Il mancato smaltimento delle macerie, il cumulo dei progetti, la difficoltà di reperimento di manodopera e di alloggi per le maestranze. Sono queste le problematiche legate alla ricostruzione che l’Arcivescovo Francesco Massara ha presentato all’incontro con Confindustria, ANCE Marche, il Commissario Straordinario Giovanni Legnini e i vertici regionali. L’impegno è quello di costituire quanto prima una cabina di regia per affrontare in sinergia le problematiche economiche e sociali legate al post sisma 2016.

“Sono questioni che non possono essere affrontate singolarmente – afferma l’Arcivescovo –. I problemi delle imprese, il caro prezzi sui materiali edili, lo smaltimento delle macerie: solo una cabina di regia dedicata può attivare i giusti collegamenti e creare un coordinamento tra le diverse istituzioni e i soggetti che si occupano della ricostruzione. Bisogna essere consapevoli che già in questo momento i lavori sono fortemente rallentati: andando avanti di questo passo vedremo soltanto piccoli cantieri, non la vera ricostruzione di cui abbiamo bisogno. Le posizioni dei presenti – continua Massara – sono state unanimi. Ora bisogna individuare al più presto le professionalità che comporranno questa cabina: è necessario, altrimenti i diversi ambiti del problema continueranno a essere affrontati settorialmente, senza visione di insieme”.

La chiusura dell’Arcivescovo Massara è sui risvolti sociali della ricostruzione: “La gente è sfinita da cinque anni di difficoltà. Non si può prescindere da una netta accelerazione della ricostruzione: ne va del futuro dell’entroterra”.

l.c.
Le ripercussione dell’emergenza sanitaria sul comparto moda - calzature e sull’economia del territorio e la necessità si investire nel digitale per sopravvivere alle crisi.
Questo il tema al centro dell'incontro che si è svolto questa mattina in Confindustria con i rappresentati dei settori.

Negli ultimi 6 mesi, senza precedenti è stata la contrazione dei valori produttivi e del fatturato stimato  a – 35%, con la decisa e  analoga flessione sul fronte dei consumi interni e dell’export

La spesa delle famiglie è scesa del -30%, nonostante l’impennata degli acquisti online (+42%) dovuta alla chiusura dei negozi durante il lockdown.

Nelle Marche si sono perse nell’ultimo semestre 63 aziende dell’area Calzature-pelletterie e nello stesso periodo si è registrato un incremento della Cassa integrazione pari a +412% (da notare che la  Toscana ha raggiunto + 3080%)

La ripartenza, dopo l’allentamento delle misure restrittive, procede con molta  fatica: gli acquisti degli Italiani restano in frenata (-29% in quantità a maggio e -7% a giugno) e l’export, dopo il crollo del bimestre marzo-aprile (-50%), ha fatto segnare un -27% in volume nei due mesi successivi.

Le aspettative per la seconda parte dell’anno – stante anche la risalita dei contagi in molti Paesi in cui sembrava che la diffusione del virus stesse progressivamente scemando, – non possono che essere improntate all’incertezza e alla cautela,  si teme che saranno ancora molto lunghi i tempi per il ritorno a livelli di attività “normali”.

Da un’indagine di Confindustria Moda si rileva che quasi tre aziende su quattro (73,5%) hanno dovuto rivedere, a causa della pandemia, il piano degli investimenti previsti. Alla domanda relativa alle previsioni circa l’andamento del fatturato nell’intero 2020 rispetto all’anno precedente – nell’ipotesi che la situazione sanitaria non subisca in autunno ulteriori peggioramenti – la metà dei calzaturieri interpellati     ha indicato un calo compreso tra il -20 e il -50%.

Il Micam concluso l’altro ieri a Milano con una presenza di espositori dimezzata a 500 unità con 84 aziende marchigiane di cui 30 maceratesi,  come molti temevano non ha purtroppo dato indicazioni significative per via della prevista carenza di visitatori ad eccezione degli italiani e di alcuni europei.

Non molto diverse sono state le sorti delle altre due manifestazione concomitanti MIPEL per la pelletteria e “Lineapelle” per fondi e accessori calzature che ha visto complessivamente la presenza di altre 30 marchi regionali di cui la metà provenienti dalla provincia.

"Si è  confermata - si legge nella nota di Confindustria - , anche con questa esperienza,  la necessità di sviluppare urgentemente  ed in modo strutturale anche altri strumenti  che consentano alle imprese di  facilitare i contatti con la clientela,  come gli Show Room digitali e le piattaforme B2B e B2C , come già proposto con  il Micam Digital Show.

Se vogliamo sopravvivere e sviluppare le nostre imprese e il nostro made in Italy  diventa oggi urgente ed imprescindibile ricorrere alle opportunità che l’economia digitale ci sta proponendo già da alcuni anni.

