Nella giornata di ieri Fabriano è scesa in strada per contestare la vertenza che porterà alla delocalizzazione di Elica. Tre ore di “maxisciopero”, con i lavoratori del distretto elettrodomestici che si sono astenuti dal lavoro, occupando la strada statale che da Ancona porta in città. Erano quasi in mille, non solo cittadini e lavoratori, ma anche esponenti della politica locale e regionale, con la seduta del consiglio regionale appositamente rinviata per prendere parte alla manifestazione. I vertici dell’azienda insistono sulla inderogabilità della vertenza, e la politica fa quadrato intorno al tema, superando gli schieramenti ideologici.

Simona Lupini, consigliera regionale del Movimento 5Stelle e già parte dell’amministrazione comunale fabrianese, ha rimarcato l’importanza di un segnale così forte dalla politica, ma sottolinea come il futuro delle aree interne e dei loro distretti produttivi debba passare necessariamente da un cambio di marcia nella gestione delle crisi: “Non più rincorrere le emergenze, ma anticiparle – ha detto –. Il nostro territorio ha ancora delle eccellenze, e le misure a contrasto della delocalizzazione non devono più essere così tardive e dai connotati tipici dell’assistenzialismo. Dovremo essere capaci di anticipare queste situazioni emergenziali: in questo senso ci siamo attivati con la viceministra del MISE, Alessandra Todde. Dall’azienda abbiamo incontrato però un atteggiamento di chiusura: diventa davvero difficile così trovare una mediazione”.

“Le delocalizzazioni spesso ci trovano impreparati, ci mettono nella condizione di dover rincorrere le emergenze sociali ed economiche che le seguono – ha proseguito Lupini –. La politica ieri ha saputo dare il segnale di unità necessario nell’affrontare questi momenti. L’imperativo deve essere quello di saper rendere nuovamente attrattive le nostre zone per gli imprenditori. La nostra Regione ha ancora un know how importante da valorizzare: dobbiamo saperlo incentivare. Per farlo è necessario avere un’intesa politica in asse con il Governo , metterci intorno a un tavolo – lo abbiamo proposto anche in Regione – per creare una nuova filiera che ridia slancio a questi distretti. Con l’Onorevole Terzoni abbiamo richiesto anche delle agevolazioni tipiche delle aree del sud – conclude la consigliera –: le Marche sono in transizione, vanno trattate con la massima attenzione e devono poter avere a disposizione strumenti di gestione delle crisi adeguati alle problematiche oggi in atto”.

l.c.
Istituire una Zona Economica Speciale per risolvere le problematiche nate a seguito della vertenza Elica. È questa la proposta avanzata tra i banchi della maggioranza nell’ultimo consiglio comunale della città di Jesi. L’assise si è anche espressa favorevolmente sull’intenzione di interagire con il Comune di Fabriano, affiancando l’amministrazione Santarelli al tavolo permanente istituito a seguito della crisi che ha colpito le industrie del settore bianco, distintive del fabrianese, e di favorire il dialogo tra i vertici aziendali e le istituzioni.

Il dialogo è anche la direzione indicata dal viceministro Todde, ma nonostante questo le posizioni tra le due parti continuano a essere distanti: i vertici Elica sottolineano la necessità assoluta di rispettare il piano industriale che prevede la riduzione dei volumi produttivi per più dei due terzi (da 1 milione e 400 mila a meno di 400 mila), la chiusura di alcuni reparti a Mergo e la chiusura dello stabilimento di Cerreto d’Esi, con la successiva delocalizzazione delle linee produttive in Polonia. Le motivazioni sarebbero riconducibili alla salvaguardia della capacità competitiva e al superamento della crisi che da anni investe il settore. Decisamente contrario il punto del Movimento 5Stelle Marche, con la consigliera Simona Lupini che già nelle scorse settimane aveva sottolineato come fosse impensabile sacrificare la comunità fabrianese e limitrofa in nome dei profitti per gli azionisti.

