Notizie di politica nelle Marche
Martedì, 01 Giugno 2021 16:21
San Ginesio: colonnine per auto elettriche aspettando novità sul Polo scolastico
In attesa di accelerare nel processo di ricostruzione post sisma, con la firma dell'ordinanza speciale da parte del Commissario Legnini che metterà finalmente la parola fine all'ormai annosa questione del nuovo polo scolastico, l'amministrazione comunale di San Ginesio prosegue nel suo percorso di valorizzazione del borgo e del suo territorio.
Sono state, infatti, istallate le colonnine per la ricarica di auto elettriche nelle 4 postazioni del parcheggio "Marchesini" di Passo San Ginesio, della zona Sae di Pian di Pieca, dell'area camper nel centro storico e del parcheggio di Colle San Giovanni.
"Abbiamo terminato un lungo percorso iniziato grazie anche al contributo dell'Associazione Paesi Bandiera Arancione - dichiara il sindaco Giuliano Ciabocco che è anche vice presidente dell'associazione stessa - Attraverso l'istallazione di queste colonnine forniremo il servizio sull'intero territorio comunale. Visto che si trattatava di un progetto già avviato con Enel X siamo soddisfatti per essere riusciti a concludere questo percorso nonostante le tante difficoltà incpontrate".
f.u.
Sono state, infatti, istallate le colonnine per la ricarica di auto elettriche nelle 4 postazioni del parcheggio "Marchesini" di Passo San Ginesio, della zona Sae di Pian di Pieca, dell'area camper nel centro storico e del parcheggio di Colle San Giovanni.
"Abbiamo terminato un lungo percorso iniziato grazie anche al contributo dell'Associazione Paesi Bandiera Arancione - dichiara il sindaco Giuliano Ciabocco che è anche vice presidente dell'associazione stessa - Attraverso l'istallazione di queste colonnine forniremo il servizio sull'intero territorio comunale. Visto che si trattatava di un progetto già avviato con Enel X siamo soddisfatti per essere riusciti a concludere questo percorso nonostante le tante difficoltà incpontrate".
f.u.
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Politica
Martedì, 01 Giugno 2021 15:45
Vertenza Elica: Mangialardi "interroga" Acquaroli
“Seppur in ritardo finalmente sembra che anche il presidente Acquaroli, uscendo dal suo solito torpore, abbia deciso di spendere qualche parola contro lo sciagurato piano industriale di Elica che, a tutt’oggi, prevede la delocalizzazione in Polonia degli impianti di Cerreto d’Esi e Mergo e il licenziamento di 409 lavoratrici e lavoratori. Ne prendiamo atto positivamente, ma ora Acquaroli dica al consiglio regionale quali concreti interventi la Regione Marche intende attuare per tutelare gli attuali livelli occupazionali”.
Così il capogruppo regionale del Partito Democratico Maurizio Mangialardi che, a seguito dell’incontro che si è svolto tra la giunta regionale e le organizzazioni sindacali in merito alla vertenza Elica, ha presentato insieme al gruppo assembleare del Pd un’interrogazione a risposta immediata che sarà discussa prossimamente in consiglio regionale.
“La disponibilità data negli ultimi giorni dall’azienda a rivedere il Piano – sottolinea Mangialardi – è frutto esclusivo della coraggiosa mobilitazione che da quasi due mesi stanno portando avanti le organizzazioni sindacali. Va da sé, però, che questa revisione deve avere un solo obiettivo: la difesa dei posti di lavoro negli stabilimenti di Cerreto d’Esi e Mergo. Riteniamo che la Regione Marche debba mettere in campo tutta l’autorevolezza di cui dispone affinché i sacrifici compiuti dai lavoratori non siano vanificati da un estenuante e logorante gioco delle parti”.
Così il capogruppo regionale del Partito Democratico Maurizio Mangialardi che, a seguito dell’incontro che si è svolto tra la giunta regionale e le organizzazioni sindacali in merito alla vertenza Elica, ha presentato insieme al gruppo assembleare del Pd un’interrogazione a risposta immediata che sarà discussa prossimamente in consiglio regionale.
