Una vera e propria task force di archeologi, architetti e storici dell’arte per velocizzare le pratiche della ricostruzione degli edifici tutelati, comprese le oltre 600 chiese danneggiate dal sisma di sette anni fa. Firmato in mattinata l’accordo tra l’Ufficio speciale ricostruzione delle Marche e la Soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio per le province di Ascoli Piceno, Fermo e Macerata. Un'intesa che allarga la squadra di professionisti al lavoro sulle pratiche del terremoto. Arriva dunque un primo, attesissimo segnale di svolta da parte del commissario straordinario alla ricostruzione Guido Castelli in materia di velocizzazione burocratica della ricostruzione. Una risposta alle richieste delle istituzioni del territorio, sindaci e vescovi su tutti, che chiedevano un intervento per il problema della Soprintendenza, emerso come vero e proprio collo di bottiglia della ricostruzione. Carente, infatti, il personale fino ad oggi destinato allo smaltimento delle pratiche sisma negli uffici dell’ente per la tutela dei beni culturali, architettonici e paesaggistici. Ora ci si attende un cambio di passo.

Scendendo nel dettaglio, la convenzione siglata da Usr e Soprintendenza durerà tre anni e avrà il compito di velocizzare le pratiche di autorizzazione per la ricostruzione del patrimonio storico, artistico e architettonico danneggiato dal terremoto del 2016, compresi gli edifici sottoposti a tutela. Sarà l’Usr delle Marche ad occuparsi delle assunzioni di professionisti che entreranno nella squadra della ricostruzione. Questi si occuperanno delle attività di pre-esame degli interventi e del monitoraggio dello stato di avanzamento delle pratiche. «L’accordo firmato oggi rappresenta un ulteriore importante tassello per lo snellimento e la velocizzazione delle pratiche di ricostruzione - ha dichiarato il presidente della regione Marche e assessore alla ricostruzione, Francesco Acquaroli -. La collaborazione tra l’Usr e la Soprintendenza è fondamentale, soprattutto nella fase che si sta avviando, in cui il processo di ricostruzione avrà sicuramente un’accelerazione nella parte attuativa. Stiamo dando il via ad una fase nuova della ricostruzione, finalmente la fase dei cantieri, e passaggi come questo colgono la volontà di mettere tutti i soggetti nelle condizioni migliori per sbloccare pratiche e progetti e dare concretezza tangibile al ripristino dei territori colpiti».

l.c.
I resti delle quattordici tombe, risalenti alla prima età imperiale romana e rinvenuti nei pressi del cantiere del nuovo Eurospin di San Severino Marche, rappresentano una «preziosa testimonianza dei riti funebri nei primi secoli dopo Cristo». Lo spiega Tommaso Casci Ceccacci della Soprintendenza delle Marche, direttore delle attività di scavo preventivo che hanno interessato l'area lungo la strada provinciale 361. Il ritrovamento di scheletri in ottimo stato di conservazione, oltre che di manufatti come aghi per capelli, fusi, coltelli e rasoi, permette di raccogliere nuove prove sul culto dei defunti in uso nella Roma del primo impero.

Grazie alle tombe rinvenute è possibile distinguere la tipica disposizione delle necropoli in uso in quel periodo. Casci Ceccacci specifica come il culto dei defunti fosse strettamente regolato dalla legge: «La parte della città all'interno delle mura era ritenuta un luogo sacro – spiega –, e le sepolture dovevano necessariamente avvenire al di fuori della cinta muraria. La struttura tipica delle necropoli era lineare e queste si sviluppavano partendo dai lati della sede stradale, disponendosi in file parallele. Le tombe che abbiamo scoperto sono presumibilmente quelle ospitate tra le ultime file, le più distanti dal tracciato dell'antica via Flaminia. Oltre alle tombe abbiamo rinvenuto diversi oggetti: alcuni, quelli danneggiati e deformati dal fuoco, sono presumibilmente quelli indossati dai defunti al momento della cremazione, mentre quelli più integri sono quelli che venivano sepolti insieme alle salme. Nel sito abbiamo anche rinvenuto un basamento in calcestruzzo, presumibimente quel che rimane delle fondazioni di una struttura. Questo fa pensare che si trattasse di una necropoli monumentale, ben segnalata lungo quella che era la via Flaminia».

