La sanità maceratese: dubbi, lacune, problemi e proposte

Venerdì, 17 Aprile 2020 17:20 | Letto 1211 volte   Clicca per ascolare il testo La sanità maceratese: dubbi, lacune, problemi e proposte “Dottor Maccioni, si faccia un’inversione a U. Siano da monito le parole del sindaco di Milano, Beppe Sala”. A chiederlo è il vicepresidente del comitato per la difesa dellospedale di San Severino, Marco Massei.  Ad intervenire però, è anche Diego Camillozzi, presidente dell’associazione La Terra Trema Noi No”. Secondo lui, dopo tutto questo periodo, sarà inficiata “la qualità dei servizi sanitari delle zone terremotate, che resteranno ancora una volta a bocca asciutta, quando sarà finita lemergenza sanitaria”. A colpire l’avvocato Massei è stata una recente intervista del direttore dell’Area Vasta 3, Alessandro Maccioni in cui il funzionario ha affermato che “l’ospedale provinciale ora serve più che mai e che vogliono andare avanti col progetto “A maggior ragione adesso” e ha poi anche parlato di quale futuro potrebbe avere l’attuale ospedale di Macerata e le altre strutture del territorio.  “Maccioni, come anche il Presidente Ceriscioli e l’assessore Sciapichetti - commenta Massei - non usano più il termine ospedale ‘unico’ ma quello di ‘provinciale’: si badi bene, il tentativo, in verità malcelato, è quello di non evocare il termine ‘unico’, che anche al profano fa venire in mente la sparizione degli altri; usano il termine ‘provinciale’, che è più soft, più equivoco, più morbido”. Secondo Massei però, cambiando l’ordine degli addendi, il risultato non cambia tanto più, in materia sanitaria: per un servizio che si attiva o una struttura che si potenzia, altre vengono retrocesse con taglio di servizi e personale: “I denari usati per costruire una nuova struttura di oltre 600 posti letti costringerebbe la Regione a sopprimere o, a ridimensionare fortemente, tutti gli altri ospedali che, nella migliore delle ipotesi, ‘retrocederebbero’ a ‘ospedali di comunità: in pratica, una Rsa. Non abbocchiamo all’amo delle distinzioni terminologiche”. In merito all’ospedale di Macerata, Maccioni ha affermato che l’intenzione sarebbe quello di dedicarlo a struttura di riserva, per eventuali emergenze, epidemie, o come sede di uffici: “Ma come, dopo le enormi spese affrontate per l’ampliamento dell’ospedale ora la struttura rinnovata la si usa solo come ‘riserva’ o, peggio ancora, per destinarla ad una più comoda sede amministrativa? Per di più in tempi in cui si cerca di incentivare lo smart working?”. E in ultimo, non poteva non affrontare l’argomento dell’ospedale di San Severino: “Maccioni non ha riferito che questo nosocomio è attualmente strategico per l’intera provincia (soprattutto per i no-covid) e che solo grazie all’efficienza di tale ospedale si è evitata una tragedia nella drammatica emergenza. E, soprattutto, rammarica leggere che il presidio ospedaliero settempedano sia anche scomparso dalle “carte” della programmazione regionale. Ora, è stata una svista (e sarebbe grave) amministrativa della Dirigente? Oppure, è una ‘dimenticanza’ voluta (e sarebbe ancor più grave)? Qualcuno dovrà chiarire, rispondere, ma ad oggi, mi risulta che il silenzio regni sovrano”. Per Massei, ma non solo visto che lo vanno ripetendo un sindaco dopo l’altro, da Civitanova a Camerino, è giunto il momento di mettere uno stop all’attuale piano sanitario e rivedere l’intera programmazione e tutto il sistema. Serve salvaguardare la rete ospedaliera anche in virtù delle diversità del territorio marchigiano e maceratese, e non dovrebbe essere forse questo il compito di chi amministra? “Programmare, guardare avanti, e non navigare a vista. La parola magica è prevenzione. Qui, però - commenta ironicamente Massei - casca l’asino. Nessuno ne parla, nessuno ha pensato di reperire personale per effettuare tamponi come in Veneto, dove il tasso di mortalità è molto più basso proprio perché sono stati isolati tempestivamente i casi sospetti; non si parla della opportunità di verificare losservanza della quarantena fiduciaria, al fine di evitare i “contagi domestici; nulla ho sentito in merito allesecuzione di necessarie indagini epidemiologiche e, soprattutto, della probabile necessità di dover allestire centri di vaccinazione. Perché - aggiunge - non spendere i soldi per queste indispensabili attività di prevenzione?”. Massei chiude ricordando le parole del sindaco di Milano, Sala, il quale in una intervista al Corriere della Sera del 28 marzo ammoniva “…una riflessione sul sistema sanitario lombardo va fatta. Dopo? Certamente sì, ma già oggi è sotto gli occhi di tutti che certe scelte hanno costituito un elemento di debolezza […] In Lombardia, a differenza di Emilia e Veneto, si è puntato più sulle grandi infrastrutture ospedaliere, anche private, a scapito della rete del territorio, consultori, medici di base. Sono proprio questi ultimi a denunciare le loro difficoltà. Stanno facendo una battaglia che va al di là delle loro forze senza strumenti adeguati”. Diego Camillozzi invece, è intervenuto palesando un altro problema che però non è così diverso da quello sollevato da Massei: “Infermieri ed operatori sanitari sono in prima linea nellaffrontare lemergenza e devono essere tutelati, a farne le spese sarà la qualità dei servizi sanitari delle zone terremotate, che resteranno ancora una volta a bocca asciutta, quando sarà finita lemergenza sanitaria”. Nella zona montana, dopo che Camerino è stato trasformato in presidio per la cura del Coronavirus, tante prestazioni sanitarie sono affidate agli infermieri dellassistenza domiciliare. “Chi tutela tutte queste persone? Ai sanitari è giunta una circolare in cui si dice che non devono parlare e devono concordare ogni loro intervento con le autorità sanitarie, altrimenti rischiano ripercussioni sul posto di lavoro – prosegue –. Le loro mansioni cambiano a seconda degli ordini di servizio che arrivano, anche senza preavviso, mettendo in difficoltà. Essendo in emergenza devono essere sempre reperibili e saltano spesso ferie e riposi, con fortissime ripercussioni sulla loro qualità di vita e sulla vita delle loro famiglie, da cui spesso vivono separati, per timori di contagio”. Cammillozzi ricorda come la qualità della sanità non la facciano tanto le strutture quanto le persone che devono essere tutelate in ogni modo. “Suona veramente scandaloso laumento mensile in busta paga di cento euro, deciso dal Governo, magari incentivato come hanno fatto altre regioni, mentre altro personale sanitario reclutato tramite i bandi per lemergenza, ha una sostanziale maggiore retribuzione. Perché questa disparità di trattamento? Cosa si sta facendo per tutelare gli operatori e di conseguenza i servizi sanitari dellentroterra montano? Vanno potenziati i servizi di sanità territoriale, per evitare che chi vive nei centri montani, ormai rimasti privi dellospedale di Camerino, faccia le spese della mancata assistenza sanitaria. Una volta finita lemergenza vanno ripristinati e potenziati i servizi sanitari degli ospedali di Camerino e San Severino, necessari a garantire la qualità della vita, precondizione fondamentale per evitare un ulteriore spopolamento del cratere sismico”.Gaia Gennaretti 
Dottor Maccioni, si faccia un’inversione a U. Siano da monito le parole del sindaco di Milano, Beppe Sala”. A chiederlo è il vicepresidente del comitato per la difesa dell'ospedale di San Severino, Marco Massei