“La disponibilità data negli ultimi giorni dall’azienda a rivedere il Piano – sottolinea Mangialardi – è frutto esclusivo della coraggiosa mobilitazione che da quasi due mesi stanno portando avanti le organizzazioni sindacali. Va da sé, però, che questa revisione deve avere un solo obiettivo: la difesa dei posti di lavoro negli stabilimenti di Cerreto d’Esi e Mergo. Riteniamo che la Regione Marche debba mettere in campo tutta l’autorevolezza di cui dispone affinché i sacrifici compiuti dai lavoratori non siano vanificati da un estenuante e logorante gioco delle parti”.
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Martedì, 01 Giugno 2021 14:59
Elezioni San Severino, Piermattei: "Presto per pensare alla candidatura"
"Ancora troppo presto per dirlo". Lo ha detto la sindaca di San Severino, Rosa Piermattei, a proposito di una sua candidatura per le prossime elezioni amministrative.
La città settempedana andrà alle urne nel prossimo autunno ma, secondo la prima cittadina, la tornata elettorale è un evento ancora troppo distante per avere le idee chiare sul futuro. Cesare Martini, suo predecessore, e Pietro Cruciani, suo avversario cinque anni fa, la indicano come principale favorita nella corsa alla fascia tricolore, tuttavia la Piermattei non si sbilancia, e si dice ancora concentrata "sul suo lavoro di sindaco, e non sulle indiscrezioni della campagna elettorale. Vedremo - prosegue la sindaca - quali saranno gli sviluppi nei prossimi mesi. Le elezioni si terranno non prima della fine di settembre, quindi mi sembra prematuro parlare di questo. Preferisco - conclude - concentrarmi sui bisogni della città".
l.c.
La città settempedana andrà alle urne nel prossimo autunno ma, secondo la prima cittadina, la tornata elettorale è un evento ancora troppo distante per avere le idee chiare sul futuro. Cesare Martini, suo predecessore, e Pietro Cruciani, suo avversario cinque anni fa, la indicano come principale favorita nella corsa alla fascia tricolore, tuttavia la Piermattei non si sbilancia, e si dice ancora concentrata "sul suo lavoro di sindaco, e non sulle indiscrezioni della campagna elettorale. Vedremo - prosegue la sindaca - quali saranno gli sviluppi nei prossimi mesi. Le elezioni si terranno non prima della fine di settembre, quindi mi sembra prematuro parlare di questo. Preferisco - conclude - concentrarmi sui bisogni della città".
l.c.
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Martedì, 01 Giugno 2021 10:30
Scuola Don Bosco, Città in Comune si appella all'amministrazione: "Riflettano sulla scelta"
Di seguito la nota stampa di Città in Comune:
La delibera di giunta del 7 maggio, con cui si dà inizio alle procedure per l'acquisto di terreni in zona Oasi, ha riportato al centro del dibattito cittadino la questione dello spostamento della Scuola Don Bosco dal centro storico. Tale scelta, già palesata in modo nebuloso nel 2019, solleva non poche opposizioni e l'Amministrazione non condivide con i cittadini informazioni adeguate su queste scelte. Cosa sappiamo sulla questione?
In più occasioni il Sindaco ha dichiarato di voler utilizzare i fondi stanziati per il sisma non per l'edificio esistente ma per una nuova Scuola Don Bosco presso il centro commerciale. Sempre in modo vago si afferma di voler costruire una nuova scuola materna al posto dell’edificio occupato dalle suore Pie Venerini, in cui dovrebbero trovare posto anche alcune classi “distaccate” della nuova Don Bosco, senza però offrire altri dettagli. Quest'ultimo passaggio, inoltre, costituirebbe una scelta onerosa di dubbio risparmio, in quanto lo stabile in questione andrebbe acquisito e adattato, dirottando parte dei fondi per il sisma per questa operazione. In più, questa scelta si porterebbe dietro lungaggini burocratiche non certo meno complesse di altre in un momento in cui sarebbe opportuno compiere scelte che permettano di accorciare i tempi della ricostruzione.
Tali decisioni sono poco condivisibili e pongono problemi alla città che proviamo a delineare.
