Torna lo spot Cei sul sostegno alla missione dei preti diocesani. Al via a novembre la campagna 2021 declinata su tv, web e stampa. 
Una partecipazione, quella delle offerte deducibili, che ci rende “Uniti nel dono”: questo il messaggio al centro della nuova campagna #DONAREVALEQUANTOFARE della CEI, che intende sensibilizzare i fedeli alla corresponsabilità economica verso la missione dei sacerdoti e si sofferma sul valore della donazione, un gesto concreto nei confronti della propria comunità.

Le storie raccontate nella campagna pubblicitaria sono un giro per l’Italia delle città metropolitane, ma anche in quella dei piccoli centri. L’opera di Don Davide Milanesi in un quartiere nella periferia meridionale di Milano, ma anche quella di altri come Don Massimo Cabua, che in Sardegna, a San Gavino Monreale, è in prima linea nell’organizzazione di iniziative tra cui la “Spesa Sospesa” a sostegno di una collettività stremata dall’emergenza Coronavirus, quella Don Fabio Fasciani, guida della parrocchia dei Santi Fabiano e Venanzio, nel quartiere Tuscolano a Roma, che dall’inizio della pandemia ha fatto un vero e proprio salto di qualità nell’assistenza alle povertà, prendendosi cura delle persone in difficoltà o anche quella di Don Luigi Lodesani, parroco, tra le altre comunità, anche di Borzano di Albinea, in provincia di Reggio Emilia, dove un paese intero collabora ad un progetto educativo per le nuove generazioni.

Nella nostra Diocesi abbiamo intervistato il parroco don Marco Gentilucci che ci ha raccontato la sua storia.

don Marco Gentilucci

Dove ti trovavi quando è avvenuta la scossa del 30 ottobre 2016?
Mi trovavo a casa di una famiglia di amici che mi ospitavano dopo le scosse del 26 ottobre. La mia casa era già inagibile e la loro casa da qual giorno è divenuta un “posto sicuro” dove vivere.
Quando ti sono arrivate le prime notizie? E quali sono stati i tuoi primi pensieri?
Immediatamente mi sono reso conto della gravità della situazione, non avevo mai sentito un terremoto così forte e, sapendo la situazione critica di tante case, ho iniziato a temere il peggio. Dal paese, da più punti, salivano colonne di fumo denso segno della devastazione. Il primo pensiero è stato per le persone care della mia famiglia, le urla della gente e le sirene dei soccorsi facevano crescere l’angoscia. Tutti e stavano bene, poi di corsa sono andato a vedere la chiesa, fuori si mostrava ferita ma non crollata: un piccolo conforto davanti a tanta paura.
A distanza di 5 anni com’è la situazione ora? Di cosa si sente di più la mancanza?
Oggi la situazione a Camerino è certamente differente da quei primi momenti, la ricostruzione mostra i primi visibili passi anche se moltissimo bisogna ancora fare: troppe case rimangono inagibili e purtroppo oggi la nostra città appare ancora deserta, guardandola di notte solo le luci ci ricordano la vita di un tempo.
Resta il bisogno di luoghi di incontro e di aggregazione, le distanze, accentuate dall’emergenza pandemica, rischiano di disgregare in modo permanente la comunità.
Perdere la casa e perdere la chiesa è come non avere più un riferimento. Il pensiero forte è stato per i nostri giovani che a più riprese chiedevano “Dove ci incontriamo? o “che cosa facciamo adesso?”, l’impegno di questi anni è stato quello quello di farli stare insieme, di creare occasioni per “uscire” da una quotidianità pesante, cercare ogni giorno di riprendersi un pezzettino di normalità.
In che modo Dio entra in questa esperienza?
Dare speranza significa stare accanto a chi soffre e a chi ha perso tutto. Il terremoto in questo è stato assolutamente democratico, non ha fatto distinzione tra il ricco e il povero, tra il laureato e la persona più umile, tra chi amministra e chi serve, siamo tutti sulla stessa barca: proprio questa uguaglianza ci permette di condividere la vita. Da prete ricordo a tutti continuamente che Dio non ci ha abbandonato, che Dio condivide la nostra sofferenza e che ci è accanto oggi come nei momenti belli. È accogliendo la sua presenza che possiamo trovare la forza per guardare oltre.
Chi vi ha aiutato e vi sta ancora aiutando?
Quella che non è mancata è stata la solidarietà e la vicinanza di tanti. Nei campi di accoglienza e anche nelle strutture della costa, nei primissimi momenti dell’emergenza, tantissimi volontari della Caritas, della Protezione Civile, della CRI e degli Scout ci sono stati accanto. La Chiesa con importanti donazioni ci ha permesso di realizzare opere che altrimenti non avremmo potuto fare. Tante donazioni e tanti benefattori, su tutti la Fondazione Arvedi-Buschini di Cremona che ha permesso la realizzazione della nuova scuola dell’infanzia parrocchiale e soprattutto la riapertura della basilica di San Venanzio. Abbiamo toccato con mano il gran cuore della gente del nostro paese, in questo realmente non ci siamo mai sentiti soli.

