Si chiude ufficialmente l’iter burocratico per la ricostruzione della Collegiata di Apiro e della chiesa di Santa Maria Assunta di Cesolo, a San Severino Marche. Nella tarda serata di ieri è infatti arrivata la firma del decreto che chiude la conferenza permanente e sancisce il trasferimento del contributo economico in favore dell’arcidiocesi di Camerino-San Severino Marche, soggetto attuatore dei lavori di restauro post sismico di entrambe le chiese.

Si tratta di due interventi da oltre un milione e 250mila euro complessivi (750mila per la Collegiata apirese, oltre 500mila per la chiesa di Cesolo, ndr), che permetteranno alle procedure di entrare nella fase calda, quella operativa. Superati tutti gli scogli burocratici, dunque, ora la palla passa definitivamente nelle mani dell’ufficio ricostruzione dell’arcidiocesi, che dovrà occuparsi dell’affidamento dei lavori. La data da cerchiare in rosso in tal senso arriverà presumibilmente intorno alla metà di maggio. Da lì in poi si potranno vedere i mezzi al lavoro su entrambi gli edifici.

Le due chiese rappresentano punti nevralgici nella cartina geografica dell’arcidiocesi di Camerino. La loro importanza, pastorale e sociale, è particolarmente rilevante. In particolare la Collegiata di Apiro è un vero e proprio “tesoro” anche dal punto di vista artistico, mentre Santa Maria Assunta è una delle chiese più “sentite” dalle comunità parrocchiali. A Cesolo, infatti, molte delle attività religiose e laiche che animano la frazione fanno riferimento proprio alla chiesa. Presto i parrocchiani potranno riappropriarsene.

In foto la Collegiata di Sant'Urbano ad Apiro prima dell'inagibilità




Il santuario di Macereto è destinato a diventare un vero e proprio cantiere a cielo aperto. Passi da gigante nel recupero di uno dei luoghi di culto simbolo dell’arcidiocesi di Camerino-San Severino. Presentato all’inizio della settimana, infatti, il progetto esecutivo per i lavori di ristrutturazione della chiesa. Un traguardo atteso da tempo, che arriva a poche settimane dall’inizio delle opere che riguardano invece gli immobili annessi al santuario, intorno all’edificio di culto vero e proprio. Importante il finanziamento concesso dalla struttura commissariale. Circa 3,5 milioni di euro l’importo complessivo per la progettazione e per l’esecuzione dei lavori. Si tratta di interventi di restauro e di miglioramento sismico.

L’edificio, che risale alla prima metà del XVI secolo, nel corso dei secoli successivi ha subito una serie di interventi che hanno portato alla sua “stratificazione”. Risiede proprio in quest’ultimo punto la “sfida” che hanno dovuto affrontare i tecnici della società di ingegneria e architettura LNVG, che ha curato la progettazione. «Lavorare su edifici di questo valore storico e artistico impone una serie notevole di sfide - spiegano -. La principale è proprio quella di trovare il giusto compromesso tra gli interventi di restauro e quelli di consolidamento strutturale. Una chiesa dal così importante valore artistico presenta una serie di peculiarità pittoriche e scultoree che vanno rispettate, pur senza tralasciare il necessario miglioramento alla resistenza sismica di cui ha bisogno un edificio che sorge in quest’area».

Per quello che riguarda i tempi, il periodo da considerare è quello della primavera 2024. Sarà allora che si passerà dalla fase progettuale a quella a tutti gli effetti operativa. I lavori dovrebbero durare intorno ai due anni. «Contiamo di aprire il cantiere nella prossima primavera - spiega l’ingegner Carlo Morosi, dell’ufficio ricostruzione dell’arcidiocesi di Camerino-San Severino -. Siamo di fronte a una di quelle opere che vanno “cerchiate in rosso” sulla cartina geografica delle chiese da ricostruire. Il santuario di Macereto, insieme tra le altre alla chiesa di Santa Maria in Via, al duomo di Camerino e alle collegiate di Visso e San Ginesio, rappresenta un luogo di culto di assoluta rilevanza sotto il profilo storico, artistico e soprattutto sociale. Ricostruire queste chiese significa davvero contribuire a dare una svolta nella rinascita del territorio del cratere sismico».

l.c.