Le motivazioni “tecniche”…
La prima domanda che ci poniamo è: perché non si è scelto di utilizzare i fondi stanziati per recuperare lo stabile della Don Bosco? Nell'edificio, messo in sicurezza a seguito di immediati interventi post sisma 2016, sono infatti collocate alcune classi ed è irragionevole sostenere l’impossibilità di adeguarlo (cioè raggiungere il livello di sicurezza rispetto agli eventi sismici come richiesto dalla normativa per le nuove costruzioni). Se non è sicuro, e mai potrà esserlo, perché ospita ancora alcune classi? In più, già l’ex assessore Alessandro Massi ricordava come per la Soprintendenza l'edificio sia recuperabile.
Le motivazioni dietro una tale scelta non coincide nemmeno con quelle che hanno spinto a progettare il nuovo Campus per gli istituti superiori, cioè dotarli di strutture adeguate come la palestra. La scuola Don Bosco dispone già di laboratori, impianti sportivi e anche di un'ampia area verde, patrimonio non solo degli studenti, ma della città tutta.
La scelta in questione è inoltre parte del Programma Straordinario per la Ricostruzione (PSR) di Tolentino. L'ordinanza n. 107 sui PSR ha però l’intento di semplificare le procedure di ricostruzione soprattutto dei centri storici e la proposta dell'Amministrazione di delocalizzare la Don Bosco in periferia va in direzione opposta adducendo impossibilità tecniche quando meno discutibili.
La questione urbanistica…
In secondo luogo, la Don Bosco sorge, secondo il PRG di Tolentino, in zona “A” e per tali aree (art. 19, comma 4, L.R. n. 34/92): “la pianificazione deve essere rivolta: al recupero degli edifici esistenti ed alla riutilizzazione del patrimonio edilizio; al completamento delle zone parzialmente utilizzate; al completamento delle opere di urbanizzazione”. Delocalizzare la scuola pare in contrasto con la norma così come la mancanza di un chiaro progetto per un edificio che rimarrebbe vuoto. Un progetto che, se esiste, non è comunque stato condiviso con la cittadinanza. In più, lo spostamento pone un’ulteriore questione urbanistica: l’inevitabile variazione degli “standard urbanistici” per la zona “A”, per cui le attrezzature scolastiche sono: “servizi di interesse locale”, cioè servizi primari distribuiti capillarmente sul territorio.
Questa variazione è certamente possibile per via di quanto disposto nel PSR, ma ancora una volta stupisce che si possa compiere una scelta così rilevante senza interrogarsi sulla sua effettiva “bontà” e in contrasto con quanto la norma ci pare indichi chiaramente.
Il consumo di suolo…
Un terzo aspetto, oltre i tecnicismi, è di prospettiva e di idea di città. Colpisce indubbiamente il perdurare di scelte, come quella richiamata, che continuano il tendenziale consumo di suolo in un momento in cui si dovrebbe puntare a ridurre, riusare e riciclare anche il consumo degli spazi urbani.
È infatti inammissibile che nel 2021 si facciano scelte speculative e basate sulla cementificazione, come negli anni ’60 del boom edilizio. Scelte scellerate allora ed ancor più oggi in cui si è consapevoli di come il territorio e il suolo vadano preservati per via degli essenziali servizi ecosistemici che forniscono e l'insistere di pezzi della storia materiale di una popolazione.
L'intervento in questione sembra inoltre l'ennesimo passo verso il processo di gentrificazione del centro storico e la compartimentazione della città. Quest’ultima soluzione è stata ampiamente adottata in passato, portando dei risultati pessimi ed evidenti agli occhi di tutti, eppure, si insiste nel rifuggire l’ottica della mixité funzionale, più lungimirante e adeguata al momento storico che stiamo vivendo.
In conclusione
Alla luce di queste riflessioni, molti sono gli interrogativi che sorgono in merito alla questione. Perché il Sindaco ha comunque deciso di perdurare in una scelta non condivisa, ignorando anche l’importante mobilitazione del Comitato Don Bosco, che raccolse 2.200 firme in opposizione alla delocalizzazione della scuola? Quanti e quali plessi rimarranno effettivamente nel centro storico? Nella nuova scuola materna quante classi “distaccate” della primaria e secondaria della nuova Don Bosco ci saranno? Sono domande, queste, che per i cittadini rimangono non risposte, dato che il progetto non è stato divulgato.