La posizione a Fabriano, espressa dal sindaco Gabriele Santarelli, è allineata a quella della consigliera Lupini. Restano però delle perplessità legate alla fattiva utilità dell’istituzione della ZES: secondo Santarelli le strategie di contrasto alla crisi economica che ha investito il distretto in esame devono inquadrarsi in una logica di prevenzione e di incentivo per le aziende, mentre i provvedimenti attivati, o che lo saranno in queste settimane, sono tardivi: “La situazione del caso Elica è in stallo: i vertici dell’azienda hanno ribadito al Ministero l’intenzione di procedere con il piano senza lasciare spazio al dialogo, se non per la questione del sostegno alle persone che perderanno il posto. Il tavolo d’incontro ha decisamente rigettato questa posizione. La proposta arrivata da Jesi sarà senz’altro oggetto di discussione – ha commentato Santarelli –, e dobbiamo, vista l’attenzione mediatica che il caso ha suscitato, iniziare a ragionare sulle strategie da mettere in atto in appoggio alle aziende che operano sul territorio e che hanno intenzione di restarci e di continuare a investire. È molto più probabile avere successo agendo in questa direzione, piuttosto che tentare di fermare un piano su cui Elica sembra non avere alcuna intenzione di fare dietrofront e che per altro è già stato avviato. Purtroppo questo non sembra un provvedimento che possa avere margini di discussione: va bene tentare un dialogo, così come fatto per altre situazioni simili in passato, ma il modus operandi in futuro dovrà essere quello di sollecitare Ministero e Regione, due organi che hanno la capacità finanziaria di fare opposizione a questi processi, per far sì che possano intervenire per sostenere le aziende e prevenire queste logiche di delocalizzazione. Un’altra proposta al tavolo – conclude il sindaco di Fabriano – è stata quella di incentivare le aziende a investire sul territorio e creare una filiera: la componentistica viene spesso acquistata all’estero, sarebbe invece opportuno creare un distretto che sappia esaudire tutte le esigenze del comparto. Chiediamo di essere ascoltati e di agire con progettualità piuttosto che trovarsi a dover ragionare sulle crisi”.

l.c.
Vertenza Elica: il piano strategico dello scorso 31 marzo ha previsto 409 esuberi su 560 dipendenti totali del comprensorio, la chiusura dello stabilimento a Cerreto D'Esi e delocalizzazione del 70% delle produzioni effettuate oggi nelle sedi di Fabriano, Cerreto e Mergo. Una situazione drammatica, in un territorio già contraddistinto da un alto tasso di disoccupazione.

Anche l’Arcivescovo Francesco Massara ha lanciato il suo appello alle istituzioni e alla proprietà dell'azienda: “Sono giorni di dramma individuale e collettivo quelli che stiamo vivendo nella diocesi di Fabriano e Matelica. All’ ‘Elica’, una delle principali aziende di un territorio già ad elevato tasso di disoccupazione, sono stati annunciati oltre quattrocento esuberi. Una voragine sociale minaccia il futuro anche dei lavoratori dell’indotto spingendo verso il fallimento un’intera filiera. Sono le ditte del comparto delle cappe aspiranti che tradizionalmente sono un punto di forza del nostro storico distretto dell’elettrodomestico. Un patrimonio di talenti professionali e capacità organizzative che non può essere disperso.  Tutto ciò richiede un intervento deciso e tempestivo delle istituzioni – prosegue Mons. Massara –. A livello sia regionale che nazionale. Dietro i numeri angoscianti degli annunciati licenziamenti ci sono persone e famiglie che soffrono e la Chiesa non farà mancare loro vicinanza e sostegno. La gravità del momento richiede alla proprietà dell’Elica profonda riflessione su una decisione così deflagrante. I responsabili istituzionali sono tenuti a prestare la massima attenzione per programmare subito la ripresa di un’area da un decennio al centro di devastanti processi di deindustrializzazione e delocalizzazione delle attività produttive. Non c’è tempo da perdere. Il 2021 è stato consacrato da papa Francesco a San Giuseppe per mettere i lavoratori e le famiglie sotto la protezione del patrono universale della Chiesa. In un recentissimo passato – continua l’appello – i dipendenti che ora vedono in pericolo la propria occupazione hanno dato prova di senso di responsabilità e di solidarietà approvando accordi sindacali sulla riduzione dell’orario di lavoro e dello stipendio pur di evitare il licenziamento di una parte dei loro colleghi. Hanno poi ascoltato progetti di rilancio dell’impresa quando gli ammortizzatori sociali sembravano una boccata d’ossigeno in vista di una riorganizzazione aziendale che non lasciava certo presagire questa prospettata riduzione di oltre il 90% della forza lavoro. Un fulmine a ciel sereno. Un macigno sulle spalle di tanti. Nei prossimi giorni è prevista l’apertura di un tavolo di crisi alla Regione Marche e il nostro auspicio è che un’analoga iniziativa venga adottata al più presto anche al ministero per Sviluppo economico. A tutti i livelli, infatti,  vanno intraprese procedure di confronto tra le parti sociali per salvaguardare la dignità dei lavoratori e la continuità della produzione. Per scongiurare la chiusura degli stabilimenti nel nostro territorio, esorto tutti i deputati e senatori marchigiani, di ogni schieramento, a dar vita a una sinergia positiva e una costruttiva convergenza di intenti. Una significativa prova di unità sarebbe, ad esempio, quella di sollecitare a intervenire il governo attraverso un’interpellanza parlamentare trasversale. Ad essere in discussione è la tenuta del sistema economico e sociale dell’intero territorio, perciò invito le istituzioni a mobilitarsi fattualmente per accompagnare lo sviluppo di questa grave situazione verso una soluzione positiva. Diventa più povera e più debole una società che non si fa carico di lavoratori e famiglie che non chiedono assistenza né elemosina bensì un’azione concordata per superare una condizione collettiva di difficoltà.  Ho ascoltato il dolore di questi fratelli e sorelle  attraverso le loro dirette testimonianze. La Diocesi farà la sua parte – conclude l’Arcivescovo – per andare incontro alle necessità di chi non può essere lasciato andare alla deriva. L’impegno comune deve però essere quello di offrire congiuntamente un contributo concreto alla proiezione futura di un comparto nel quale al “saper fare” va riconosciuto un valore sociale e morale superiore alle miopi operazioni di tornaconto finanziario di breve respiro”.

