"La scuola di Mogol? Un'esperienza straordinaria"

Mercoledì, 28 Marzo 2018 11:19 | Letto 2664 volte   Clicca per ascolare il testo "La scuola di Mogol? Un'esperienza straordinaria" Ha appena concluso la sua esperienza al Cet, la rinomata scuola del maestro Mogol, il giovane settempedano Riccardo Brandi, 21 anni e studente alla facoltà di giurisprudenza e al conservatorio di Fermo, dove prende lezioni di clarinetto. “Un’esperienza fortissima - dice - quella del Cet”, una scuola che vanta molti docenti di fama e spessore.    Riccardo Brandi, come è nata la possibilità di vivere l’esperienza alla scuola del maestro Mogol?   A gennaio scorso ho partecipato ad un bando di concorso dell’associazione di San Severino Help Sos Salute e Famiglia, in collaborazione con la Fondazione Claudi e il Centro culturale Tarkovsky. L’ho vinta e il 28 gennaio sono partito.      Come si sono svolti i corsi?   Io ho frequentato il corso per interpreti di musica leggera, 15 lezioni suddivise in tre fasi. La prima, di conoscenza fra noi allievi e i docenti. Abbiamo cantato dei pezzi del nostro repertorio ed avuto un primo giudizio. Poi i docenti ci hanno affidato dei compiti da svolgere a casa e da preparare per la seconda fase. Questa è durata quattro giorni, abbiamo presentato i due brani che ci avevano assegnato, e poi siamo partiti con i laboratori, sopratutto riguardanti l’interpretazione. Dopo la seconda fase, ci sono stati assegnati altri due brani da studiare e, dopo i laboratori sull’interpretazione, ciascuna di noi allievi ha scelto quello da interpretare durante il saggio finale che c’è stato domenica scorsa. Abbiamo sostenuto anche una prova d’esame che consisteva nell’imparare un pezzo di Mogol in un giorno e registrarlo in studio in circa 40 minuti di tempo. Io avevo “L’Aquila”, di Mogol-Battisti.    Che sensazioni hai provato?   È stata sicuramente una fortissima esperienza. Fin dall’inizio le docenti ci hanno spronato a far nostro il motto di Mogol e della scuola “disarmati per disarmare”. Ho imparato a liberarmi di tutte le maschere e le costruzioni che solitamente impediscono ad un interprete di trasmettere emozioni. In questo senso, andando avanti, nel cantare sono arrivato anche alle lacrime.    Quindi ti sei emozionato mentre cantavi?    È successo sì. Dal punto di vista emotivo è stata un’esperienza importante, anche perché mi ha permesso di conoscere tante persone. Essere immersi per alcuni giorni nella musica, 24 ore su 24 è stato fantastico. Eravamo ospiti della struttura alberghiera di Mogol e quindi una volta terminate le lezioni (dalle 9 alle 19) ci ritrovavamo insieme per creare musica e cantare insieme intorno ad un pianoforte o una chitarra. È successo anche che il cantante Giovanni Caccamo ci abbia raggiunto e si sia esibito con i suoi brani più belli.    E il ritorno a casa?   Traumatico. Si avverte un gran senso di vuoto. Già alla fine delle prime due fasi mi sentivo strano, ma al rientro dall’ultima fase è stato un misto di tanti stati d’animo.    C’è nel tuo futuro il canto?   Io coltivo la passione del canto da quando avevo 10 anni. Studiavo musica nella scuola della banda di San Severino già da sei anni e mi fu regalato il famoso ‘Canta Tu’. Ho iniziato così ma non ho mai frequentato corsi di canto, adesso spero di iniziarne uno il prima possibile.Gaia Gennaretti

Ha appena concluso la sua esperienza al Cet, la rinomata scuola del maestro Mogol, il giovane settempedano Riccardo Brandi, 21 anni e studente alla facoltà di giurisprudenza e al conservatorio di Fermo, dove prende lezioni di clarinetto. “Un’esperienza fortissima - dice - quella del Cet”, una scuola che vanta molti docenti di fama e spessore. 