Non soltanto l’abbazia di San Biagio a Piobbico di Sarnano, ma anche altre due chiese pronte ad essere restaurate. L’arcidiocesi di Camerino e San Severino Marche avanza spedita verso la ricostruzione dei suoi edifici di culto e si prepara alla posa della prima pietra in altre due importanti chiese danneggiate dalle scosse del sisma del 2016. Nelle ultime settimane, infatti, l’ufficio ricostruzione della curia arcivescovile ha affidato i lavori per il restauro e il miglioramento sismico delle chiese di San Paolo, nel territorio comunale di Fiastra, e di San Pietro (anche conosciuta come chiesa della Madonna del Carmine, ndr), ancora a Sarnano. Passi avanti importanti, dunque, nel percorso di rinascita dell’arcidiocesi, che all’alba della ricostruzione contava ben 354 chiese inagibili sparse in tutto il suo vastissimo territorio.

A dare l’annuncio dell’affidamento dei lavori è stato in prima persona l’arcivescovo Francesco Massara, in occasione dell’apertura e della benedizione del cantiere dell’abbazia di Piobbico. Una notizia appresa con particolare soddisfazione da tutta la popolazione sarnanese, che nel giro dei prossimi dodici mesi potrà tornare a godere di due luoghi di culto molto importanti per il tessuto sociale del territorio. Scendendo più nei dettagli, la chiesa di San Pietro, incastonata nel centro storico del paese delle tre torri, ha ricevuto un finanziamento complessivo di oltre 280mila euro, di cui 185 saranno destinati all’esecuzione dei lavori. La chiusura del cantiere, da contratto, è prevista entro i prossimi 365 giorni. Ad occuparsi della progettazione delle opere, come nel caso dell’abbazia di San Biagio, è stato lo studio Paci di Pesaro. A mettere mano ai lavori sarà invece la ditta Sardellini costruzioni di Macerata.

Diverso, invece, il percorso che ha portato all’affidamento dei lavori previsti alla chiesa di San Paolo a Fiastra. In questo caso la progettazione è precedente rispetto al varo dell’ordinanza 105 (il provvedimento commissariale che ha permesso agli uffici ricostruzione delle curie vescovili di prendere in carico le progettazioni degli interventi, oltre agli affidamenti dei lavori, ndr), quindi il progetto è stato redatto direttamente dal ministero della cultura, con Francesco Murdica nel ruolo di Rup (responsabile unico del progetto, ndr). Per questi lavori i fondi ammontano ad un totale di quasi un milione di euro, di cui ben 714 mila per i soli lavori. Anche in questa occasione il termine delle opere è previsto per un anno dall’apertura del cantiere. La direzione del cantiere è assegnata allo studio associato Acale, mentre ad eseguire le opere sarà la ditta Grimaldi costruzioni di Matelica.

l.c.

In foto la chiesa di San Pietro, conosciuta anche con il nome di chiesa della Madonna del Carmine


«Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini che egli ama». (Lc 2, 14)

Carissimi fratelli e sorelle,

formulare gli auguri di Natale dovrebbe essere una delle cose più semplici di questo mondo. Invece quest’anno sto provando tanta difficoltà, perché sento in me la fatica di chi è chiamato a trasmettere una notizia straordinariamente bella, ma si trova a doverlo fare in un tempo faticoso, scandito da tante forme di violenza: violenza tra popoli e tra noi, violenza di sentimenti, di parole e di atteggiamenti. Ciò nonostante, provo ugualmente a rivolgermi a Voi, incoraggiato da un annuncio che nessuna paura, né periodo faticoso può mettere a tacere: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace sulla terra a gli uomini che egli ama”. È infatti cosi che agli angeli, nella notte di Natale, proclamano un tempo nuovo ai pastori riuniti intorno alla grotta di Betlemme.

Quindi, a motivo di questa straordinaria notizia, mi piacerebbe potessimo celebrare il Natale non come un momento tradizionale ed evanescente, caratterizzato da atteggiamenti di facciata, ma come un’occasione per tornare a fermarsi, a riflettere e ritrovare la pace del cuore e la serenità dell’anima, consapevoli che questa pace non si trova ovunque o in chiunque, ma solamente in Gesù.