In più, se i fondi destinati alla riparazione verranno impiegati per la nuova costruzione, non si rischia di non disporre dei finanziamenti necessari per i vecchi edifici? Quale sarà dunque il destino di questi complessi che rischiano di essere le ennesime strutture inutilizzate all'interno di un centro storico già impoverito di servizi e luoghi di interesse? A tal proposito, esiste un programma organico di rilancio del Centro Storico in grado di restituire linfa vitale alla parte più antica di Tolentino?
Lanciamo quindi un appello all'Amministrazione, esortando a riflettere sulla scelta e a prendere in considerazione le criticità e preoccupazioni sollevate, sia dai cittadini, che dalle forze politiche in modo trasversale, e dare risposte puntuali sulle questioni rimaste non chiare. Tutto ciò al fine di favorire e garantire le condizioni per un vero coinvolgimento e confronto tra l’Amministrazione Comunale e tutta la cittadinanza, dal momento che le scelte che si prenderanno condizionano irrimediabilmente la vita delle generazioni attuali e future della nostra città.
La delibera di giunta del 7 maggio, con cui si dà inizio alle procedure per l'acquisto di terreni in zona Oasi, ha riportato al centro del dibattito cittadino la questione dello spostamento della Scuola Don Bosco dal centro storico. Tale scelta, già palesata in modo nebuloso nel 2019, solleva non poche opposizioni e l'Amministrazione non condivide con i cittadini informazioni adeguate su queste scelte. Cosa sappiamo sulla questione?
In più occasioni il Sindaco ha dichiarato di voler utilizzare i fondi stanziati per il sisma non per l'edificio esistente ma per una nuova Scuola Don Bosco presso il centro commerciale. Sempre in modo vago si afferma di voler costruire una nuova scuola materna al posto dell’edificio occupato dalle suore Pie Venerini, in cui dovrebbero trovare posto anche alcune classi “distaccate” della nuova Don Bosco, senza però offrire altri dettagli. Quest'ultimo passaggio, inoltre, costituirebbe una scelta onerosa di dubbio risparmio, in quanto lo stabile in questione andrebbe acquisito e adattato, dirottando parte dei fondi per il sisma per questa operazione. In più, questa scelta si porterebbe dietro lungaggini burocratiche non certo meno complesse di altre in un momento in cui sarebbe opportuno compiere scelte che permettano di accorciare i tempi della ricostruzione.
Tali decisioni sono poco condivisibili e pongono problemi alla città che proviamo a delineare.
Le motivazioni “tecniche”…
La prima domanda che ci poniamo è: perché non si è scelto di utilizzare i fondi stanziati per recuperare lo stabile della Don Bosco? Nell'edificio, messo in sicurezza a seguito di immediati interventi post sisma 2016, sono infatti collocate alcune classi ed è irragionevole sostenere l’impossibilità di adeguarlo (cioè raggiungere il livello di sicurezza rispetto agli eventi sismici come richiesto dalla normativa per le nuove costruzioni). Se non è sicuro, e mai potrà esserlo, perché ospita ancora alcune classi? In più, già l’ex assessore Alessandro Massi ricordava come per la Soprintendenza l'edificio sia recuperabile.
Le motivazioni dietro una tale scelta non coincide nemmeno con quelle che hanno spinto a progettare il nuovo Campus per gli istituti superiori, cioè dotarli di strutture adeguate come la palestra. La scuola Don Bosco dispone già di laboratori, impianti sportivi e anche di un'ampia area verde, patrimonio non solo degli studenti, ma della città tutta.
La scelta in questione è inoltre parte del Programma Straordinario per la Ricostruzione (PSR) di Tolentino. L'ordinanza n. 107 sui PSR ha però l’intento di semplificare le procedure di ricostruzione soprattutto dei centri storici e la proposta dell'Amministrazione di delocalizzare la Don Bosco in periferia va in direzione opposta adducendo impossibilità tecniche quando meno discutibili.