Quelli che la domenica
Uno dei protagonisti della video-maratona che recentemente Tv2000 ha dedicato alle offerte per i sacerdoti, è stato Giovanni Scifoni, attore, scrittore e regista ma soprattutto volto noto e molto amato del panorama televisivo italiano. In una breve testimonianza (https://www.unitineldono.it/le-storie/giovanni-scifoni-quel-prete-che-ha-salvato-il-mio-matrimonio/?utm_source=fisc&utm_medium=publiredazionale&utm_campaign=novembre&utm_term=&utm_content=quellicheladomenica) girata per l’occasione, Scifoni ha raccontato da par suo per quale motivo ritiene giusto sostenere in ogni modo i sacerdoti e il loro ministero.
 
Foto opinion leader Scifoni

“Ho conosciuto tantissimi sacerdoti – ha detto – e quello che io sono oggi lo devo sicuramente anche a loro. Un sacerdote, ad esempio, ha salvato il mio matrimonio. Un altro ha salvato mia moglie in un momento disperato della sua vita. Un altro sacerdote mi ha preso per i capelli e mi ha fatto tornare nella chiesa, in un momento in cui avevo deciso di abbandonarla e andare via. E poi ce ne sono alcuni che mi hanno reso un artista migliore, perché io copio dal loro modo di esprimersi e comunicare, anche delle cose che faccio sul palco”.
“C’è un dono, però – ha concluso l’attore – per cui mi sento particolarmente grato nei confronti dei sacerdoti, ed è quello della domenica. Posso avere una settimana orribile, ma io so sempre che la domenica c’è qualcosa per me. So che mi siederò su quella panca, su quella sedia o su quello sgabello, non importa dove, e comunque riceverò una parola, un’omelia, l’Eucarestia. Gratis. Questo è impagabile”.
“Allora... – l’appello finale lanciato da Scifoni – facciamo tutto quello che serve perché il maggior numero possibile di persone possa avere ciò che desidera e cerca più profondamente. Sosteniamo i sacerdoti. https://www.unitineldono.it/sostienici/?utm_source=fisc&utm_medium=publiredazionale&utm_campaign=novembre&utm_term=&utm_content=quellicheladomenica


“Ci sono posti che non appartengono a nessuno perché sono di tutti”: ancora i valori dell’unione e della condivisione, quelli al centro dei messaggi della campagna.
L’opera dei sacerdoti è infatti resa possibile anche grazie alle Offerte per i sacerdoti, diverse da tutte le altre forme di contributo a favore della Chiesa cattolica, perché espressamente destinate al sostentamento dei preti diocesani. Dal proprio parroco al più lontano. Ogni fedele è chiamato a parteciparvi. L’Offerta è nata come strumento per dare alle comunità più piccole gli stessi mezzi di quelle più popolose, nel quadro della ‘Chiesa-comunione’ delineata dal Concilio Vaticano II.
Le donazioni vanno ad integrare la quota destinata alla remunerazione del parroco proveniente dalla raccolta dell’obolo in chiesa. Ogni curato infatti può trattenere dalla cassa parrocchiale una piccola cifra (quota capitaria) per il suo sostentamento, pari a circa 7 centesimi al mese per abitante. In questo modo, nella maggior parte delle parrocchie italiane, che contano meno di 5 mila abitanti, ai parroci mancherebbe il necessario. Le offerte raggiungono circa 33.000 sacerdoti al servizio delle 227 diocesi italiane e, tra questi, anche 300 sacerdoti diocesani impegnati in missioni nei Paesi del Terzo Mondo e 3.000 sacerdoti, ormai anziani o malati, dopo una vita spesa al servizio agli altri e del Vangelo.
L’importo complessivo delle offerte nel 2020 si è attestato sopra gli 8,7 milioni di euro rispetto ai 7,8 milioni del 2019. È una cifra ancora lontana dal fabbisogno complessivo annuo necessario a garantire a tutti i sacerdoti una remunerazione pari a circa mille euro mensili per 12 mesi.