Con l’appoggio della Regione Marche, è partita la campagna di crowdfunding “Cinema e teatro uniti per un corto in tempo di crisi”: una raccolta fondi che finanzierà la produzione del cortometraggio “Autoritratto con Arma” di Giovanni Ortoleva e ideato dal produttore Stefano Mutolo e dalla sua Berta Film.

Un lavoro girato interamente nelle campagne settempedane, che racconta la crisi di una generazione alla ricerca della sua identità. La storia, la cui sceneggiatura porta le firme di Ortoleva e di Bartolomeo Pampaloni, vede il giovanissimo protagonista portato a forza dal padre ad una battuta di caccia, durante la quale gli si presenterà l’occasione di ribellarsi, aiutato da una natura complice nel suo processo di autodeterminazione.

Con la produzione esecutiva di Damiano Giacomelli, di YUK! Film, in collaborazione con l’Associazione Noa Noa, il lavoro ha l’intento di unire due settori, quello del cinema e quello del teatro, profondamente toccati dalla crisi pandemica e promuove una sinergia tra i due mondi della recitazione.

Nel farlo, Stefano Mutolo celebra il territorio in cui è cresciuto: “Il corto sarà interamente girato nei boschi delle montagne maceratesi e poi inviato ai maggiori festival internazionali. Grazie alla Regione Marche abbiamo avuto la possibilità di credere nel cinema, oggi più che mai, in un momento storico in cui il cinema è in crisi”.

Dopo aver vinto il bando della Regione Marche per l’audiovisivo la produzione lancia un appello per sostenere il lavoro: la campagna di crowdfunding disponibile all’indirizzo: bit.ly/3eskm2D .

Maria Cicconi

 
Il Coronavirus non risparmia neanche il settore agroalimentare: lo fa sapere Coldiretti Marche. I dati sull’export del settore agroalimentare regionale sono infatti in controtendenza rispetto al dato positivo nazionale. Se il Made in Italy fa segnare un +1,9%, le Marche subiscono una battuta d’arresto. Un volume di affari considerevole, 410 milioni di euro, ma in calo, secondo lo studio di Coldiretti Marche su base Istat, di 12,6 milioni di euro, il 3%, rispetto al 2019. Una battuta d’arresto dopo tre anni di crescita: l’ultimo segno meno risaliva infatti al 2017, l'anno del post terremoto.

Pesano le difficoltà negli scambi commerciali e il lockdown, che ha colpito in particolar modo il settore ristorazione, principale mercato di sbocco del vino marchigiano. Il settore enologico ha perso infatti quasi 9 milioni (-14,5%), male anche l’olio EVO (-26%) e l’ortofrutta lavorato e conservato (-3,7%).

