Se a cercare di morire sono i bambini

Lunedì, 11 Novembre 2013 01:00 | Letto 834 volte   Clicca per ascolare il testo Se a cercare di morire sono i bambini Sulla tragica morte del tredicenne di Fabriano, uccisosi con un colpo di pistola alla tempia, si è già detto probabilmente quello che si poteva dire. Si è partiti, allinizio delle indagini, pensando a un fatale scherzo del destino, un gioco finito male come, purtroppo, in altre occasioni. Solo in seguito si è scoperto che si è trattato, in realtà, di qualcosa di ben peggiore di un incidente: un suicidio. Se tale si può chiamare, a tredici anni, quando probabilmente non si ha neanche ancora acquisito la consapevolezza di quello che è la vita e, di conseguenza, il togliersela. Cosa può spingere un ragazzino di quelletà, senza problemi apparenti, da come emerge analizzando la sua situazione famigliare e scolastica, a puntarsi alla tempia una pistola e a far fuoco? In un momento come questo, bisognerebbe probabilmente tacere e rispettare prima di tutto il dolore della famiglia; moltissime le presenze ai funerali del giovane, nella frazione di Nebbiano, tra cui i compagni di scuola, che gli hanno dedicato pensieri, frasi, brevi composizioni, saluti. Colpiscono, tutte, per una caratteristica che hanno in comune: lo stupore. La meraviglia di fronte a un gesto che nessuno si aspettava, che lascia interdetti, che nella sua gravità costringe ad ammutolire: un ragazzino come altri, inserito, seguito, amato. Avrà certamente sofferto i problemi tipici della sua età, la ragazzina che magari non risponde alle tue avances, un brutto voto a scuola, un piccolo screzio a casa: problemi che si digeriscono in silenzio, che non si raccontano ai genitori, che si accennano appena agli amici perchè tra maschi, si sa, non si parla dei propri dolori, non si scrive su un diario, si è abituati a mascherare, a fingere: retaggi culturali? Errate abitudini? Imposizioni sociali? Quello che colpisce sono i dati, allarmanti. Si apprende la notizia di un altro adolescente, stavolta sedicenne, impiccatosi a Pescara, nella sua stanza, sembrerebbe per una delusione amorosa. Di qualche giorno fa, invece, la notizia dellaltro tredicenne, a Bergamo, gettatosi dalla finestra di casa per un rimprovero paterno, per una playstation danneggiata. A Caserta, una dodicenne ha tentato il suicidio, dopo essere stata vittima di abusi per mesi,  nello scoprire di essere incinta. Il ragazzino di Fabriano ha scritto un sms, lultimo, alla madre, dicendole addio. Sapeva quello che stava per fare? Il dubbio è legittimo. Cercare colpevoli sarebbe inutile, cercare motivazioni, anche: in presenza di un trauma così profondo, come quello della giovanissima violentata nel casertano, la disperazione può condurre a cercare unestrema via duscita... altrimenti, per un tredicenne che si uccide, senza una ragione apparente, non esistono spiegazioni che valgano, resta solo questo, il silenzio, laddove le parole perdono ogni significato.

Sulla tragica morte del tredicenne di Fabriano, uccisosi con un colpo di pistola alla tempia, si è già detto probabilmente quello che si poteva dire. Si è partiti, all'inizio delle indagini, pensando a un fatale scherzo del destino, un gioco finito male come, purtroppo, in altre occasioni.

Solo in seguito si è scoperto che si è trattato, in realtà, di qualcosa di ben peggiore di un incidente: un suicidio. Se tale si può chiamare, a tredici anni, quando probabilmente non si ha neanche ancora acquisito la consapevolezza di quello che è la vita e, di conseguenza, il togliersela. Cosa può spingere un ragazzino di quell'età, senza problemi apparenti, da come emerge analizzando la sua situazione famigliare e scolastica, a puntarsi alla tempia una pistola e a far fuoco?

In un momento come questo, bisognerebbe probabilmente tacere e rispettare prima di tutto il dolore della famiglia; moltissime le presenze ai funerali del giovane, nella frazione di Nebbiano, tra cui i compagni di scuola, che gli hanno dedicato pensieri, frasi, brevi composizioni, saluti. Colpiscono, tutte, per una caratteristica che hanno in comune: lo stupore. La meraviglia di fronte a un gesto che nessuno si aspettava, che lascia interdetti, che nella sua gravità costringe ad ammutolire: un ragazzino come altri, inserito, seguito, amato.

Avrà certamente sofferto i problemi tipici della sua età, la ragazzina che magari non risponde alle tue avances, un brutto voto a scuola, un piccolo screzio a casa: problemi che si digeriscono in silenzio, che non si raccontano ai genitori, che si accennano appena agli amici perchè tra maschi, si sa, non si parla dei propri dolori, non si scrive su un diario, si è abituati a mascherare, a fingere: retaggi culturali? Errate abitudini? Imposizioni sociali?

Quello che colpisce sono i dati, allarmanti. Si apprende la notizia di un altro adolescente, stavolta sedicenne, impiccatosi a Pescara, nella sua stanza, sembrerebbe per una delusione amorosa.

Di qualche giorno fa, invece, la notizia dell'altro tredicenne, a Bergamo, gettatosi dalla finestra di casa per un rimprovero paterno, per una playstation danneggiata.

A Caserta, una dodicenne ha tentato il suicidio, dopo essere stata vittima di abusi per mesi,  nello scoprire di essere incinta.

Il ragazzino di Fabriano ha scritto un sms, l'ultimo, alla madre, dicendole addio. Sapeva quello che stava per fare? Il dubbio è legittimo. Cercare colpevoli sarebbe inutile, cercare motivazioni, anche: in presenza di un trauma così profondo, come quello della giovanissima violentata nel casertano, la disperazione può condurre a cercare un'estrema via d'uscita... altrimenti, per un tredicenne che si uccide, senza una ragione apparente, non esistono spiegazioni che valgano, resta solo questo, il silenzio, laddove le parole perdono ogni significato.

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