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Che esista una giornata per celebrare la donna evidenzia ancor di più la differenza tra i generi.
È vero che l'8 marzo si ricordano i diritti, ma questa data testimonia che nel tempo sia stato necessario l'impegno di molti per conquistarli.
Il percorso che ha portato le donne ad ottenerli, continuando l'impegno per raggiungerne sempre di più affinchè non ci sia la necessità di chiedere "la parità" ma che questa esista a prescindere, emerge dalle pagine dei cento anni del settimanale L'Appennino Camerte.

La ricerca in archivio iniziata dalla redazione per confezionare le pagine della raccolta del centenario offre tanti spunti sui cambiamenti della società dal 1921 ad oggi.
In particolare, per questa giornata, proponiamo un articolo pubblicato nel 1922 dal titolo: “Alle donne” a firma di A. Sebastiani.

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“E’ tornata la primavera - esordisce - e nelle nostre piazze e vie è sbocciato a far contrasto con le dolci attrattive della natura il fiore avvelenato della moda sfacciata”. 

La critica agli abiti delle donne è chiara e non lascia spazio a fraintendimenti: l’articolo punta il dita contro “Vesti corte, scarpe alte, calze trasparenti, collo e spalle e braccia e petto nudo, faccia imbellettata, capelli di tante dimensioni quanti sono i capricci della testa che li sostiene”.

Parole dure che condannano abiti che sembrano attuali, ma pare difficile anche solo immaginare che in quegli anni le donne andassero vestite come oggi.
Dunque la descrizione sembra superare ampiamente la realtà. Allora la curiosità sorge nell’immaginare cosa potessero indossare le donne cui viene rivolto un articolo così duro, tanto da proseguire: “Voi stesse vi procurate la menomazione della vostra dignità, vi fate propaganda di antifemminismo. Partecipate alla santa crociata contro la modo attuale - conclude Sebastiani - che insegnerà il decoro alle singole persone, preparerà madri - degne di questo nome - e ci darà una società più virtuosa”.
A giudicare dalla moda del 2021 non credo che qualche donna abbia raccolto quell’invito ad imbracciare le armi contro l’evoluzione dello stile.
L'augurio, a tutte loro, è che continuino a portare avanti le proprie idee, ma che per farlo, non ci siano bisogno di battaglie.

Giulia Sancricca

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Le storie raccontate da Radioc1...inBlu durante il primo lockdown di primavera finiscono sotto i riflettori nazionali grazie al sito www.memoriadelcovid.it che contiene il racconto di come le diocesi italiane hanno vissuto e stanno vivendo questo tempo di pandemia.

Un filo di narrazione che unisce tutto il Paese realizzato attraverso i servizi giornalistici delle testate aderenti alla Fisc e all'Associazione Corallo in un'iniziativa resa possibile grazie al coordinamento dell'Ufficio Nazionale per le Comunicazioni Sociali della Conferenza Episcopale Italiana.

"Con lo sguardo del Narratore, l'unico - come ha ricordato papa Francesco nel Messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali 2020 - che ha il punto di vista finale, dobbiamo avvicinarci ai protagonisti, ai nostri fratelli e sorelle, attori accanto a noi della storia di oggi".

www.memoriadelcovid.it propone, quindi, un percorso di testimonianza che vuole essere spunto perché la memoria di questo tempo non vada perduta ma diventi anche spunto per fare di noi ancora una volta annunciatori di quella nostra Speranza di cui in ogni momento siamo chiamati a dare ragione.