La Presidente di Coldiretti Marche, Maria Letizia Gardoni, ha commentato: “La nostra regione è culla di eccellenze agroalimentari e oltre alla pandemia è spesso penalizzata rispetto agli altri territori dalla poca visibilità, senza contare i ritardi infrastrutturali che si traducono in perdita di redditività per le aziende. Per far tornare la crescita del Made in Marche occorre anche agire su questi ritardi e sbloccare le opere per collegare meglio la nostra regione con il resto del mondo. Questo è uno dei punti più importanti che abbiamo chiesto al nuovo governo regionale per colmare il divario con le altre regioni e dare sostegno alle aziende già provate dalla crisi, poi dal terremoto e ora dal Covid”.

l.c.
Decreto ‘Ristori’: “La Lega è l’unica a presentare emendamenti per estendere la decontribuzione alle aree del cratere e a quelle di crisi industriale complessa”. Lo afferma l’Onorevole Tullio Patassini, al termine di venti giorni di fuoco in Commissione Bilancio.

“Abbiamo provato in tutti i modi a inserire anche le aree del cratere del Centro Italia nella norma della decontribuzione al sud – prosegue Patassini –, una norma che prevede lo sconto del 30% dei contributi previdenziali a carico delle imprese. Una misura importante, che avrebbe abbattuto il costo del lavoro e sarebbe stata un volano importante per far ripartire la nostra economia: purtroppo questa apertura non c'è stata. Nonostante i numerosi emendamenti presentati, nonostante la nostra pressante attività nei confronti del Governo. Chi, in questo momento, dice sulla stampa che è stata ampliata decontribuzione al sud non dice la verità: purtroppo le nostre imprese ancora dovranno pagare i contributi pieni. Questo è comunque solo l’inizio: continueremo col Decreto ‘Milleproroghe’ e il Decreto ‘Ristori’ a inserire questa norma che noi crediamo sia fondamentale per far ripartire lo sviluppo industriale e quindi lavorativo dei nostri territori”.

red.
Le ripercussione dell’emergenza sanitaria sul comparto moda - calzature e sull’economia del territorio e la necessità si investire nel digitale per sopravvivere alle crisi.
Questo il tema al centro dell'incontro che si è svolto questa mattina in Confindustria con i rappresentati dei settori.

Negli ultimi 6 mesi, senza precedenti è stata la contrazione dei valori produttivi e del fatturato stimato  a – 35%, con la decisa e  analoga flessione sul fronte dei consumi interni e dell’export

La spesa delle famiglie è scesa del -30%, nonostante l’impennata degli acquisti online (+42%) dovuta alla chiusura dei negozi durante il lockdown.

Nelle Marche si sono perse nell’ultimo semestre 63 aziende dell’area Calzature-pelletterie e nello stesso periodo si è registrato un incremento della Cassa integrazione pari a +412% (da notare che la  Toscana ha raggiunto + 3080%)

La ripartenza, dopo l’allentamento delle misure restrittive, procede con molta  fatica: gli acquisti degli Italiani restano in frenata (-29% in quantità a maggio e -7% a giugno) e l’export, dopo il crollo del bimestre marzo-aprile (-50%), ha fatto segnare un -27% in volume nei due mesi successivi.

Le aspettative per la seconda parte dell’anno – stante anche la risalita dei contagi in molti Paesi in cui sembrava che la diffusione del virus stesse progressivamente scemando, – non possono che essere improntate all’incertezza e alla cautela,  si teme che saranno ancora molto lunghi i tempi per il ritorno a livelli di attività “normali”.

Da un’indagine di Confindustria Moda si rileva che quasi tre aziende su quattro (73,5%) hanno dovuto rivedere, a causa della pandemia, il piano degli investimenti previsti. Alla domanda relativa alle previsioni circa l’andamento del fatturato nell’intero 2020 rispetto all’anno precedente – nell’ipotesi che la situazione sanitaria non subisca in autunno ulteriori peggioramenti – la metà dei calzaturieri interpellati     ha indicato un calo compreso tra il -20 e il -50%.

Il Micam concluso l’altro ieri a Milano con una presenza di espositori dimezzata a 500 unità con 84 aziende marchigiane di cui 30 maceratesi,  come molti temevano non ha purtroppo dato indicazioni significative per via della prevista carenza di visitatori ad eccezione degli italiani e di alcuni europei.

