessita, correndo notevoli rischi per la propria incolumità.

"L'amministrazione comunale - scrive in una nota - a nome della cittadinanza ringrazia sentitamente il Comitato, apprezzando in modo particolare il gesto lodevole per la sensibilità dimostrata in questa ennesima situazione emergenziale nella quale nostro malgrado siamo coinvolti e che tutti speriamo possa risolversi per il meglio nei tempi più brevi, col comune sacrificio e senso di responsabilità". La distribuzione delle mascherine sarà effettuata dai volontari della protezione civile.

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Continuiamo a ripercorrere alcune tappe del programma “Ricostruire la Speranza. Un viaggio nel cuore del sisma”.
A Pieve Torina la famiglia Lucarini è un po’ un’istituzione. Vive nella frazione di Pie’ Casavecchia. Prima del terremoto abitava nella parte alta. Le loro case insieme a poche altre dell’agglomerato, sono ancora lì a Casavecchia Alta, tra le macerie. Alloggiano dal luglio del 2017 nei Mapre, Moduli Abitativi prefabbricati Rurali di Emergenza, dopo essere stati per quasi 10 mesi tra camper e roulotte. Nei Mapre, uno per famiglia, sono in 12 tra mariti e figli. In quel posto dove prima c’era solo erba, hanno fatto una comunità. “Oggi non si vede un futuro” mi dice Cristina, la figlia più grande impegnata in azienda, mentre Milena e Nicoletta gestiscono i punti vendita. Con tanti sacrifici sono già alla terza generazione di allevatori e agricoltori ma per il futuro non sanno come potrà proseguire la realtà aziendale. Il problema più grande infatti è l’incertezza. “Bisogna resistere, questi posti sono la nostra vita. Facendo questa attività proteggiamo questi luoghi. Non possiamo andarcene, significherebbe annullare tutto”. 

A Caldarola le Canonichesse Regolari Lateranensi
, vivono in una struttura monastica di emergenza. Le loro SAE sono unite da un corridoio. Sono monache di clausura, dedite alla vita meditativa e alla preghiera.  Sono in 11, arrivano dalle Filippine. Suor Maria Paola è l’unica italiana presente e la più avanti con l‘età. Sono molto accoglienti e il loro sorriso è dolce e contagioso. Le incontro tutte insieme nella cappellina che funge da parlatorio. “Tutta la nostra vita è scandita dalla preghiera. Preghiamo sempre. Ognuna ha il suo ufficio e ci si aiuta reciprocamente” dice la badessa Suor Maria Teresa. Fanno una vita dove tutto è in comune e dove anche “l’ufficio dell’orto” è una preghiera. Ad aprile 2018 sono entrate nelle SAE. Stanno bene nelle casette, gli spazi sono molto più ristretti rispetto al grande monastero fatto edificare agli inizi del XVI secolo dal cardinale Evangelista Pallotta. Anche le spese sono molto più contenute e più alla loro portata. Vivono di offerte e quando chiedi cosa gradiscono non lo dicono, accettano tutto “Con cuore lieto”. 


Le Monache nella stanza adibita anche allaccoglienza

Pietro Scipioni lo incontro a Pievebovigliana, comune di Valfornace, nella nuova zona commerciale, dove sono stati delocalizzati negozi e servizi e dove ci sono diverse strutture sportive, realizzate anche grazie a delle donazioni. Pietro mi illustra la situazione che si è creata in paese dopo il sisma con lo spopolamento e le difficoltà economiche che sono una costante in questi territori di montagna. Quello di cui si rammarica è che il terremoto si è portato via tanti anziani, loro sono stati i più colpiti dai cambiamenti causati dal post sisma e non hanno retto. Lo raggiungo nel suo villaggio Sae dove vive insieme alla moglie, due figli e una sorella con disabilità. “Abbiamo sentito molto la mancanza della casa, forse è per questo che stiamo tutti più dentro”. Gli abitanti delle Sae non escono se non per necessità. “Mancano le chiacchierate al bar, un bicchiere di birra con gli amici. Quello che era prima Pievebovigliana i nostri ragazzi rischiano di dimenticarselo per i tempi lunghi che ci saranno per la ricostruzione”, dice Pietro con lucidità ma con la speranza che ciò non avvenga.