Il progetto mette in luce anche l'importante ruolo svolto dai media di ispirazione ecclesiale che, nonostante le difficoltà, hanno saputo essere "coscienza civile" del Paese e raccontare quell'impegno di prossimità delle comunità, più volte sollecitato anche da papa Francesco nel corso del suo Magistero.

GS

Il sito - raccogliendo ad oggi più di 300 contributi - propone la possibilità di ricercare le storie per tematica (Bambini, ragazzi e giovani, famiglie, anziani, sacerdoti, scuola, carità, terzo mondo) ma anche per localizzazione geografica delle testate Fisc e Corallo partecipanti: in questa prima fase è stato inserito solo parte del materiale a disposizione ma in futuro il sito verrà implementato con ulteriori contributi.
Sarebbe banale dire, come accade per molte ricorrenze, che i 100 anni de L’Appennino Camerte non sono un punto di arrivo, ma di partenza.
Molto più coerente unire la soddisfazione per il traguardo all’energia per il futuro. 
Per questo centenario la redazione non poteva restare con le mani in mano, così ha riflettuto a lungo su come poter restituire ai lettori la stima e la fiducia che hanno reso questo giornale così longevo.
Nell’ultimo numero del 2020, con questo inserto di 8 pagine, è stato dato avvio alle iniziative che caratterizzeranno il 2021.

Numerosi contributi speciali saranno pubblicati in ogni numero de L’Appennino Camerte di questo nuovo anno. Ogni settimana, a partire dall'uscita di oggi, sarà inatti l’occasione per analizzare a fondo lo storico periodico ed ogni inserto potrà essere custodito e rilegato al termine del centenario.

L’inserto sarà composto da particolari storici approfonditi dal professor Luca Barbini e dalle memorie che lettori, collaboratori e giornalisti che in questo giornale hanno mosso i primi passi, vorranno inviarci per essere pubblicate.

Un dono che, principalmente, siete Voi a fare a noi: in questo secolo di vita sono stati i lettori la colonna portante de L’Appennino camerte e siamo convinti che continueranno ad esserlo.
Ognuno potrà portare la propria testimonianza ed il valore personale del settimanale nelle edizioni che verranno, scrivendo alla mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Ancora una volta, insieme, vogliamo scrivere con voi la storia di un cammino.

GS

La prima pagina del primo numero della raccolta “100 anni di ricordi” in uscita oggi sull'Appennino Camerte. 

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Incidente mortale nella zona di Villa Mattei, una località di Montecassiano. In un violento frontale fra una Fiat Seicento e una Fiat Panda ha perso la vita un anziano di 85 anni che viaggiava verso Macerata. Alla guida dell’altra auto c’era una 25enne che è stata soccorsa dal 118 e trasportata in eliambulanza a Torrette, in codice rosso. La polizia stradale si è occupata dei rilievi del caso. Per consentire le operazioni delle forze dell’ordine, dei soccorsi e per il ripristino della strada è intervenuto anche il personale dell’Anas.
g.g.