Altri comparti manifatturieri stanno facendo passi da gigante in questa direzione, il nostro settore, per ragioni anagrafiche,   culturali e strutturali purtroppo stenta.

Dobbiamo vincere pigrizia e pregiudizi consapevoli che le reti digitali e internet, possono rendere più performanti le nostre organizzazioni, i processi produttivi e in moltissimi casi possono garantire e migliorare, o  anche sostituire,  il tradizionale approccio fisico con il cliente".

Chiara quindi la richiesta alle istituzioni: "E’ necessario avviare insieme un piano strutturato e condiviso  di rilancio del comparto calzaturiero  marchigiano". 

Confindustria Macerata, su impulso del nostro Presidente Domenico Guzzini, ha avviato un progetto teso a spingere sulla digitalizzazione delle nostre imprese attraverso processi di  affiancamento aziendale e con la recente costituzione proprio a Macerata di un Hub Digitale destinato a sostenere PMI e start-up.


"Non una lista di codici Ateco, ma l'elenco di chi deve vivere e chi morire".
E' duro il presidente di Confindustria Marche, Claudio Schiavoni, come tutti i colleghi delle altre regioni d'Italia, sulla chiusura imposta fino al prossimo 3 maggio.
“Ci saremo aspettati una riapertura graduale delle nostre aziende - dice - , e per questo abbiamo lottato con tutte le nostre forze, ma evidentemente chi ci governa non ha capito un concetto essenziale: l’azienda è ad oggi il luogo più sicuro dove stare. In questi giorni ho avuto modo di parlare con decine di colleghi imprenditori in tutta la regione e vi posso assicurare che tutti noi abbiamo messo in atto dei protocolli rigidissimi: utilizzo di dispositivi di protezioni individuali, distanziamento, turni di lavoro, ingressi alternati, sanificazione. Se queste misure garantiscono il contenimento del contagio nelle aziende che hanno un codice Ateco che rientra nella lista delle attività che possono continuare, qualcuno ci deve spiegare perché per le altre aziende questo non debba essere sufficiente! Questa non è una lista di codici Ateco: è una Schindler’s list, che decreta chi deve vivere e chi morire.
Il rischio di contrarre il virus è molto più basso nelle aziende che in tanti altri luoghi".

Una visione in controtendenza con quanto invece temono i lavoratori che, sebbene da un lato siano preoccupati per il futuro delle aziende dove lavorano, dall'altro hanno paura di portare il contagio dalle loro famiglie. Un timore che si era fatto grande quando le aziende non erano ancora state chiuse da Conte.

"Se continuiamo così - prosegue Schiavoni - tutte le misure messe in atto, a partire dai 400 miliardi in prestito che secondo loro dovrebbero risolvere tutti i nostri problemi, non serviranno assolutamente a nulla: le aziende chiuderanno o nella migliore delle ipotesi perderanno enormi quote di mercato e posti di lavoro a favore dei concorrenti esteri che hanno Governi più lungimiranti, che non hanno fermato il motore produttivo come sta succedendo nel nostro Paese. Ci sono settori, come quello della Moda, legato alla stagionalità dei prodotti, che perderanno un anno di lavoro: tutto il Made in Italy che si afferma di voler tutelare subirà un contaccolpo durissimo.
Se fermiamo le aziende - conclude - fermiamo il Paese". 