Pietro Scipioni

Valeria Lucernoni vive con il compagno e il cane in una Sae a Castelsantangelo sul Nera. Non ha mai avuto paura del terremoto, sono state più forti in lei la rabbia e disperazione nel vedere tanta parte della vita svanita sotto le macerie, insieme ai ricordi. “Il lavoro è stato una salvezza” mi dice con l’orgoglio di dipendente SVILA, l’azienda che produce pizze surgelate a Visso che anche nelle fasi più critiche non si è mai fermata, se non per un breve periodo per sistemare i danni delle scosse, riparati con fondi aziendali. Secondo Valeria, paesi che hanno centri storici come Castello o Visso, non potranno essere ricostruiti come erano. Pensa ad una ricostruzione delocalizzata fuori dal paese, come si vive ora, delocalizzati nei villaggi Sae. Le chiedo come sta vivendo questo periodo con la preoccupazione del contagio da coronavirus e mi risponde che il virus preoccupa peggio del terremoto. Prima dei saluti le chiedo cosa le piace tanto di questo posto “La mia vita è come vorrei che fosse. Io adoro stare qui, sono felice.”

Valeria Lucernoni


Queste puntate del programma sono state registrate prima del DPCM sul coronavirus. Ora i nostri amici continuiamo a sentirli e ad ascoltarli al telefono, cercando di offrire quel minimo di vicinanza che si può in questi tempi di segregazione.

Barbara Olmai


La puntata sarà trasmessa sulle frequenze di Radio C1 e in diretta streaming sul sito www.appenninocamerte.info mercoledì alle ore 10:10 e in replica alle ore 22:10. L'articolo sarà approfondito sul settimanale l'Appennino Camerte, in uscita giovedì in edicola e nelle case degli abbonati.

LINK allo STREAMING: http://play5.newradio.it/player/index/1005

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Dalle grandi città alle piccoli frazioni, quelle tanto care a chi c'è nato e cresciuto, ma spesso sconosciute ai più, loro malgrado.
Il mostro del Coronavirus lo si affronta come si può, ma certamente la fede è l'ancora a cui ci si aggrappa maggiormente, a prescindere da dove si vive.
Quella fede che nelle ultime settimane ha dovuto necessariamente adattarsi al cambiamento, cedendo alle lusinghe dei social network ed utilizzando il web per la preghiera di comunità. Ma nelle piccole frazioni, come quella di Vestignano di Caldarola, sono ancora le tradizioni a tener viva la speranza che tutto andrà bene.
È per questo che nella piccola chiesina ferita dal sisma è stata affissa sulla porta, sotto i segni del terremoto, l'immagine di Maria Vergine. 
"Come i nostri avi, in tempo di pestilenze e gravi malattie - dice Gaetano Pesaresi - , ci rivolgiamo a Te, Vergine Santissima, che proteggi queste valli e le nostre comunità. Intercedi per noi presso Tuo Figlio, perché abbia pietà di noi e ci liberi dal Coronavirus. Aiuta i malati, sostieni i medici e quanti si adoperano per la nostra salute".
Una preghiera che arriva dalla purezza delle vallate dell'entroterra Maceratese e che è arrivata a tutti i caldarolesi grazie alla foto postata su Facebook.
Quando è vietato uscire di casa, un'immagine familiare che per gli abitanti di Caldarola è tanto familiare quanti protettiva, riscalda il cuore anche da lontano.

GS


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"Affacciati alla finestra". Non è solo un verso della canzone di Jovanotti, ma a Caldarola è diventato un contest lanciato dalla Pro Loco dove, i giovani che si sono impegnati nel rianimare il paese colpito dal sisma, hanno deciso di non restare con le mani in mano nemmeno in questo periodo di emergenza sanitaria. 
Il fatto di restare nelle proprie case, infatti, non li ha fermati e, prendendo spunto da una iniziativa già lanciata da Marche Tourism, hanno deciso di far sentire vicini i loro concittadini con un insieme di fotografie scattate dalle finestre delle abitazioni.
La Pro Loco chiede infatti ai caldarolesi di scattare la foto della veduta dalla propria finestra e di inviarla alla loro pagina Facebook. Un modo per viaggiare con la fantasia e ar girare bellezza ed energia positiva.
"Abbiamo lanciato questo contest - dice il presidente Daniele Piani - perchè pensiamo che in un momento come questo sia importante prendersi cura del proprio paese e della propria comunità. Abbiamo voluto lanciare un messaggio divertente e originale che possa far trascorrere un momento spensierato a tutti. Abbiamo sempre scattato foto a Caldarola con bellissimi panorami, questo magari potrebbe essere un modo per guardarla con altri occhi e cogliere particolari che ci sono sfuggiti fino ad ora. L'invito è quello di scattare foto da quello che vediamo dalla nostra finestra o balcone. Foto che noi metteremo insieme realizzando un video".