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Tragico incidente stradale quello verificatosi nel pomeriggio lungo la strada che collega Visso a Pieve Torina all'altezza del bivio per Monte Cavallo. Per cause in corso di accertamento una ragazza di 24 anni che percorreva l'arteria ha perso il controllo dell'auto su cui viaggiava, una Fiat Panda, che si è schiantata contro il guard rail. Purtroppo la giovane è deceduta sul colpo e a nulla è valso l'intervento dei soccorritori del 118, giunti sul posto insieme ai vigili del fuoco e ai carabinieri, che non hanno potuto fare altro che costatarne la morte. Allertata anche l'eliambulanza, che è stata poi fatta rientrare visto l'esito del sinistro.
Lutto nel mondo del giornalismo. È venuto a mancare ieri sera, nella sua abitazione di Roma, il giornalista Alberto Sensini. Aveva 93 anni ed aveva cominciato l'attività di giornalista proprio con L'Appennino Camerte, viste le origini camerinesi dei suoi genitori.
Dopo la collaborazione anche con “Il Corriere d’informazione”, ha lasciato la città ducale per stabilirsi a Roma dove è stato assunto dal Corriere della Sera, di cui diventerà poi responsabile.
Per quella testata è staTo anche editorialista, fino al 1976, quando ha assunto per pochi mesi la direzione del Tg2.
È stato direttore responsabile de “La Nazione” di Firenze; editorialista per “Il Gazzettino” di Venezia e collaboratore al “Mondo” di Pannunzio, alla “Nuova Antologia”, al “Mulino”.
Presidente della Stampa Parlamentare e docente di Teoria e tecnica del linguaggio giornalistico all’Università di Macerata e alla L.U.I.S.S. di Roma, dove è stato anche responsabile del settore giornalismo nella Scuola postlaurea in comunicazioni di massa.
Lascia tre figli, Angelo, Michele e Mario. Quest’ultimo responsabile dell’ufficio stampa del Commissario straordinario per la ricostruzione post-terremoto, che ne ricorda gli inizi a L'Appennino camerte. "Mio padre - ricorda commosso - è sempre rimasto affezionato alle sue origini e al settimanale con il quale aveva iniziato a scrivere. Un affetto rimasto immutato anche per Camerino e l'intero territorio".
L'Appennino camerte ricorderà nel prossimo numero la figura del "suo" collaboratore Alberto Sensini.

GS
Continuiamo a ripercorrere alcune tappe del programma “Ricostruire la Speranza. Un viaggio nel cuore del sisma”.
A Pieve Torina la famiglia Lucarini è un po’ un’istituzione. Vive nella frazione di Pie’ Casavecchia. Prima del terremoto abitava nella parte alta. Le loro case insieme a poche altre dell’agglomerato, sono ancora lì a Casavecchia Alta, tra le macerie. Alloggiano dal luglio del 2017 nei Mapre, Moduli Abitativi prefabbricati Rurali di Emergenza, dopo essere stati per quasi 10 mesi tra camper e roulotte. Nei Mapre, uno per famiglia, sono in 12 tra mariti e figli. In quel posto dove prima c’era solo erba, hanno fatto una comunità. “Oggi non si vede un futuro” mi dice Cristina, la figlia più grande impegnata in azienda, mentre Milena e Nicoletta gestiscono i punti vendita. Con tanti sacrifici sono già alla terza generazione di allevatori e agricoltori ma per il futuro non sanno come potrà proseguire la realtà aziendale. Il problema più grande infatti è l’incertezza. “Bisogna resistere, questi posti sono la nostra vita. Facendo questa attività proteggiamo questi luoghi. Non possiamo andarcene, significherebbe annullare tutto”. 

A Caldarola le Canonichesse Regolari Lateranensi
, vivono in una struttura monastica di emergenza. Le loro SAE sono unite da un corridoio. Sono monache di clausura, dedite alla vita meditativa e alla preghiera.  Sono in 11, arrivano dalle Filippine. Suor Maria Paola è l’unica italiana presente e la più avanti con l‘età. Sono molto accoglienti e il loro sorriso è dolce e contagioso. Le incontro tutte insieme nella cappellina che funge da parlatorio. “Tutta la nostra vita è scandita dalla preghiera. Preghiamo sempre. Ognuna ha il suo ufficio e ci si aiuta reciprocamente” dice la badessa Suor Maria Teresa. Fanno una vita dove tutto è in comune e dove anche “l’ufficio dell’orto” è una preghiera. Ad aprile 2018 sono entrate nelle SAE. Stanno bene nelle casette, gli spazi sono molto più ristretti rispetto al grande monastero fatto edificare agli inizi del XVI secolo dal cardinale Evangelista Pallotta. Anche le spese sono molto più contenute e più alla loro portata. Vivono di offerte e quando chiedi cosa gradiscono non lo dicono, accettano tutto “Con cuore lieto”. 