Altro fattore è la prova di diversi tipi di rito funebre: inumazioni e cremazioni. Queste ultime potevano avvenire nel luogo della sepoltura o in un'area delle necropoli appositamente allestita proprio per questo tipo di procedura. La differenza emerge osservando il tipo di tomba riportata alla luce: nel caso delle cremazioni non avvenute nella fossa scavata per la sepoltura – definite cremazioni indirette –, la tomba risulta essere più piccola e coperta con tegole e coppi. Il fatto più importante sottolineato da Casci Ceccacci è però quello sul luogo stesso dove sorge la necropoli settempedana. Ubicata lungo l'antico tracciato del ramo meridionale della Flaminia, è una delle poche testimonianze di «necropoli periurbane, ovvero necropoli che sono state rinvenute in luoghi molto vicini alla cinta muraria della città. Esempi simili sono molto rari nelle Marche. Per quanto riguarda l'importanza dello scavo, questo è probabilmente l'aspetto più rilevante».

Casci Ceccacci ha concluso spiegando il percorso che porterà alla fruizione della scoperta: «Le procedure di scavo sono andate avanti senza particolari problemi. Per questo siamo grati alla società che gestisce il nuovo Eurospin. Molto probabilemente, nel luogo dove sono stati effettuati gli scavi, sarà allestita una targa dove verrà spiegata la rilevanza della scoperta, nel frattempo lavoreremo per l'edizione della scoperta in una rivista scientifica e all'eventuale allestimento espositivo dei reperti che sono stati riportati alla luce».

l.c.





Inaugurata questa mattina a Camerino nella Chiesa di Santa Maria delle Grazie, in via Le Mosse la mostra “Rinascimento marchigiano. Opere d’arte restaurate dai luoghi del sisma” a cura di Stefano Papetti e Pierluigi Moriconi, frutto della convenzione siglata da ANCI Marche e Pio Sodalizio dei Piceni nel 2017, che si sono impegnati in un importante lavoro di recupero delle opere d’arte danneggiate; con il contributo della Regione Marche.
Nel complesso di tutta l'operazione, in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Marche, sono state individuate per il recupero e il restauro un nucleo di opere marchigiane di proprietà di 17 differenti Enti pubblici ed ecclesiastici delle province di Ascoli Piceno, Fermo e Macerata. 
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In esposizione sono 20 opere provenienti da tutte le Marche: da Arquata del Tronto a Fiordimonte, da Ascoli Piceno a Mogliano, i cui restauri sono stati importanti anche per approfondimenti di tipo scientifico. Di grande rilevanza storico-artistica, le sculture e i dipinti di autori di indubbia fama che nelle Marche sono nati o che vi hanno soggiornato e che hanno contribuito a modificare la geografia della Storia dell’Arte. Gli interventi di restauro sono stati tutti eseguiti da tecnici  marchigiani, in collaborazione con l’Università di Camerino e l’Università di Urbino e la direzione scientifica della Soprintendenza che, con innovative analisi diagnostiche hanno valutato lo stato di conservazione di ciascuna opera. Interventi che hanno consentito non solo di porre rimedio ai danni subiti dalle opere, ma hanno permesso di effettuare nuove attribuzioni e acquisire nuove conoscenze relative alla tecnica pittorica ed ai materiali usati dagli artisti, accrescendo le conoscenze che si avevano su questo patrimonio e aprendo la strada a nuovi studi.