Giulia Sancricca


E' fermo e deciso l'attacco del primo cittadino di Caldarola sulla gestione dell'emergenza sanitaria.
Luca Maria Giuseppetti punta il dito contro la scelta di non avvertire i sindaci su un eventuale contagio nel proprio paese. “Il sindaco - dice - è la prima Autorità Sanitaria del suo territorio, ha il dovere di garantire l’integrità delle norme igieniche e tutelare la salute dei suoi concittadini, appare quindi assurdo che proprio il primo cittadino non venga messo a conoscenza dell’esistenza o meno, tra gli abitanti del suo Comune, di uno o più casi di Coronavirus. Non per avviare una caccia all’untore, assolutamente da escludere ed evitare - precisa - , ma per avere una situazione puntuale e attenta ed agire nel rispetto soprattutto dei tanti volontari che si stanno mettendo a disposizione dei più deboli per garantire beni di prima necessità”.

Giuseppetti, dopo aver sentito i suoi colleghi di altri Comuni toccati dal CoViD 19, ha potuto confermare quello che in un primo momento era solo un sospetto: "se c’è uno o più casi di Coronavirus in un Comune, i sindaci e gli uffici comunali non ne vengono informati, in barba al ruolo di autorità sanitaria".

Giuseppetti non ci sta e punta i piedi: “dobbiamo tutelare la salute di tutti - dice - , anche di chi va nelle case a portare farmaci e viveri, le precauzioni non sono mai abbastanza. In situazioni di contagio accertato il rispetto della privacy deve subire una deroga e il Sindaco deve sapere i nomi dei contagiati, ovviamente sarà suo dovere rispettare la segretezza dell’informazione”. E’ capitato invece, in altri Comuni del territorio, che la notizia del contagio sia arrivata per via traverse, ben poco ufficiale e non sempre attendibili, modus operandi che può creare ancora più confusione e psicosi.

Alcuni esponenti politici nazionali hanno anche presentato, su questo tema, un’interrogazione Parlamentare a dimostrazione di quanto la problematica sia sentita da molti sindaci.

GS
“Ai cuori concedi la pace” cantano le monache di clausura di Caldarola, dell’ordine delle Canonichesse Regolari Lateranensi. “Cantiamo, sempre cantiamo. Chi canta prega due volte” dice sorridendo la Badessa suor Maria Teresa mentre mi accoglie, insieme alle altre 10 suore, nella cappellina adibita a parlatorio nella struttura monastica che le ospita dopo il sisma. Sono delle SAE attaccate l’una all’altra, senza porte che le dividono ma con un corridoio dove ai lati ci sono le loro stanze e quelle di uso comune come il refettorio, la cappellina e una stanza per i lavori dove vedono anche la tv ma poche volte, solo quando c’è Papa Francesco. Arrivano tutte dalle Filippine tranne la più anziana, Suor Maria Paola, l’unica italiana che ha tramandato alcune abitudini del monastero caldarolese e una ricetta speciale come quella delle “spighette”, un dolce tipico che in passato usavano fare. Vivono di offerte e della Provvidenza ma anche di ciò che riescono a produrre dal loro orto. Ognuna rispetta i suoi uffici, le regole della vita comune sono scandite dalla preghiera, sempre presente durante la giornata che inizia all’alba.
Si informano grazie alla gente che le viene a trovare e leggendo l’”Avvenire” che viene recapitato quotidianamente. Sono cordiali e solari, impeccabili nei modi e nel loro abito di cui ogni giorno si prendono cura. Stare nelle SAE, molto più piccole rispetto al grande Monastero inagibile vicino al Castello Pallotta, per loro da una parte è un bene perché altrimenti le spese da sostenere per mandare avanti quella struttura sarebbero troppo pesanti. Nelle casette invece tutto è più a portata di mano. Inoltre grazie alla generosità di chi le viene a trovare, a loro non manca nulla o meglio, si fanno bastare ciò che hanno.

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Fuori dalle case, un grande orto ruba lo sguardo alla campagna circostante. Nel giardino hanno parcheggiata una roulotte donata, usata da alcune di loro dopo il sisma, mentre altre sono state ospitate dai caldarolesi prima di andare nel loro monastero romano. Sono tornate a Caldarola nell’aprile del 2018 e qui vivono la loro vita insieme. A quello che serve, oltre alla Provvidenza, ci pensa qualche abitante vicino che le aiuta ad esempio ad alimentare il forno, frutto di donazione, con la legna che viene loro regalata e tagliata sul posto.