Nel Natale ci viene rivelato che la gloria di Dio è la Pace sulla terra e tra gli uomini. Pensate quanto è diverso Dio da noi: Lui si gloria se noi siamo in pace, mentre per noi la gloria è spesso associata alla sconfitta del nemico e all’affermazione di noi stessi a scapito degli altri. Ne abbiamo triste conferma non solo nella brutale aggressione ai danni dell’Ucraina che si protrae da quasi un anno, ma anche nei conflitti che si combattono in ogni angolo del mondo.

Ecco, allora, che il Natale diventa occasione quanto mai propizia per ricordare alla nostra umanità che, se vogliamo sperimentare la gloria di Dio come nostra Pace, è indispensabile promuovere una cultura della pace formando una generazione di veri artigiani di Pace, capaci di essere “pacificatori” e non solo pacifisti, coraggiosi nel condannare non solo questa o quella guerra, ma il conflitto in quanto tale, soprattutto quello invisibile e nascosto. Mi riferisco alle lotte tra i poveri, alle battaglie di chi è rimasto senza lavoro, ai contrasti nelle famiglie e tra le generazioni, alle guerre che riducono in miseria intere popolazioni provocando migrazioni di massa, agli abusi contro l’ambiente, alle battaglie ideologiche e così via.

Questa inesauribile storia di violenza ci racconta che abbiamo bisogno di Pace tra noi e sulla nostra terra irrorata dal sangue di innumerevoli vittime di guerre e terrore; Pace in ciascuna famiglia sempre più esposta alla fragilità delle relazioni e a brutalità spesso nascoste e, per questo, ancor più dolorose; Pace nelle nostre comunità cristiane chiamate a testimoniare l’accoglienza fraterna, particolarmente verso chi si sente rifiutato; Pace nelle nostre città e nei nostri paesi esposti al diffuso e non superato malessere sociale che alimenta risentimento o rancore verso tutto e verso tutti; Pace per il nostro pianeta - nostra casa comune - sempre più sfruttato ed inquinato dal nostro esasperante menefreghismo. Abbiamo bisogno di Pace e non semplicemente di starcene in pace, indifferenti a tutto ciò che non arriva a disturbarci.

Per noi credenti, la Pace è il dono natalizio per eccellenza perché è una persona: l’Emmanuele, il Dio con noi! Questa Pace nasce nel cuore di chi accoglie il Principe della Pace e vive in comunione con Lui, una comunione dalla quale scaturiscono gli stessi suoi sentimenti. Questa Pace va implorata come dono di Dio, ma va anche costruita con impegno, serietà e fantasia, giorno dopo giorno, facendo germogliare la giustizia e l’amore che sono dentro di noi.

Solo se sapremo trovare il coraggio di rivoluzionare la nostra mentalità, allora comprenderemo che ciò che minaccia la Pace non è la guerra, ma la superbia; non i colpi di cannone, ma la mancanza di amore; non la persecuzione a causa della giustizia, ma lo svendere il nostro cuore a ciò che non è Dio. Ciò che minaccia la Pace è dimenticarci che essa non è un semplice vocabolo, ma un “vocabolario” che restituisce il giusto significato alla parola amore. Ciò che minaccia la Pace è aver perso il gusto del dono gratuito, libero e generoso della nostra vita. Ciò che minaccia la Pace è smettere di lottare affinché la grazia di Dio possa vincere sul nostro peccato. Ciò che minaccia la Pace è l’incapacità di riconoscere nell’altro un fratello o una sorella, e non un temibile avversario.

È questo il messaggio di speranza che giunge dall’umile grotta di Betlemme e che quel Bambino - «avvolto in fasce e deposto nella mangiatoia» - consegna a tutta l’umanità. Ed io, come pastore e padre di questa chiesa particolare, ho il dovere di annunciare e condividere questo annuncio nella forma del più cordiale augurio per tutti e per ciascuno. Un augurio che, per noi credenti, si fa preghiera per chiedere al Signore di trasformare le mie povere parole in fecondi eventi di grazia tramite i quali poterlo riconoscere. Solo così, potremo vivere un Natale probabilmente non “in pace”, ma sicuramente “di Pace”!

Buon Natale a tutti!

+ Francesco Massara, arcivescovo

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