Le Monache nella stanza adibita anche allaccoglienza

Pietro Scipioni lo incontro a Pievebovigliana, comune di Valfornace, nella nuova zona commerciale, dove sono stati delocalizzati negozi e servizi e dove ci sono diverse strutture sportive, realizzate anche grazie a delle donazioni. Pietro mi illustra la situazione che si è creata in paese dopo il sisma con lo spopolamento e le difficoltà economiche che sono una costante in questi territori di montagna. Quello di cui si rammarica è che il terremoto si è portato via tanti anziani, loro sono stati i più colpiti dai cambiamenti causati dal post sisma e non hanno retto. Lo raggiungo nel suo villaggio Sae dove vive insieme alla moglie, due figli e una sorella con disabilità. “Abbiamo sentito molto la mancanza della casa, forse è per questo che stiamo tutti più dentro”. Gli abitanti delle Sae non escono se non per necessità. “Mancano le chiacchierate al bar, un bicchiere di birra con gli amici. Quello che era prima Pievebovigliana i nostri ragazzi rischiano di dimenticarselo per i tempi lunghi che ci saranno per la ricostruzione”, dice Pietro con lucidità ma con la speranza che ciò non avvenga.

Pietro Scipioni

Valeria Lucernoni vive con il compagno e il cane in una Sae a Castelsantangelo sul Nera. Non ha mai avuto paura del terremoto, sono state più forti in lei la rabbia e disperazione nel vedere tanta parte della vita svanita sotto le macerie, insieme ai ricordi. “Il lavoro è stato una salvezza” mi dice con l’orgoglio di dipendente SVILA, l’azienda che produce pizze surgelate a Visso che anche nelle fasi più critiche non si è mai fermata, se non per un breve periodo per sistemare i danni delle scosse, riparati con fondi aziendali. Secondo Valeria, paesi che hanno centri storici come Castello o Visso, non potranno essere ricostruiti come erano. Pensa ad una ricostruzione delocalizzata fuori dal paese, come si vive ora, delocalizzati nei villaggi Sae. Le chiedo come sta vivendo questo periodo con la preoccupazione del contagio da coronavirus e mi risponde che il virus preoccupa peggio del terremoto. Prima dei saluti le chiedo cosa le piace tanto di questo posto “La mia vita è come vorrei che fosse. Io adoro stare qui, sono felice.”

Valeria Lucernoni


Queste puntate del programma sono state registrate prima del DPCM sul coronavirus. Ora i nostri amici continuiamo a sentirli e ad ascoltarli al telefono, cercando di offrire quel minimo di vicinanza che si può in questi tempi di segregazione.

Barbara Olmai


La puntata sarà trasmessa sulle frequenze di Radio C1 e in diretta streaming sul sito www.appenninocamerte.info mercoledì alle ore 10:10 e in replica alle ore 22:10. L'articolo sarà approfondito sul settimanale l'Appennino Camerte, in uscita giovedì in edicola e nelle case degli abbonati.

LINK allo STREAMING: http://play5.newradio.it/player/index/1005

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L’emergenza procurata dal diffondersi del Sars-CoV-2, non ci deve far dimenticare la situazione che interessa circa 30 mila marchigiani, che si trovano a vivere in altro luogo rispetto alla loro casa. Sono i terremotati della nostra regione. Molti di loro sono in quarantena nelle Sae, le soluzioni abitative di emergenza) in 40, 60 o 80 metri di spazio, in base ai componenti del nucleo familiare.
Altri, agricoltori e allevatori, sono nei Mapre, moduli abitativi prefabbricati rurali di emergenza, in pratica una specie di container abitabili ma con diversi problemi come l’umidità e gli spazi ancora più ridotti rispetto ad ogni unità residente nelle Sae. Il compito dell’informazione, soprattutto quella locale, è continuare a interessarsi di questa situazione a oltre tre anni e mezzo dal sisma, in diversi modi.
Nel progetto “Ricostruire la speranza. Un viaggio nel cuore del sisma”, stiamo raccontando alcune storie di questi nostri cittadini, andandoli a trovare nelle loro nuove case. Impossibilitata ad uscire e a realizzare le interviste all’interno delle Sae, ripercorro con voi la prima parte di questo coinvolgente viaggio iniziato a Visso, in casa di Elio Aureli e di sua moglie Rita.