Ad intervenire però, è anche Diego Camillozzi, presidente dell’associazione La Terra Trema Noi No”. Secondo lui, dopo tutto questo periodo, sarà inficiata “la qualità dei servizi sanitari delle zone terremotate, che resteranno ancora una volta a bocca asciutta, quando sarà finita l'emergenza sanitaria”.

A colpire l’avvocato Massei è stata una recente intervista del direttore dell’Area Vasta 3, Alessandro Maccioni in cui il funzionario ha affermato che “l’ospedale provinciale ora serve più che mai e che vogliono andare avanti col progetto “A maggior ragione adesso” e ha poi anche parlato di quale futuro potrebbe avere l’attuale ospedale di Macerata e le altre strutture del territorio. 

Maccioni, come anche il Presidente Ceriscioli e l’assessore Sciapichetti - commenta Massei - non usano più il termine ospedale ‘unico’ ma quello di ‘provinciale’: si badi bene, il tentativo, in verità malcelato, è quello di non evocare il termine ‘unico’, che anche al profano fa venire in mente la sparizione degli altri; usano il termine ‘provinciale’, che è più soft, più equivoco, più morbido”. Secondo Massei però, cambiando l’ordine degli addendi, il risultato non cambia tanto più, in materia sanitaria: per un servizio che si attiva o una struttura che si potenzia, altre vengono retrocesse con taglio di servizi e personale: “I denari usati per costruire una nuova struttura di oltre 600 posti letti costringerebbe la Regione a sopprimere o, a ridimensionare fortemente, tutti gli altri ospedali che, nella migliore delle ipotesi, ‘retrocederebbero’ a ‘ospedali di comunità': in pratica, una Rsa. Non abbocchiamo all’amo delle distinzioni terminologiche”. In merito all’ospedale di Macerata, Maccioni ha affermato che l’intenzione sarebbe quello di dedicarlo a struttura di riserva, per eventuali emergenze, epidemie, o come sede di uffici: “Ma come, dopo le enormi spese affrontate per l’ampliamento dell’ospedale ora la struttura rinnovata la si usa solo come ‘riserva’ o, peggio ancora, per destinarla ad una più comoda sede amministrativa? Per di più in tempi in cui si cerca di incentivare lo smart working?”. E in ultimo, non poteva non affrontare l’argomento dell’ospedale di San Severino: “Maccioni non ha riferito che questo nosocomio è attualmente strategico per l’intera provincia (soprattutto per i no-covid) e che solo grazie all’efficienza di tale ospedale si è evitata una tragedia nella drammatica emergenza. E, soprattutto, rammarica leggere che il presidio ospedaliero settempedano sia anche scomparso dalle “carte” della programmazione regionale. Ora, è stata una svista (e sarebbe grave) amministrativa della Dirigente? Oppure, è una ‘dimenticanza’ voluta (e sarebbe ancor più grave)? Qualcuno dovrà chiarire, rispondere, ma ad oggi, mi risulta che il silenzio regni sovrano”. Per Massei, ma non solo visto che lo vanno ripetendo un sindaco dopo l’altro, da Civitanova a Camerino, è giunto il momento di mettere uno stop all’attuale piano sanitario e rivedere l’intera programmazione e tutto il sistema. Serve salvaguardare la rete ospedaliera anche in virtù delle diversità del territorio marchigiano e maceratese, e non dovrebbe essere forse questo il compito di chi amministra? “Programmare, guardare avanti, e non navigare a vista. La parola magica è prevenzione. Qui, però - commenta ironicamente Massei - casca l’asino. Nessuno ne parla, nessuno ha pensato di reperire personale per effettuare tamponi come in Veneto, dove il tasso di mortalità è molto più basso proprio perché sono stati isolati tempestivamente i casi sospetti; non si parla della opportunità di verificare l'osservanza della quarantena fiduciaria, al fine di evitare i “contagi domestici; nulla ho sentito in merito all'esecuzione di necessarie indagini epidemiologiche e, soprattutto, della probabile necessità di dover allestire centri di vaccinazione. Perché - aggiunge - non spendere i soldi per queste indispensabili attività di prevenzione?”. Massei chiude ricordando le parole del sindaco di Milano, Sala, il quale in una intervista al Corriere della Sera del 28 marzo ammoniva “…una riflessione sul sistema sanitario lombardo va fatta. Dopo? Certamente sì, ma già oggi è sotto gli occhi di tutti che certe scelte hanno costituito un elemento di debolezza […] In Lombardia, a differenza di Emilia e Veneto, si è puntato più sulle grandi infrastrutture ospedaliere, anche private, a scapito della rete del territorio, consultori, medici di base. Sono proprio questi ultimi a denunciare le loro difficoltà. Stanno facendo una battaglia che va al di là delle loro forze senza strumenti adeguati”.

Diego Camillozzi invece, è intervenuto palesando un altro problema che però non è così diverso da quello sollevato da Massei: “Infermieri ed operatori sanitari sono in prima linea nell'affrontare l'emergenza e devono essere tutelati, a farne le spese sarà la qualità dei servizi sanitari delle zone terremotate, che resteranno ancora una volta a bocca asciutta, quando sarà finita l'emergenza sanitaria”. Nella zona montana, dopo che Camerino è stato trasformato in presidio per la cura del Coronavirus, tante prestazioni sanitarie sono affidate agli infermieri dell'assistenza domiciliare. “Chi tutela tutte queste persone? Ai sanitari è giunta una circolare in cui si dice che non devono parlare e devono concordare ogni loro intervento con le autorità sanitarie, altrimenti rischiano ripercussioni sul posto di lavoro – prosegue –. Le loro mansioni cambiano a seconda degli ordini di servizio che arrivano, anche senza preavviso, mettendo in difficoltà. Essendo in emergenza devono essere sempre reperibili e saltano spesso ferie e riposi, con fortissime ripercussioni sulla loro qualità di vita e sulla vita delle loro famiglie, da cui spesso vivono separati, per timori di contagio”. Cammillozzi ricorda come la qualità della sanità non la facciano tanto le strutture quanto le persone che devono essere tutelate in ogni modo. “Suona veramente scandaloso l'aumento mensile in busta paga di cento euro, deciso dal Governo, magari incentivato come hanno fatto altre regioni, mentre altro personale sanitario reclutato tramite i bandi per l'emergenza, ha una sostanziale maggiore retribuzione. Perché questa disparità di trattamento? Cosa si sta facendo per tutelare gli operatori e di conseguenza i servizi sanitari dell'entroterra montano? Vanno potenziati i servizi di sanità territoriale, per evitare che chi vive nei centri montani, ormai rimasti privi dell'ospedale di Camerino, faccia le spese della mancata assistenza sanitaria. Una volta finita l'emergenza vanno ripristinati e potenziati i servizi sanitari degli ospedali di Camerino e San Severino, necessari a garantire la qualità della vita, precondizione fondamentale per evitare un ulteriore spopolamento del cratere sismico”.
Gaia Gennaretti 


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