GS
Sei milioni e 900 mila euro. E' la cifra raccolta attraverso l'iniziativa di solidarietà promossa dal Comitato Sisma di Confindustria, Cgil, Cisl e Uil e presentata a Camerino nel corso di un workshop all'auditorium Benedetto  XIII
Cento per cento resilienza è la parola chiave che ha costituito la base di tutta l'operazione giunta a finanziare 130 progetti nelle quattro regioni del cratere, grazie alle donazioni ricevute dalla solidarietà diretta dei lavoratori e delle Imprese. Un programma che ha avuto per macrotemi la promozione del tessuto produttivo e delle occupazioni, il miglioramento della qualità della vita e la lotta dell'abbandono.  
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L'incontro camerte, occasione per fare il punto su come sono state impiegate le risorse raccolte e  i cui numeri sono stati sintetizzati nell'intervento conclusivo di  Davide Martina, rappresentante del Comitato Sisma: 62 per cento per la promozione della formazione e del tesuto produttivo e occupazionale, 38 per cento per il miglioramento della qualità della vita e contrasto all'abbondono dei territori. Nell'elaborazione finale dei dati tutti i progetti dal più piccolo, la stalla di Villa Cagnano, al più grande, il nuovo laboratorio per le indagini di chimica analitica e analisi chimico -fisica dell'Universitàdi Camerino. "Parola chiave è resilienza - ha detto- Martina- perchè sindaci, associazioni imprenditori, sindacati e lavoratori, sanno meglio di chiunque altro quali sono i bisogni di una comunità e di un territorio. Voi siete la dimostrazione che comunque il metodo resiliente paga e porta a dei risultati". Tra i risultati c'è appunto la creazione di un nuovo laboratorio di analisi chimiche i cui macchinari sono stati acquistati e già in uso all'università di Camerino, grazie all'iniziativa solidale e ai fondi raccolti dal Comitato Sisma costituito dalla rete sindacale. Nel corso dell'incontro si sono valutati, stato di avanzamento dei lavori, raggiungimento dei risultati, impatto dei programmi e obiettivi, nei rispettivi progetti sui quali si è investito130 in totale dei quali 40 riguardano la Regione Marche e che hanno prodotto 392 posti di lavoroGiunto a metà percorso, il programma triennale vede già completati 41 progetti. Nel corso della mattinata è stato possibile visionare i macchinari già in funzione presso il laboratorio di chimica dell'ateneo di Camerino, d'importanza fondamentale per le esigenze di formazione e specializzazione degli studenti e per innovazione  e ricerca delle imprese del territorio.
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Al Benedetto XIII si sono anche alternate le testimonianze di altri beneficiari dei progetti i cui programmi sono indirizzati alla valorizzazione delle eccellenze e delle tipicità locali o all'acquisto di forniture di beni e macchinari hi-tech per la creazione di nuove opportunità di mercato, o ancora che puntano a lavoro, formazione e specializzazione professionale dei lavoratori per favorire l'attrattività e l'innovazione dei territori. Presentati inoltre progetti destinati alle famiglie e alle comunità residenti nel cratere e volti al miglioramento dei servizi di assistenza ad anziani, minori e a supporto delle persone svantaggiate,come alla creazione di nuove opportunità e investimenti nei settori dell'ambiente e del turismo. 

" Grazie a questi investimenti e risorse che vengono dai lavoratori- ha detto il Rettore di Unicam Claudio Pettiinari- l'ateneo ha già potuto iniziare a dare risposte alle imprese del territorio. E' un primo step per essere competitivi domani perchè oltre alla ricostruzione c'è necessità di lavoro e sviluppo". 
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"L'impresa deve essere a fianco della ricerca - ha commentato Giovanni Brugnoli, vice presidente Confindustria per il Capitale Umano- perché la ricerca genera nuovi prodotti che vengono industrializzati, creano sviluppo e posti di lavoro. Motivo d'orgoglio essere stati a fianco dell'università di Camerino  per  i laboratori di chimica, lotto destinato proprio al rilancio delle imprese di questo territorio  gravemente colpito. Confindustria insieme alle categorie dei sindacati hanno voluto dare un messaggio di vicinanza  alla popolazione. Imprese e lavoratori hanno messo a disposizione un ingente cifra, investendo in nuovi laboratori che sono il fiore all'occhiello dell'università e che,  grazie alla ricerca di nuovi prodotti, saranno i fiori all'occhiello della nostra industria italiana". 
"Al centro di questa giornata- ha aggiunto Andrea Cuccelo di Cisl- c'è il valore della bilateralità. A favore di questi territori feriti, nel giro di pochi giorni abbiamo raccolto una cifra molto importante trasformandola in progetti di ricostruzione  dei tessuti industriale, artigianale e sociale, elementi fondamentali per la ripartenza. Poi qui c'è un problema molto serio di denatalità e spopolamento ma, con le grandi città sempre più difficili da vivere e con il peggioramento dei servizi, questi luoghi possono diventare molto attrattivi  e lo possiamo fare attraverso progetti seri e concreti insieme all'università e all'apporto che può dare in termini di innovazione. Qui c'è tutto per fare in modo che luoghi come questo possano ritornare ad essere centro di vita essenziale per un Paese come il nostro che vuole progredire".  
Giornata positiva e piena di spunti per guardare in avanti anche secondo Nino Baseotto di Cgil: "Abbiamo avviato questi progetti che sono tanti, in un rapporto stretto col sistema delle imprese, i territori colpiti e il sistema delle autonomie locali. Ci siamo dati tre anni di lavoro e giungeremo a completamento a giugno 2021. Oggi siamo a metà dell'opera e ci dichiariamo soddisfatti per quello che stiamo facendo, perché i progetti si sono avviati e alcuni si sono già conclusi. Possiamo dimostrare a tutti  grande trasparenza nella gestione, grande rispetto delle regole e grande efficacia dal punto di vista della creazione e salvaguardia del lavoro che rischiava di non esserci più. Ci sono 400 posti di lavoro in più e calcoliamo in circa duemila i posti  di lavoro consolidati.  Quello che non ci fa essere completamente contenti è constatare come il  ritardo e la deficienza assoluta  negli interventi che altri avrebbero potuto fare per accelerare il processo di ricostruzione che per questi territori si imponeva. I governi precedenti ci hanno riempito di parole. Noi a questo governo chiediamo poche parole ma molti fatti".
cc

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