 

Riccardo Brandi, come è nata la possibilità di vivere l’esperienza alla scuola del maestro Mogol?

 

A gennaio scorso ho partecipato ad un bando di concorso dell’associazione di San Severino Help Sos Salute e Famiglia, in collaborazione con la Fondazione Claudi e il Centro culturale Tarkovsky. L’ho vinta e il 28 gennaio sono partito. 

 

riccardo brandi

 

Come si sono svolti i corsi?

 

Io ho frequentato il corso per interpreti di musica leggera, 15 lezioni suddivise in tre fasi. La prima, di conoscenza fra noi allievi e i docenti. Abbiamo cantato dei pezzi del nostro repertorio ed avuto un primo giudizio. Poi i docenti ci hanno affidato dei compiti da svolgere a casa e da preparare per la seconda fase. Questa è durata quattro giorni, abbiamo presentato i due brani che ci avevano assegnato, e poi siamo partiti con i laboratori, sopratutto riguardanti l’interpretazione. Dopo la seconda fase, ci sono stati assegnati altri due brani da studiare e, dopo i laboratori sull’interpretazione, ciascuna di noi allievi ha scelto quello da interpretare durante il saggio finale che c’è stato domenica scorsa. Abbiamo sostenuto anche una prova d’esame che consisteva nell’imparare un pezzo di Mogol in un giorno e registrarlo in studio in circa 40 minuti di tempo. Io avevo “L’Aquila”, di Mogol-Battisti.

  

Che sensazioni hai provato?

 

È stata sicuramente una fortissima esperienza. Fin dall’inizio le docenti ci hanno spronato a far nostro il motto di Mogol e della scuola “disarmati per disarmare”. Ho imparato a liberarmi di tutte le maschere e le costruzioni che solitamente impediscono ad un interprete di trasmettere emozioni. In questo senso, andando avanti, nel cantare sono arrivato anche alle lacrime. 

 

Quindi ti sei emozionato mentre cantavi? 

 

È successo sì. Dal punto di vista emotivo è stata un’esperienza importante, anche perché mi ha permesso di conoscere tante persone. Essere immersi per alcuni giorni nella musica, 24 ore su 24 è stato fantastico. Eravamo ospiti della struttura alberghiera di Mogol e quindi una volta terminate le lezioni (dalle 9 alle 19) ci ritrovavamo insieme per creare musica e cantare insieme intorno ad un pianoforte o una chitarra. È successo anche che il cantante Giovanni Caccamo ci abbia raggiunto e si sia esibito con i suoi brani più belli. 

 

E il ritorno a casa?

 

Traumatico. Si avverte un gran senso di vuoto. Già alla fine delle prime due fasi mi sentivo strano, ma al rientro dall’ultima fase è stato un misto di tanti stati d’animo. 

 

C’è nel tuo futuro il canto?

 

Io coltivo la passione del canto da quando avevo 10 anni. Studiavo musica nella scuola della banda di San Severino già da sei anni e mi fu regalato il famoso ‘Canta Tu’. Ho iniziato così ma non ho mai frequentato corsi di canto, adesso spero di iniziarne uno il prima possibile.
Gaia Gennaretti

Letto 2664 volte

Radioc1inblu

Radio FM e Internet
P.za Cavour, 8
62032 Camerino (MC)

Tel - Fax 0737.633180
Cellulare: 335.5367709

radioc1inblu@gmail.com

L'Appennino Camerte

Settimanale d'informazione dal 1921
Piazza Cavour, 8
62032 Camerino (MC)

Tel - Fax: 0737.633180
Cell: 335.5367709

appenninocamerte@gmail.com

Scopri come abbonarti

Questo sito utilizza i cookie

Puoi accettare e proseguire la navigazione o per maggiori informazioni Per saperne di piu'

Approvo
Clicca per ascolare il testo