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Elio ha trasferito l’amore per il suo paese, in condivisione social. Le foto scattate in tanti anni, le scansiona, le modifica per poi postarle nella sua pagina facebook: “Tutti quei minuti che sono davanti al computer, io sto a Visso”. Elio, 80 anni da compiere i primi di aprile, non ha perso il suo spirito creativo che emerge ogni giorno, grazie a delle originali creazioni realizzate con materiali di recupero, che servono per rendere più confortevole e funzionale la casetta, perché mi dice che è lei che si deve uniformare alle esigenze di chi ci vive. La sua grande passione per gli animali condivisa con sua moglie, lo porta ad essere sempre impegnato.  Oltre ad avere in casa ben 4 mici e un cane, ogni mattina ha mantenuto vivo il ricordo di fare ciò che faceva prima del terremoto: sfamare i gatti randagi del borgo. E allora parte in bici o in auto con l’inseparabile cagnolina Cindy, per fare il giro di Visso in cerca dei felini a cui regalare, con la scusa del cibo, anche tante tenerezze. 

Roberta Blanchi

Da Visso mi sono spostata a Fiastra dove ho incontrato la giovane mamma Roberta Blanchi, che ha deciso di trasferirsi qui nel 2014. Lavora con suo marito in un container nella gestione del “Bar Fiastra”. Nata a Macerata, Roberta ha scelto di trasferirsi in montagna perché “Qui ho tutto quello che mi serve per vivere” mi dice nella sua Sae, mentre tiene in braccio la piccola Anita, fiastrana doc da pochi mesi. Roberta si augura che in questo tempo di crescita Anita possa vedere intorno a lei una Fiastra in rinascita, la dinamicità di gente che aggiusta e ricostruisce e non le finestre chiuse e le luci spente. Si augura che sua figlia possa avere un’infanzia felice a Fiastra, come lo è stata la sua che conserva nei ricordi, gli stessi che l’hanno spinta a tornare per amore di quel paese. 

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Mirko Carota lo incontro nella sua SAE ad Ussita, dove vive con la moglie Violetta, tre figlie e un cane. Lavora fuori, a valle. Dopo mesi trascorsi in un camping sulla costa, dove sono stati trasferiti i terremotati della montagna, dopo le forti scosse dell’ottobre 2016, sapeva che il ritorno in paese non sarebbe stato facile e che i problemi non sarebbero finiti una volta entrati nelle case provvisorie. Così è stato. Non è tanto aspettare la ricostruzione della casa, quanto tutto quello che c’è intorno, o meglio che non c’è. Ad Ussita manca il lavoro, soprattutto legato al turismo, mancano i servizi e Mirko e sua moglie si interrogano se restare, mentre le figlie crescono ed hanno bisogno di quelle cose naturali per degli adolescenti. Nonostante tutto si sono dati del tempo per sperare e ci vogliono credere che le cose cambieranno, che le cose si aggiusteranno.
Se tutto andrà come da programma, tra circa un anno Alessandro Loreti, sua moglie e i due figli, torneranno nella loro nuova casa ristrutturata. Alessandro vive e lavora a Muccia, nel laboratorio di pasta fresca a conduzione familiare. Dopo il terremoto ha riconvertito la sua attività, mettendo in atto quei cambiamenti necessari alla sussistenza. Da artigiano si augura che le scelte intraprese e da prendere per queste zone, possano consentire la vita futura di tante piccole realtà. La mancanza dei turisti e l’economia generata grazie al loro apporto, si fa sentire, come anche quella vicinanza non scontata per queste terre, a cui sono molto legati. Alessandro ama il suo paese. Quando ne è stato lontano, ha scelto di trasferirsi lì vicino a Colfiorito, le città non fanno per lui. Resterà a Muccia, dove vuole continuare a far crescere i suoi figli.

Barbara Olmai

La puntata andrà in onda nella Rubrica radiofonica “Ricostruire la speranza. Un viaggio nel cuore del sisma”, mercoledì alle ore 10:10 e alle ore 22:10 sulle frequenze di Radio C1...inBlu e un approfondimento nel settimanale l'Appennino Camerte.

*La rubrica è possibile grazie al contributo di Structura Housing, appartamenti  nuovi in Classe A, a Porto San Giorgio a 200 metri dal mare. Info 0734.674638

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