Si appropria di beni sequestrati. Ufficiale giudiziario a processo per peculato

Mercoledì, 28 Febbraio 2018 10:20 | Letto 1808 volte   Clicca per ascolare il testo Si appropria di beni sequestrati. Ufficiale giudiziario a processo per peculato Si tratta di una donna, di Camerino, che oggi avrebbe dovuto comparire davanti al giudice per le indagini preliminari di Macerata. L’udienza è stata rimandata a causa della neve. I fatti che la vedono coinvolta si riferiscono al 2013, anno della denuncia sporta da un gioielliere di San Severino, Danilo Panebianco. L’uomo racconta di essersi trovato, nel 2013, con un insoluto nei confronti di una nota azienda di orologi a cui, per risolvere il problema, ha proposto una serie di assegni a scadenza per un importo totale di 9mila euro. Questo poiché non era nelle condizioni di poter pagare la somma per intero tramite bonifico, come invece voleva l’amministrazione. Inizialmente la ditta non accettava, e solo dopo oltre un mese faceva ricontattare il gioielliere dall’avvocato per accettare la soluzione degli assegno: “Anziché di 9mila euro però - racconta - ne volevano 15mila. Con circa 6mila euro di spese legali. Mi sono rifiutato di pagare quella cifra, dato che fin da subito avevo proposto gli assegni, che sarebbe stata una scelta tranquilla per tutti”. A quel punto, perché il fornitore potesse rientrare della cifra, è stato disposto un primo pignoramento: “L’ufficiale giudiziario che è venuto era di San Severino. Ha preso roba per un valore di mercato di 23mila euro ma che poi è stato valutato solo per 3mila euro. Comunque il primo pignoramento è andato a buon fine, ma non coprendo l’intera somma, ne è stato necessario un secondo”. È stato a quel punto che a far visita alla gioielleria è andata un’ufficiale giudiziario di Camerino che in passato era stata già cliente di Panebianco e che nell’entrare nel negozio ha immediatamente chiesto che venisse aperta la cassaforte: “<<Io voglio l’oro>>, così mi ha detto entrando, nonostante l’avessi invitata a scegliere altre cose esposte. Era un mio diritto offrirle altra merce, ma lei ha richiesto l’intervento dei Carabinieri di Tolentino”. Così Panebianco ha dovuto aprire la cassaforte e l’ufficiale giudiziario ha valutato esclusivamente a peso d’oro, senza considerare la presenza di diamanti che non vengono quantificati a peso ma a carati. Una volta pesato il materiale sulla bilancia del negozio, ha riposto tutto in un sacchetto e se n’è andata, senza applicare i sigilli obbligatori per legge e senza permettere al titolare di fotografe ciò che stava prendendo. “Fortunatamente - torna a raccontare - nel giro di due giorni sono riuscito a farmi concedere un prestito di 10mila euro e a riscattare l’oro. In tribunale mi hanno riconsegnato la busta che era perfettamente sigillata, e subito ho fatto notare che non era uscita in quel modo dal mio negozio. Quando è stato portato via pesava 650 grammi, che con la presenza anche dei diamanti può essere tantissimo. Quando l’ho ripreso e l’ho pesato, mancavano 65 grammi”. Una volta aperta la busta Panebianco ha potuto verificare che non solo mancavano degli oggetti, ma che erano stati persino sostituiti con della bigiotteria e questo è bastato perché scattasse nel gioielliere un campanello di allarme. Immediatamente è stata fatta la denuncia e da lì è partita una lunga indagine. Oggi Panebianco è assistito dall’avvocato Marco Massei e racconta di aver avuto anche dei problemi di saluto in seguito alla visita dell’ufficio giudiziario nel suo negozio: “Talvolta mi capitano attacchi di tachicardia che non sono più riuscito a risolvere. Purtroppo ho fatto l’errore di fidarmi delle istituzioni, ma ora rivoglio indietro tutti i soldi e il risarcimento per il danno che mi ha arrecato questa signora”.Gaia Gennaretti

Si tratta di una donna, di Camerino, che oggi avrebbe dovuto comparire davanti al giudice per le indagini preliminari di Macerata. L’udienza è stata rimandata a causa della neve.

I fatti che la vedono coinvolta si riferiscono al 2013, anno della denuncia sporta da un gioielliere di San Severino, Danilo Panebianco.

L’uomo racconta di essersi trovato, nel 2013, con un insoluto nei confronti di una nota azienda di orologi a cui, per risolvere il problema, ha proposto una serie di assegni a scadenza per un importo totale di 9mila euro. Questo poiché non era nelle condizioni di poter pagare la somma per intero tramite bonifico, come invece voleva l’amministrazione. Inizialmente la ditta non accettava, e solo dopo oltre un mese faceva ricontattare il gioielliere dall’avvocato per accettare la soluzione degli assegno: “Anziché di 9mila euro però - racconta - ne volevano 15mila. Con circa 6mila euro di spese legali. Mi sono rifiutato di pagare quella cifra, dato che fin da subito avevo proposto gli assegni, che sarebbe stata una scelta tranquilla per tutti”. A quel punto, perché il fornitore potesse rientrare della cifra, è stato disposto un primo pignoramento: “L’ufficiale giudiziario che è venuto era di San Severino. Ha preso roba per un valore di mercato di 23mila euro ma che poi è stato valutato solo per 3mila euro. Comunque il primo pignoramento è andato a buon fine, ma non coprendo l’intera somma, ne è stato necessario un secondo”. È stato a quel punto che a far visita alla gioielleria è andata un’ufficiale giudiziario di Camerino che in passato era stata già cliente di Panebianco e che nell’entrare nel negozio ha immediatamente chiesto che venisse aperta la cassaforte: “<<Io voglio l’oro>>, così mi ha detto entrando, nonostante l’avessi invitata a scegliere altre cose esposte. Era un mio diritto offrirle altra merce, ma lei ha richiesto l’intervento dei Carabinieri di Tolentino”. Così Panebianco ha dovuto aprire la cassaforte e l’ufficiale giudiziario ha valutato esclusivamente a peso d’oro, senza considerare la presenza di diamanti che non vengono quantificati a peso ma a carati. Una volta pesato il materiale sulla bilancia del negozio, ha riposto tutto in un sacchetto e se n’è andata, senza applicare i sigilli obbligatori per legge e senza permettere al titolare di fotografe ciò che stava prendendo.

Fortunatamente - torna a raccontare - nel giro di due giorni sono riuscito a farmi concedere un prestito di 10mila euro e a riscattare l’oro. In tribunale mi hanno riconsegnato la busta che era perfettamente sigillata, e subito ho fatto notare che non era uscita in quel modo dal mio negozio. Quando è stato portato via pesava 650 grammi, che con la presenza anche dei diamanti può essere tantissimo. Quando l’ho ripreso e l’ho pesato, mancavano 65 grammi”. Una volta aperta la busta Panebianco ha potuto verificare che non solo mancavano degli oggetti, ma che erano stati persino sostituiti con della bigiotteria e questo è bastato perché scattasse nel gioielliere un campanello di allarme. Immediatamente è stata fatta la denuncia e da lì è partita una lunga indagine. Oggi Panebianco è assistito dall’avvocato Marco Massei e racconta di aver avuto anche dei problemi di saluto in seguito alla visita dell’ufficio giudiziario nel suo negozio: “Talvolta mi capitano attacchi di tachicardia che non sono più riuscito a risolvere. Purtroppo ho fatto l’errore di fidarmi delle istituzioni, ma ora rivoglio indietro tutti i soldi e il risarcimento per il danno che mi ha arrecato questa signora”.
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