"Che tipo di ricostruzione vogliamo fare? Dove vogliamo andare? Vogliamo fare solo una ricostruzione strutturale, o vogliamo ricostruire il terrritorio nella sua interezza?" Questi gli interrogativi che hanno introdotto l'intervento di Mons. Francesco Massara a conclusione del convegno nazionale Anci di ieri a Camerino, occasione di un bilancio tra i 130 sindaci del cratere sulle cose che funzionano e sugli ostacoli che ancora si frappongono alla partenza spedita della ricostruzione.

"Non basta ricostruire solo le case - è tornato a ripetere l'Arcivescovo Massara -. Se la ricostruzione strutturale non viene accompagnata da un sostegno alle attività produttive e da una ricostruzione del tessuto sociale rischiamo di vederne il fallimento. Avremo solo case e chiese vuote che nessuno vivrà. E questi aspetti debbono pertanto essere portati avanti insieme - ha sollecitato -, altrimenti rischiamo di curare un unico aspetto della ricostruzione e questo territorio intanto rischia di morire. La verità è che ogni giorno la nostra gente non ne può più. Non ne può più di aspettare. Il Commissario Legnini ci ha dato sicuramente gli strumenti per poter vedere finalmente la ricostruzione ma io - ha evidenziato Massara - credo che sia già ingolfata in partenza. Il Commissario più di fornirci tutte le ordinanze che vogliamo, altro non può fare, ma poi ci ritroviamo a fare i conti con i progettisti che non fanno i progetti, la Sovrintendenza che non ci dà le risposte, l'USR sommerso di pratiche, le ditte che non si trovano, il caro prezzi dei materiali e le macerie che non si sa dove portare. Ed è così che tutta una serie di problematiche e tutte le ordinanze che il Commissario ha fatto finiscono nel collo di un imbuto". 

Parole realistiche quelle del presule, quotidianamente a contatto con i tanti Comuni dell'arcidiocesi e con una moltitudine di persone alle prese con una situazione di sofferenza che si protrae purtoppo da 5 anni. Da qui la proposta di una cabina di regia che coordini il tutto, perchè "procedere per risoluzione di problemi di settore, non approderebbe ai risultati sperati. Risolveremmo altrimenti un solo problema, ingolfandoci su tutto il resto e non riuscendo a dare quelle risposte che ognuno di noi deve dare, perchè la storia la facciamo noi tutti insieme".

Incisiva la chiusura, nel puntualizzare che "la prima ricostruzione è quella sociale - ha detto Massara -. I dati assolutamente negativi di 24 suicidi in 4 anni e dell'aumento esponenziale nel consumo di farmaci ansiolitici parlano da soli. Ognuno di noi è responsabile anche del nostro futuro. Questo non è un territorio spettrale ma i nostri ragazzi hanno necessità di vedere riconosciuto il diritto ad avere una prospettiva in queste zone. Ai sindaci, che ringrazio per il loro lavoro prezioso, insieme alle infrastrutture e ai servizi, chiedo di fare dei centri di aggregazione perchè i nostri ragazzi hanno bisogno di punti d'incontro. La ricostruzione la facciamo ricostruendo la persona".

Carla Campetella
Il Pomarancio è tornato a casa. Dopo 210 anni, il capolavoro del pittore Cristoforo Roncalli ,“La Beata Vergine Maria col Bambino e i Santi Rocco e Severino”, orna di nuovo, da oggi, la chiesa di San Rocco a San Severino, luogo che l’aveva ospitato fino al 1811.

Fu durante i lavori di ristrutturazione della chiesa, dopo il terremoto del 1997, che Giampiero Calcaterra, architetto di Tolentino, venne a conoscenza dell’opera. La cornice originale era ancora a San Severino, mentre la tela era finita a Osnago, nel milanese. In molti hanno lavorato a questo ritorno, che oggi è diventato realtà. Un percorso voluto dal Comune, insieme all’Arcidiocesi, alla Soprintendenza delle Marche e alla Pinacoteca di Brera che si chiude dopo quasi 25 anni.

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All’arrivo della tela, riconsegnata dalla Pinacoteca di Brera, moltissime autorità, tra cui anche l’Arcivescovo Francesco Massara e il Cardinale Edoardo Menichelli. Il sindaco della città di San Severino, Rosa Piermattei, ha commentato l’evento con grande soddisfazione, ringraziando tutte le parti che hanno contribuito al ritorno dell'opera: “Il Comune, insieme all’Arcidiocesi, alla Soprintendenza delle Marche e alla Pinacoteca di Brera, ha lavorato per anni permettendo così che si realizzasse il sogno di riavere la tela nel luogo che originariamente la ospitava: si riempie un vuoto che sentivamo dal lontano 1811, da quando le truppe napoleoniche privarono la nostra comunità di questo capolavoro di inestimabile valore. Una vera meraviglia dell’arte torna in città per arricchire il nostro patrimonio artistico e culturale. Vorrei ringraziare il dottor Giuseppe Moretti, l’architetto Giampiero Calcaterra e tutti coloro abbiano contribuito a far sì che la tela tornasse a casa”.

l.c.

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