La questione urbanistica…
In secondo luogo, la Don Bosco sorge, secondo il PRG di Tolentino, in zona “A” e per tali aree (art. 19, comma 4, L.R. n. 34/92): “la pianificazione deve essere rivolta: al recupero degli edifici esistenti ed alla riutilizzazione del patrimonio edilizio; al completamento delle zone parzialmente utilizzate; al completamento delle opere di urbanizzazione”. Delocalizzare la scuola pare in contrasto con la norma così come la mancanza di un chiaro progetto per un edificio che rimarrebbe vuoto. Un progetto che, se esiste, non è comunque stato condiviso con la cittadinanza. In più, lo spostamento pone un’ulteriore questione urbanistica: l’inevitabile variazione degli “standard urbanistici” per la zona “A”, per cui le attrezzature scolastiche sono: “servizi di interesse locale”, cioè servizi primari distribuiti capillarmente sul territorio.
Questa variazione è certamente possibile per via di quanto disposto nel PSR, ma ancora una volta stupisce che si possa compiere una scelta così rilevante senza interrogarsi sulla sua effettiva “bontà” e in contrasto con quanto la norma ci pare indichi chiaramente.
Il consumo di suolo…
Un terzo aspetto, oltre i tecnicismi, è di prospettiva e di idea di città. Colpisce indubbiamente il perdurare di scelte, come quella richiamata, che continuano il tendenziale consumo di suolo in un momento in cui si dovrebbe puntare a ridurre, riusare e riciclare anche il consumo degli spazi urbani.
È infatti inammissibile che nel 2021 si facciano scelte speculative e basate sulla cementificazione, come negli anni ’60 del boom edilizio. Scelte scellerate allora ed ancor più oggi in cui si è consapevoli di come il territorio e il suolo vadano preservati per via degli essenziali servizi ecosistemici che forniscono e l'insistere di pezzi della storia materiale di una popolazione.
L'intervento in questione sembra inoltre l'ennesimo passo verso il processo di gentrificazione del centro storico e la compartimentazione della città. Quest’ultima soluzione è stata ampiamente adottata in passato, portando dei risultati pessimi ed evidenti agli occhi di tutti, eppure, si insiste nel rifuggire l’ottica della mixité funzionale, più lungimirante e adeguata al momento storico che stiamo vivendo.
In conclusione
Alla luce di queste riflessioni, molti sono gli interrogativi che sorgono in merito alla questione. Perché il Sindaco ha comunque deciso di perdurare in una scelta non condivisa, ignorando anche l’importante mobilitazione del Comitato Don Bosco, che raccolse 2.200 firme in opposizione alla delocalizzazione della scuola? Quanti e quali plessi rimarranno effettivamente nel centro storico? Nella nuova scuola materna quante classi “distaccate” della primaria e secondaria della nuova Don Bosco ci saranno? Sono domande, queste, che per i cittadini rimangono non risposte, dato che il progetto non è stato divulgato.
In più, se i fondi destinati alla riparazione verranno impiegati per la nuova costruzione, non si rischia di non disporre dei finanziamenti necessari per i vecchi edifici? Quale sarà dunque il destino di questi complessi che rischiano di essere le ennesime strutture inutilizzate all'interno di un centro storico già impoverito di servizi e luoghi di interesse? A tal proposito, esiste un programma organico di rilancio del Centro Storico in grado di restituire linfa vitale alla parte più antica di Tolentino?
Lanciamo quindi un appello all'Amministrazione, esortando a riflettere sulla scelta e a prendere in considerazione le criticità e preoccupazioni sollevate, sia dai cittadini, che dalle forze politiche in modo trasversale, e dare risposte puntuali sulle questioni rimaste non chiare. Tutto ciò al fine di favorire e garantire le condizioni per un vero coinvolgimento e confronto tra l’Amministrazione Comunale e tutta la cittadinanza, dal momento che le scelte che si prenderanno condizionano irrimediabilmente la vita delle generazioni attuali e future della nostra città.
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