Il caro energia sta causando effetti nefasti che riguardano sia le imprese che le famiglie.

La corsa inarrestabile dei prezzi delle materie prime energetiche e un’inflazione che ormai tende a superare l’8% in gran parte determinata proprio dalle tensioni sulle materie prime causate dalla guerra in Ucraina, si sta abbattendo sui bilanci delle imprese con un aumento del conto energia che diventa sempre più insostenibile. Questa situazione di emergenza sta comprimendo i già bassi margini operativi di molte aziende, in precedenza indebolite dalla recessione attraversata nelle prime due fasi della pandemia e ora con il rischio di portare al rallentamento, se non addirittura alla chiusura, di tante attività con potenziali pesanti conseguenze di ordine sociale oltre che economico-finanziario.

«Purtroppo c’è un settore che prima degli altri è entrato in una spirale prima negativa e ora recessiva ed è quello agroalimentare». A dirlo è Federico Maccari, vicepresidente di Confindustria Macerata e Presidente della Sezione Agroalimentare. «Proprio in questi giorni decorre ormai un anno dall’avvio del momento più buio del dopoguerra in questo settore – ricorda – che è cominciato con l’impennata del prezzo del grano duro raccolto nel 2021, per una sottoproduzione determinata da fattori climatici sfavorevoli in Canada e Stati Uniti e tali da influenzare pesantemente anche la quotazione del grano duro prodotto in Italia, ed è proseguita con l’aumento del prezzo dei carburanti, che ha fatto impennare i costi di produzione degli imballaggi e quelli per la logistica e il trasporto, culminando poi adesso con gli insostenibili costi energetici figli di derive speculative da parte dei produttori ed esportatori di gas».

.La situazione congiunturale ha portato ad un aumento generalizzato dei prezzi al consumo perché la domanda è rimasta alta ma l’offerta è crollata. Rispetto al 2021 si registra un aumento medio del prezzo dei generi alimentari del 9,4%, con rincari più considerevoli negli oli alimentari di semi (+70,2%), burro (+22,6%) e pasta (+16,6%) nonostante i costi di produzione siano stati ribaltati solo in minima parte sui consumatori.

«Gli aumenti sono rimasti in carico alle aziende produttrici che si trovano di fronte a un bivio: sostenere l’onere dei costi energetici (e non solo) ormai fuori controllo auspicando un serio, tempestivo ed efficace intervento delle istituzioni nazionali e comunitarie come attività indispensabile a salvaguardare la continuità dell’attività operativa aziendale, oppure sospendere la produzione lasciando inevasi gli ordini in portafoglio come già hanno cominciato a fare alcuni ma le cui fila si ingrossano ogni settimana con conseguenze sull’occupazione, sul potere di acquisto, sull’intero sistema economico e quindi sui conti pubblici che fanno temere per la tenuta dell’intero sistema Paese. Non possiamo quindi aspettare l’insediamento di un nuovo governo, se i costi dell’energia proseguono su questi valori e trend e quindi se non troviamo un intervento diretto e sostanzioso di riduzione dei costi da parte delle istituzioni nazionali o europee, il rischio è di compromettere uno dei settori più importanti e strategici per il nostro Paese, per il made in Italy, la nostra filiera agroalimentare, che tutto il mondo ci invidia!».

“Il sistema agroalimentare italiano vivrà tempi duri e preoccupanti”. Non usa giri di parole Federico Maccari, Presidente della sezione agroalimentare e Vice Presidente di Confindustria Macerata.

Ai recenti aumenti dei costi energetici ovvero delle bollette di luce e gas di cui tanto si parla negli ultimi giorni, c’è un altro incremento ormai ineludibile, ma che per ora sembra riguardare e ricadere solo sui produttori, quello delle principali materie prime utili alla realizzazione e trasformazione dei prodotti agroalimentari.

“Stiamo assistendo ad uno straordinario incremento di tante materie prime indispensabili per la realizzazione della maggior parte dei prodotti di prima necessità e con una velocità mai vista prima.

Un insieme di beni che sta coinvolgendo la maggior parte dei produttori italiani e che per le loro caratteristiche dimensionali e gestionali, per lo più di piccola dimensione e con attività artigianali, rischiano di non riuscire a compensare gli importanti aumenti dei costi con un adeguamento dei prezzi nei tempi utili al sostentamento e tutela delle proprie attività produttive.

Prendendo ad esempio i produttori di pasta (il primo piatto più consumato in Italia), solo nel corso dell’ultimo mese il costo del grano duro è raddoppiato rispetto a 6 mesi fa. La causa risiede nello scarso raccolto in Canada e Usa (appena 3,5 milioni di tonnellate contro i tradizionali 6,5), che comportando una sensibile riduzione dell’offerta mondiale, purtroppo ha portato conseguenze indirette anche sulla quotazione e sul costo del grano duro italiano, che quest’anno, confermandosi come un prodotto che rispetta regole di sicurezza alimentare ed ambientale superiore agli standard degli altri paesi, si è anche distinto per una ottima qualità complessiva del raccolto”.

Gli aumenti sono tali che i produttori da soli non riescono ad assorbire l’incredibile aggravio dei costi e per questo a breve assisteremo ad un inevitabile aumento dei prezzi al consumo.

“Come Confindustria – insiste Maccari – stiamo osservando ed analizzando lo scenario complessivo per comprendere l’impatto che l’impennata dei costi di produzione avrà nei confronti dei nostri associati e quindi sui consumatori, che per effetto di una importante evoluzione inflattiva ed in considerazione della maggiore propensione al risparmio a cui abbiamo assistito negli ultimi due anni, potrebbero reagire con una preoccupante riduzione o riqualificazione dei consumi.

La lista dei beni coinvolta è lunga ed il rischio è quello di trovarci in una filiera strategica per il sistema economico italiano che si ritroverà progressivamente impoverita per effetto di una sicura riduzione dei margini economici di produzione e di un probabile calo della domanda causata da una diminuzione del potere di acquisto dei consumatori”.

A completare il quadro ci sono anche legno, acciaio, ferro, plastica, carta e tante altre materie prime indispensabili per il settore imballaggi.

“Come sistemaconfidustriale locale il confronto è costante ma la situazione è estremamente preoccupante, perché tante aziende del settore agroalimentare rischiano di andare seriamente in difficoltà e chiudere l’anno con bilanci in perdita e con tutte le conseguenze facilmente intuibili.

Per questo sarebbe opportuno che i vari livelli di governo prendessero coscienza della criticità e sostenessero questo settore con misure immediate”.

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