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Le medicine vengono consegnate a domicilio. Due di loro hanno preso da poco la patente per rendersi più indipendenti e per le necessità che possono sopraggiungere alla comunità. La loro vita scorre in preghiera nel ringraziamento al Signore, confidando sempre nella Sua misericordia. Se le andate a trovare ne saranno liete. Se porterete con voi qualcosa sarà loro gradito, come la vostra presenza. Anche voi ne prenderete un po’ di quella calma e di quella armonia che regnano in questo luogo di pace.    

Barbara Olmai


L’intervista andrà in onda nella Rubrica radiofonica “Ricostruire la speranza. Un viaggio nel cuore del sisma”, mercoledì alle ore 10:10 e alle ore 22:10 sulle frequenze di Radio C1 in Blu. Le repliche andranno in onda domenica alle ore 9:10 e lunedì alle 21:00. 
Sarà poi disponibile il podcast scaricabile sul nostro sito.

*La rubrica è possibile grazie al contributo di:
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Un'azione unitaria ed efficace per risolvere il problema della mancata distribuzione dei giornali nei comuni terremotati dell'entroterra. E' quanto si prefiggono di raggiungere i comuni di Ussita, Visso, Castelsantangelo sul Nera nei cui territori il servizio di fornitura di giornali è di fatto sospeso dalla data del sisma 2016. 
 Il rischio paventato dall'agenzia di distribuzione "Adriatica Press", è che il servizio di distribuzione di quotidiani e riviste non possa essere più assicurato anche per rivendite di giornali di altri comuni, quali Belforte del Chienti, Caldarola, Fiastra, Muccia, Pieve Torina, Serrapetrona, Serravalle di Chienti e Valfornace. Allo scopo di valutare azioni congiunte per scongiurare tale pericolo, una riunione è stata organizzata nella sala consiliare di Visso  per martedì prossimo  alle ore 16.30.
" Considerato il rischio che anche altre realtà, attualmente non interessate, debbano dover sopportare- spiega la vicesindaco di Visso Patrizia Serfaustini- abbiamo ritenuto opportuno incontrare i rispettivi primi cittadini per decidere insieme il da farsi. Vedremo insieme come poter risolvere questo problema che limita ingiustamente il diritto ad essere informati dei nostri cittadini. Una questione che nei nostri borghi perdura da troppo tempo e che, nonostante più tentativi e più azioni,  non ha finora trovato soluzione. Di strade ne abbiamo percorse tante coinvolgendo tutte le istituzioni, dalla Regione al Governo centrale.- conclude Patrizia Serfaustini- . Nel corso di questo incontro congiunto, ci auguriamo di riuscire a trovare tutti insieme un'ulteriore,speriamo efficace, via d'uscita".
c.c. 


Anche Caldarola si prepara a fronteggiare l'emergenza sanitaria.
Si è svolto questa mattina, nella sede del nuovo Comune, un tavolo tecnico per gestire una possibile emergenza Coronavirus, cercando di valutare ogni possibile aspettoper non farsi trovare impreparati.

Hanno partecipato il sindaco Luca Maria Giuseppetti, il suo vice Giovanni Ciarlantini, la coordinatrice della locale Protezione Civile Tamara Carducci, i consiglieri di maggioranza Teresa Minnucci e Simone Ansovini, il capogruppo di minoranza Davide De Angelis insieme al Consigliere Aronne Biondi.
Presente anche il medico di base Renato Filoni e la Polizia Locale rappresentata da Lorenzo Mengoni.
Sono state delineate alcune linee guida che invitano i cittadini a "segnalare qualsiasi sintomo - scrive il Comune in una nota - collegabile al Coronavirus, telefonicamente al proprio medico curante, senza recarsi assolutamente al pronto soccorso o nella sala d'attesa del medico. Questo per evitare ogni possibile contagio, ma soprattutto per evitare inutili allarmismi.
Inoltre - prosegue la nota - è altrettanto importante segnalare al medico, e solamente a lui, un possibile contatto con persone residenti nei comuni cosiddetti “zona rossa” o, se per motivi personali o di lavoro si è soggiornato in uno di questi Comuni (in Lombardia sono Bertonico, Casalpusterlengo, Castelgerundo, Castiglione D'Adda, Codogno, Fombio, Maleo, San Fiorano, Somaglia e Terranova dei Passerini, mentre per il Veneto solo Vo’ Euganeo)".

GS

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