Cambia il lavoro anche nelle Marche: per lo smart working servono regole

Mercoledì, 17 Marzo 2021 17:17 | Letto 592 volte   Clicca per ascolare il testo Cambia il lavoro anche nelle Marche: per lo smart working servono regole La pandemia ha inciso fortemente sul mondo del lavoro e sulle modalità di svolgimento. Donne, autonomi e giovani. Sono queste le categorie che stanno pagando di più la crisi economica. Nelle Marche nel 2020 si sono persi 14mila posti di lavoro. A Daniela Barbaresi, Segretaria Generale Cgil Marche, abbiamo chiesto verso quali settori produttivi poter puntare nell’immediato futuro. “Abbiamo bisogno di creare le condizioni per ripensare il nuovo modello di sviluppo che accompagni verso la transizione ecologica innanzi tutto e l’innovazione sul fronte della digitalizzazione. Questi i due principali perni. Dobbiamo lavorare perché il sistema delle imprese sia messo nelle condizioni di affrontare queste due grandi transizioni. Poi l’altro aspetto fondamentale che va di pari passo è creare le condizioni di maggiore sostenibilità non solo economica, non solo ecologica ma anche sociale, quindi potenziare il sistema del welfare che negli anni è stato fortemente penalizzato. La sanità in questi anni ha visto tagli molto importanti che hanno fortemente messo in crisi il sistema sanitario e oggi la pandemia ci ha fatto riscoprire il valore del sistema sanitario pubblico, garanzia per tutti.Quando parlo di welfare intendo servizi per tutte le fasce della popolazione a partire da quelle più fragili e più deboli, pensiamo agli anziani ai non autosufficienti.Pensiamo anche ai primi anni di vita. Occorre costruire una rete di servizi per l’infanzia, asili nido, educativi in generale che garantiscano innanzitutto i diritti all’educazione e alla socialità fin dai primi anni di vita, che mettano in condizione le famiglie di lavorare con la garanzia che in qualche modo c’è chi sostiene l’educazione dei figli e la cura dei bambini.” Questi servizi debbono essere rimodulati anche perché le forme del lavoro sono diverse, specie nell’ultimo anno. Lo smart working ha cambiato sostanzialmente la modalità dell’impegno dei lavoratori. “Chiediamo innanzitutto che si possano definire regole certe per lo smart working che è stato una grande opportunità soprattutto nella parte del lockdown ma porta con sé anche dei rischi. Non dobbiamo correre il rischio che questa modalità di lavoro possa tradursi in isolamento dei lavoratori e delle lavoratrici senza contare il rischio di caricarli del doppio peso del lavoro, compreso quello di cura, soprattutto per le lavoratrici. Dovrebbe essere lavoro agile, in realtà quello che abbiamo conosciuto in questi mesi è stato semplicemente un lavoro fatto da casa in condizioni spesso molto difficili. Alcuni lavoratori e lavoratrici in contemporanea al lavoro avevano i figli in didattica a distanza, magari in abitazioni non sempre dotate delle necessarie tecnologie della rete e soprattutto non sempre tutti hanno gli spazi adeguati per poter coniugare queste due esigenze. Quindi va ripensato. È fondamentale che ci siano innanzitutto i contratti nazionali di lavoro che ne definiscano diritti e tutele a partire dal diritto alla disconnessione, per garantire alle persone la possibilità di svolgere il normale orario di lavoro e non oltre, contemporaneamente però servono anche interventi normativi più complessivi.” Barbara Olmai
La pandemia ha inciso fortemente sul mondo del lavoro e sulle modalità di svolgimento. Donne, autonomi e giovani. Sono queste le categorie che stanno pagando di più la crisi economica. Nelle Marche nel 2020 si sono persi 14mila posti di lavoro.

A Daniela Barbaresi, Segretaria Generale Cgil Marche, abbiamo chiesto verso quali settori produttivi poter puntare nell’immediato futuro. “Abbiamo bisogno di creare le condizioni per ripensare il nuovo modello di sviluppo che accompagni verso la transizione ecologica innanzi tutto e l’innovazione sul fronte della digitalizzazione. Questi i due principali perni. Dobbiamo lavorare perché il sistema delle imprese sia messo nelle condizioni di affrontare queste due grandi transizioni.

Poi l’altro aspetto fondamentale che va di pari passo è creare le condizioni di maggiore sostenibilità non solo economica, non solo ecologica ma anche sociale, quindi potenziare il sistema del welfare che negli anni è stato fortemente penalizzato. La sanità in questi anni ha visto tagli molto importanti che hanno fortemente messo in crisi il sistema sanitario e oggi la pandemia ci ha fatto riscoprire il valore del sistema sanitario pubblico, garanzia per tutti.Quando parlo di welfare intendo servizi per tutte le fasce della popolazione a partire da quelle più fragili e più deboli, pensiamo agli anziani ai non autosufficienti.Pensiamo anche ai primi anni di vita.

Occorre costruire una rete di servizi per l’infanzia, asili nido, educativi in generale che garantiscano innanzitutto i diritti all’educazione e alla socialità fin dai primi anni di vita, che mettano in condizione le famiglie di lavorare con la garanzia che in qualche modo c’è chi sostiene l’educazione dei figli e la cura dei bambini.” Questi servizi debbono essere rimodulati anche perché le forme del lavoro sono diverse, specie nell’ultimo anno.

Lo smart working ha cambiato sostanzialmente la modalità dell’impegno dei lavoratori. “Chiediamo innanzitutto che si possano definire regole certe per lo smart working che è stato una grande opportunità soprattutto nella parte del lockdown ma porta con sé anche dei rischi. Non dobbiamo correre il rischio che questa modalità di lavoro possa tradursi in isolamento dei lavoratori e delle lavoratrici senza contare il rischio di caricarli del doppio peso del lavoro, compreso quello di cura, soprattutto per le lavoratrici.

Dovrebbe essere lavoro agile, in realtà quello che abbiamo conosciuto in questi mesi è stato semplicemente un lavoro fatto da casa in condizioni spesso molto difficili. Alcuni lavoratori e lavoratrici in contemporanea al lavoro avevano i figli in didattica a distanza, magari in abitazioni non sempre dotate delle necessarie tecnologie della rete e soprattutto non sempre tutti hanno gli spazi adeguati per poter coniugare queste due esigenze. Quindi va ripensato.

È fondamentale che ci siano innanzitutto i contratti nazionali di lavoro che ne definiscano diritti e tutele a partire dal diritto alla disconnessione, per garantire alle persone la possibilità di svolgere il normale orario di lavoro e non oltre, contemporaneamente però servono anche interventi normativi più complessivi.” 

Barbara Olmai

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