“Si tratta di un viaggio nella religiosità marchigiana attraverso un affascinante percorso stilistico e iconografico, ma mi preme sottolineare come la volontà di questa mostra sia ancora più profonda: rendere fruibili in maniera permanente le opere restaurate - spiega Pierluigi Moriconi della Soprintendenza dei Beni Architettonici delle Marche e curatore dell’esposizione. Con questa esposizione, quarta tappa di “Rinascimento marchigiano” che abbiamo fortemente voluto noi della Sovrintendenza, riconsegniamo le opere restaurate, a distanza di cinque anni dal sisma ai Comuni e agli enti ecclesiastici, ridando loro la collocazione originaria per quanto possibile”.
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A portare colore nella splendida giornata di sole sono stati i bambini dell’Istituto comprensivo Ugo Betti di Camerino i quali, dopo il taglio del nastro, hanno vestito i panni delle “guide” illustrando e raccontando un’opera ciascuno. Un gesto simbolico pensato proprio per dare il giusto spazio a coloro che, dal sisma alla pandemia, negli anni hanno dovuto affrontare tante difficoltà.
 “L’arte è ancora protagonista nella nostra città perché, come abbiamo sempre sostenuto, accanto alla ricostruzione fisica va incentivata quella sociale e, indubbiamente, proposte culturali di questo tipo sono un incentivo a vivere i nostri territori e a visitarli – ha detto il sindaco Sandro Sborgia – Ringrazio la Sovrintendenza, l’Anci, la Regione e tutti coloro che vi hanno lavorato. Mi piace che siano proprio i bambini a illustrare le opere che sono esposte perché sono il futuro e sono i primi a dover raccontare e conoscere i tesori che tutti custodiamo e amiamo”.

Al taglio del nastro con il sindaco Sandro Sborgia, sono intervenuti il parroco Don Marco Gentilucci, il curatore Pierluigi Moriconi, l'assessore alla cultura Giovanna Sartori, la consigliera regionale Anna Menghi, la rappresentante della direzione generale del Ministero della Cultura (MIC) Paola Camera,  il segretario generale di Anci Marche Marcello Bedeschi,il rettore di UnicamClaudio Pettinari. Tra i presenti all' intera cerimonia,  la deputata 5 Stelle on. Mirella Emiliozzie i consiglieri regionali della Lega Marche Renzo MarinelliTullio Patassini.

L'esposizione resterà aperta fino al 9 gennaio 2022, dal venerdì alla domenica e festivi dalle 10 alle 13; dalle 15 alle 18.

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Qualche giorno fa è stata divulgata la notizia che 51 opere danneggiate dal sisma sono state restaurate e saranno riportate nei loro luoghi d'origine. Questo grazie alla Fondazione Pio Sodalizio dei Piceni e di Anci Marche che hanno messo a disposizione 200mila euro dopo la stipula di una convenzione in accordo con la Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio delle Marche. Ma prima di essere riportate nei loro luoghi, saranno esposte in due mostre, a Senigallia e Roma. Tutto molto bello, al di là che non è chiaro come si intendano aiutare le terre colpite dal sisma se le mostre saranno allestite fuori cratere e addirittura fuori Regione, se non fosse che secondo l'architetto Luca Maria Cristini, non tutte le opere sarebbero effettivamente state lesionate dal sisma: "Basta con questa bufala - dice - non è vero assolutamente che le 51 opere scelte sono danneggiate. Questa è un'operazione di finta carità verso le zone colpite dal terremoto. Di beni veramente colpiti e danneggiati ce ne saranno al massimo una decina. Andatevi a vedere l'elenco - aggiunge - e vi accorgerete. Gli altri sono stati scelti in base ad altri criteri. Le opere danneggiate sono alla Mole di Ancona, se qualcuno le volesse vedere. Per non parlare delle sedi della mostra: Senigallia e Roma. Tutto pensato per il rilancio del turismo nel cosiddetto cratere, ovviamente. Bisogna farla finita - conclude - di prendersi gioco di chi ha subito veramente il terremoto. Tutto ha un limite, è una cosa vergognosa".

g.g.

   

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