Non molto diverse sono state le sorti delle altre due manifestazione concomitanti MIPEL per la pelletteria e “Lineapelle” per fondi e accessori calzature che ha visto complessivamente la presenza di altre 30 marchi regionali di cui la metà provenienti dalla provincia.

"Si è  confermata - si legge nella nota di Confindustria - , anche con questa esperienza,  la necessità di sviluppare urgentemente  ed in modo strutturale anche altri strumenti  che consentano alle imprese di  facilitare i contatti con la clientela,  come gli Show Room digitali e le piattaforme B2B e B2C , come già proposto con  il Micam Digital Show.

Se vogliamo sopravvivere e sviluppare le nostre imprese e il nostro made in Italy  diventa oggi urgente ed imprescindibile ricorrere alle opportunità che l’economia digitale ci sta proponendo già da alcuni anni.

Altri comparti manifatturieri stanno facendo passi da gigante in questa direzione, il nostro settore, per ragioni anagrafiche,   culturali e strutturali purtroppo stenta.

Dobbiamo vincere pigrizia e pregiudizi consapevoli che le reti digitali e internet, possono rendere più performanti le nostre organizzazioni, i processi produttivi e in moltissimi casi possono garantire e migliorare, o  anche sostituire,  il tradizionale approccio fisico con il cliente".

Chiara quindi la richiesta alle istituzioni: "E’ necessario avviare insieme un piano strutturato e condiviso  di rilancio del comparto calzaturiero  marchigiano". 

Confindustria Macerata, su impulso del nostro Presidente Domenico Guzzini, ha avviato un progetto teso a spingere sulla digitalizzazione delle nostre imprese attraverso processi di  affiancamento aziendale e con la recente costituzione proprio a Macerata di un Hub Digitale destinato a sostenere PMI e start-up.


Non è una situazione particolarmente negativa ma nemmeno del tutto rosea quella di Tolentino. Qualcuno, come Umberto Pietroni di Confindustria Macerata, l’ha definita un’isola felice mentre secondo qualcun altro, come Marco Isabettini ritiene che per Tolentino l’area di crisi complessa Fermo e Macerata possa essere un’opportunità.

Di impresa e lavoro si è parlato ieri sera a Tolentino, a Palazzo San Gallo, in uno degli incontri organizzati da Tolentino Popolare. Folta la partecipazione e interessanti gli spunti di riflessione emersi, dai dati alle idee che potrebbero aiutare la città ad una crescita. 

“Ci tenevamo molto ad avere una fotografia della situazione - commenta Alessandro Massi - e abbiamo capito che è un po’ stagnante. È innegabile che il lavoro è il futuro di questo territorio e se c’è lavoro, investimenti di imprese, ci sarà anche sviluppo. Sono emersi dati positivi, come la ripresa della pelletteria, della domanda di lavoro, ma al tempo stesso ci sono stati dei campanelli di allarme. C’è stato l’appello alla formazione, a investire nella scuola perché da qui a breve ci sarà tanta domanda di lavoro che rimarrà inevasa dal momento che mancheranno le figure professionali”.

La serata è servita per prendere coscienza su ciò che va migliorato. Si è parlato di rete di imprese, giacché il concetto di “piccolo è bello” non sta più portando crescita a chi è rimasto legato a quel modello. “La politica deve essere motore di aggregazione, dare risposte e essere uno spazio di condivisione per quelle imprese che da sole non riescono ad accedere ai fondi, ad esempio. Da qui insomma si può partire per un nuovo modello di sviluppo economico”. L’attività di Tolentino Popolare, dopo il primo incontro sulla cultura con Vittorio Sgarbi e l’onorevole Andrea Cangini e dopo la serata di ieri, non si ferma. A breve, col nuovo anno, si parlerà di giornalismo, fake news, odio, e probabilmente sarà affrontato anche il tema del giornalismo di inchiesta: “Stiamo contattando vari personaggi e ci sono anche altre tematiche da affrontare come quello del commercio. A Tolentino - conclude Massi - purtroppo ci sono difficoltà di negozianti. Da qui al 31 dicembre chiuderanno ben quattro attività nel centro storico. E in ultimo il grande tema della scuola, non solo come strutture ma come concetto di istruzione”.




(Approfondimento sul prossimo numero de L’Appennino Camerte)




Gaia Gennaretti


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